Smart Working (finalmente) in crescita

Pubblicato il 11 Ott 2017

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Sono ormai 305 mila i lavoratori che quest’anno, in Italia, stanno sfruttando i benefici offerti dallo smart working, organizzando in maniera flessibile, autonoma e responsabile luogo, orari e strumenti di lavoro. È una cifra che è in forte crescita rispetto al 2016 (+14%) e che fa il paio con l’altro dato interessante che emerge dai dati presentati dall’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano: oltre un terzo delle aziende italiane (36%) ha già lanciato progetti strutturati e una su due ha avviato o sta per avviare un progetto.

Il fenomeno riguarda per ora principalmente la grande impresa, ma anche tra le PMI cresce l’interesse, benché con approcci non strutturati: il 22% ha progetti di Smart Working, ma di queste solo il 7% lo ha fatto con iniziative strutturate; un altro 7% di PMI non conosce il fenomeno e ben il 40% si dichiara “non interessato” in particolare per la limitata applicabilità nella propria realtà aziendale.

I benefici

I benefici economico-sociali potenziali derivanti dall’introduzione dello smart working in azienda sono, secondo la ricerca, enormi: un modello “maturo” di Smart Working può produrre un incremento di produttività pari a circa il 15% per lavoratore, che a livello di sistema Paese significano 13,7 miliardi di euro di benefici complessivi. Per i lavoratori, anche una sola giornata a settimana di remote working può far risparmiare in media 40 ore all’anno di spostamenti; per l’ambiente, invece, determina una riduzione di emissioni pari a 135 kg di CO2 all’anno.

“Sotto la superficie dello Smart Working così come oggi lo conosciamo c’è una grande opportunità di contribuire a ripensare il lavoro del futuro per rendere imprese e pubbliche amministrazioni più produttive e intelligenti, lavoratori più motivati e capaci di sviluppare talento e passioni, una società più giusta, sostenibile e inclusiva” ha detto afferma Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working. “I benefici dello Smart Working per imprese, lavoratori e società sono troppo importanti per potersi permettere di non sviluppare immediatamente un piano di interventi volto ad accompagnare e incentivare un fenomeno in grado di dare nuovo slancio al sistema Paese”.

Il profilo dello Smart Worker

Lo Smart Worker trascorre mediamente solo il 67% del tempo lavorativo in azienda, contro l’86% degli altri, ed è sempre meno legato alla “postazione”, che occupa solo per il 39% del suo tempo.

Rispetto alla media dei lavoratori gli Smart Worker sono più soddisfatti del proprio lavoro: soltanto l’1% è insoddisfatto, mentre il 50% è pienamente soddisfatto delle modalità di organizzare il proprio lavoro (22% per gli altri), il 34% ha un buon rapporto con i colleghi e con il capo (16% per gli altri).

Inoltre, gli Smart Worker ritengono di avere una più adeguata padronanza di competenze soft relazionali e comportamentali legate al digitale (Digital Soft Skills), che consentono alle persone di utilizzare efficacemente i nuovi strumenti digitali per migliorare produttività e qualità delle attività lavorative. In particolare, gli Smart Worker hanno una superiore capacità di collaborare efficacemente in team virtuali esercitando una leadership: solo l’1% ritiene di non avere sviluppato in maniera soddisfacente questo tipo di skill, a fronte del 27% degli altri lavoratori.

Il ruolo delle tecnologie digitali

La disponibilità di tecnologie digitali è una condizione necessaria per permettere alle persone di svolgere il proprio lavoro anche da remoto. Nelle grandi organizzazioni, a prescindere dalla presenza di un progetto di Smart Working, le tecnologie che supportano il lavoro da remoto sono già diffuse: in modo particolare le soluzioni a supporto della sicurezza e dell’accessibilità dei dati da remoto e da diversi device (95%) e device mobili e mobile business app (82%). Molto spesso sono presenti servizi di social collaboration integrati a supporto della collaborazione e della condivisione della conoscenza (61%), mentre meno diffuse sono le workspace technology che permettono un utilizzo più flessibile degli ambienti, agevolando il lavoro in mobilità all’interno delle sedi aziendali (36%).

“Resta inadeguata invece la capacità di utilizzo delle tecnologie tra i lavoratori”, sottolinea Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio Smart Working. “Per questa ragione oltre che sull’introduzione degli strumenti digitali è fondamentale agire sullo sviluppo di Digital Skills, comprese quelle di natura soft e non legate ai singoli strumenti. I CIO e gli IT executive evidenziano come la competenza prioritaria da sviluppare sia la capacità di ripensare prodotti, processi e attività lavorative utilizzando nuovi strumenti e canali digitali, insieme alla capacità di collaborare in team virtuali, esercitando una leadership adeguata al contesto digitale”.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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