Fine del lavoro? Sì, no, dipende

Secondo Alec Ross e Paul Mason, la gestione della singolarità tecnologica e la sostituibilità sono due fattori in grado di cambiare gli equilibri tra tecnologia e lavoro.

Pubblicato il 08 Nov 2016

Side profile of a businesswoman looking sad
Side profile of a businesswoman looking sad

Nel recente articolo di Franco Canna “Automazione, robot e utopia del reddito garantito: perché Elon Musk si sbaglia” si considera non sostenibile l’idea di introdurre un reddito universale a fronte di una probabile, e secondo molti inevitabile, riduzione dei posti del lavoro a causa del progresso tecnologico e dell’automazione. La tesi dell’articolo è che la maggiore produttività assicurata dalle nuove tecnologie può essere allocata dalle aziende secondo strategie variabili, non necessariamente con tagli all’occupazione. Inoltre, come accaduto in tutte la trasformazioni industriali, è ragionevole aspettarsi un trasferimento di competenze e la nascita di nuove professionalità guidata dall’evoluzione tecnologica.

Il tema è enorme e tra le tante prospettive secondo cui il rapporto tecnologia-occupazione può essere affrontato, mi hanno recentemente colpito due tesi relativamente ottimistiche, sicuramente realistiche. Tesi che giungono a conclusioni simili a quelle dell’articolo che qui commentiamo, seppure seguendo definizioni diverse della parola “lavoro” e sviluppando ragionamenti diversi. Li ho ribattezzati i fattori “S” e ne ho parlato di recente nel mio blog “Dialogando” ospitato su Automazione Plus.

Qui potete leggere la versione integrale. Di seguito ve ne anticipo un estratto.

Molti studiosi, tra i quali John Lanchester, Wassily Leontief, Jeremy Rifkin, Moshe Vardi, hanno analizzato da molteplici prospettive la situazione del lavoro sotto la spinta dello sviluppo tecnologico e dell’automazione. Con risultati entusiasmanti dal punto di vista della riduzione dei costi e dell’aumento della produttività, piuttosto scoraggianti per l’occupazione. Sul palco delle seguitissime Ted Conference di Youtube si susseguono esperti che, auspicando l’universalità del reddito di cittadinanza, snocciolano grafici e tabelle che rivelano il trend progressivo e impietoso della fine del lavoro sotto la pressione dell’automazione.

Questione chiusa allora? Neanche per idea. Due autorevoli protagonisti, Alec Ross e Paul Mason, hanno recentemente arricchito la prospettiva del dibattito introducendo quelli che potremmo chiamare i due fattori S in grado di cambiare gli equilibri tra tecnologia e lavoro: Singolarità e Sostituibilità.

Alec Ross, noto consulente per l’innovazione di Obama e Hillary Clinton, nel saggio ‘Il nostro futuro’ segnala che il mercato dei robot di consumo potrebbe raggiungere i 39 miliardi di dollari entro il 2017 e quello dei robot i industriali toccare i 40 miliardi entro il 2020. A breve ci saranno robot camerieri, infermieri, badanti e automobili a guida autonoma (evoluzioni delle attuali Google Car e Tesla con funzione Autopilot) che renderanno superflui autisti e tassisti. Ma lo snodo della questione, secondo Ross, sarà la gestione della singolarità tecnologica, ovvero l’ipotetico punto temporale in cui si capirà se, come e quando l’intelligenza artificiale raggiungerà o sorpasserà quella umana.
In ogni caso l’economia basata sulla conoscenza, con i progressi nei Big Data, nelle tecnologie di rete, nelle scienze dei materiali, potrà generare nuovi tipi di lavoro ben più creativi, remunerativi e appaganti.

Paul Mason, autore del libro di grande successo ‘Postcapitalismo’, espone una tesi più controversa. Molte forme di occupazione sono e saranno sempre più ‘sostituibili’ a mezzo di macchine e intelligenza artificiale. La sostituzione del lavoro umano tenderà però a svolgersi in modo ‘strisciante’, discriminatorio e apparentemente contraddittorio rispetto alle ragioni dell’economia e dell’innovazione. Accadrà in sostanza che si distribuiranno lavori inutili, clientelari, familistici, scarsamente organizzati, precari e a bassa retribuzione per ragioni di equilibrio sociale e politico.

O forse dovremmo dire che, in certa misura, è sempre accaduto…

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Armando Martin

Ingegnere elettronico e giornalista pubblicista, si occupa da anni di tecnologie industriali e sistemi di gestione come consulente industriale e direzionale. La sua attività professionale si è distinta per un approccio globale e flessibile ai temi dell’automazione, coniugando aspetti tecnici, scientifici, commerciali e di prodotto. Nel 2016 ha fondato, insieme a Franco Canna, il portale Innovation Post. E’ autore dei libri “Dizionario di Automazione e Informatica Industriale” (2006), “Comunicazione Industriale” (2010), “Misure per l’Automazione” (2012), “Strumentazione e Tecnologie di Misura” (2015), “Il Dizionario dell’Automazione – Le parole dell’innovazione (2016)”, “Industria 4.0, sfide e opportunità per il Made In Italy” (2018).

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