L’Italia è pronta per l’Industria 4.0? Il rapporto I-Com dice “ni”

Il rapporto I-Com evidenzia che il Paese ha fatto passi in avanti nell’acquisto di robot e nell’adozione delle tecnologie, ma deve crescere in formazione

Pubblicato il 06 Set 2017

italia_scivola

L’Italia ha fatto passi da gigante lungo il sentiero dell’industria 4.0. E il piano Calenda ha rappresentato il passaggio decisivo per dare alla manifattura del Belpaese le carte con cui competere con le altre economie globali. Tuttavia la strada è ancora lunga, come evidenzia l’ultimo rapporto di I-Com, l’istituto per la competitività di Roma, presentato oggi a Bruxelles.

Nell’indice di preparazione all’industria 4.0 tra i 28 Paesi europei, l’Italia occupa la 17esima posizione. Migliora rispetto alla ventesima dell’anno scorso. Con un punteggio di 77,8, è al di sotto della media comunitaria, che si posiziona a 80, e lontana dalle prime della classe: Finlandia (100), Olanda (98), Danimarca (97) e Germania (96). Solo la Francia, tra le grandi potenze economiche del vecchio continente, fa peggio dell’Italia, con una votazione finale di 66.

“Rispetto all’adozione di tecnologie connesse con l’IOT, l’Italia mostra una performance in linea con la media europea – osservano i ricercatori di I-Com -. Al contrario, deve ridurre la distanza con il resto dell’Europa relativamente all’infrastruttura di rete fissa, anche se alcuni passi in avanti sono stati compiuti di recente”.

Lo studio

L’indice I-Com prende in esame 11 fattori. Alcuni riguardano l’organizzazione delle imprese, come: comunicazione aziendale interna con ERP; uso della tecnologia RFID; livello medio-alto di sistemi cloud nelle imprese; uso di software aziendali come CRM; collegamenti automatici tra i processi produttivi di cliente e fornitore; analisi di big data a livello aziendale. Altri la diffusione di internet, come la copertura della rete a banda ultralarga o quella 4G. Altri ancora le qualifiche della forza lavoro: percentuale dei tecnici ICT o dei lavoratori dei dati sul totale degli occupati; percentuale di aziende che fanno formazione sulle capacità informatiche: percentuale dei laureati in materie STEM; percentuale delle aziende manifatturiere che hanno adottato entro il 2015 politiche sulla sicurezza informatica.

La concorrenza

Secondo I-Com, l’Italia è uno dei paesi che ha migliorato la propria produttività negli ultimi anni. Tra il 2002 e il 2015 il risultato per ore lavorate nel manifatturiero è cresciuto del 17%. Meno di altre grandi potenze, come la Corea del sud, che l’ha quasi raddoppiato, il Giappone, gli Stati Uniti e la Francia, ma in una proporzione ritenuta comunque significativa dai ricercatori.

In quest’ottica l’Italia ha aiutato l’Europa a superare gli Stati Uniti nella corsa all’acquisto di robot. Il vecchio continente è la seconda area al mondo per volume di ordini, con il 19,7% del totale e un aumento del 10% in dodici mesi a 50.100 unità. Prima è l’Asia, con il 63,3% delle compravendite. La sola Cina ha assorbito il 27% dei robot commerciati nel 2015. In Europa, prima è la Germania con il 7,9%, seconda l’Italia al 2,6%, in tempi in cui non era ancora entrato in vigore il piano industria 4.0, e la Francia con l’1,2%.

Di fatto l’Italia era già nel 2015 il secondo Paese in Europa per acquisti di robot e il settimo al mondo. Due anni fa ha raggiunto il nuovo record storico di 6.700 unità, in aumento del 7% rispetto all’anno precedente. L’entrata in vigore delle agevolazioni fiscali accelererà questo fenomeno e dovrebbe mantenere intatta la quota di mercato mondiale del Belpaese, dato che l’avanzata della Cina sta erodendo le posizioni degli altri grandi acquirenti di robot.

Gli aspetti da migliorare

I-Com evidenzia che solo il 7% delle imprese italiane analizza big data, contro il 15% dei primi della classe in Europa, ossia olandesi e finlandesi. Le aziende dello Stivale fanno meglio di quelle francesi e tedesche, ma potrebbero aumentare gli investimenti per raggiungere una leadership continentale.

L’Italia deve anche colmare il buco di connettività, cablando con le reti ad alta velocità il Paese. Il rischio è di arrivare tardi o in male arnese all’appuntamento con il 5G, che è una tecnologia decisiva per l’industria connessa, l’internet delle cose, la telemedicina e la guida autonoma. I-Com promuove il progetto 5G del governo, che prevede di sperimentare le reti di nuova generazione in cinque città italiane (Milano, Prato, L’Aquila, Matera e Bari), a cui si aggiunge l’esperimento del battitore libero Tim su Torino. L’ultimo intervento riguarda il lavoro e le competenze. I-Com rileva che l’Italia è tra i sei Paesi europei in cui opera il 72% dei data workers del vecchio continente, ma è allo stesso tempo l’unico in cui la loro percentuale sta diminuendo.

Valuta la qualità di questo articolo

Z
Luca Zorloni

Cronaca ed economia mi sono sembrate per anni mondi distanti dal mio futuro. E poi mi sono ritrovato cronista economico. Prima i fatti, poi le opinioni. Collaboro con Il Giorno e Wired e, da qualche mese, con Innovation Post.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 5