Fim-Cisl: formazione centrale per lavoratori e imprese metalmeccaniche

Pubblicato il 10 Lug 2018

Marco Bentivogli

Fim-Cisl torna a battere sul tasto della formazione. Dopo il libro bianco del 2017 realizzato in collaborazione con Adapt, l’organizzazione sindacale ha organizzato a Roma gli Stati Generali della Formazione e delle competenze nel settore metalmeccanico. Un momento di riflessione di particolare rilevanza anche alla luce delle veloci trasformazioni che stanno investendo il settore manifatturiero. “Mentre con l’avvento della macchina a vapore si era dato impulso al superamento della forza fisica, oggi stiamo entrando in una fase in cui le tecnologie ICT libereranno capacità mentali inimmaginabili”, ha detto il segretario generale del sindacato, Marco Bentivogli, che poi durante il convegno ha ricordato come “oggi spendiamo in media sulla formazione l’1% del Pil”, circa la metà della Germania e meno rispetto anche agli altri Paesi europei. “Nel Contratto nazionale – ha proseguito – siamo riusciti a inserire un minimo di 8 ore di formazione. Ancora troppo poco, ma è un primo segnale”.

Il manager delle competenze

Bentivogli ha ricordato la centralità della persona per un sindacato che, nell’opinione comune, è ancora legato a pensioni e articolo 18. “Ma oggi non è più così perché noi amiamo più le persone delle idee”.

Per questo bisogna pensare alla formazione aziendale come a un processo che metta insieme i bisogni formativi del lavoratore e le strategie dell’impresa: lì si crea la formazione che parte dal basso. “Mi piace l’idea di un HR Manager delle competenze, ma serve anche una certificazione della formazione che dia sostanza al percorso formativo che le persone fanno durante la vita lavorativa. Se non pensiamo che la libertà e che la liberazione non passino per il sapere, non abbiamo capito niente”.

La critica al Decreto Dignità

Principi che Fim-Cisl ha già tradotto in pratica in molti accordi firmati con le aziende, come nel caso di Manfrotto e Lamborghini, ma che non ha visto nei contenuti del Decreto Dignità del ministro Luigi Di Maio. Per questo c’è bisogno di una grande battaglia perché, come ha sottolineato Luigi Sbarra segretario generale aggiunto Cisl Nazionale, “Produttività, competitività, crescita e occupazione sono sfide che si vincono investendo su competenze e formazione continua al servizio del lavoro”.

In questo c’è bisogno anche dell’appoggio delle aziende, come testimoniato dall’intervento di Stefano Franchi (direttore generale di Federmeccanica) secondo il quale bisogna passare “dal rinnovamento contrattuale al rinnovamento culturale delle imprese”. Perché il “cambio di paradigma culturale – ha proseguito Franchi – consiste nel cogliere nella formazione non solo un obbligo ma un’opportunità. Investire in formazione vuole dire crescita umana e professionale per la persona e maggiore competitività per l’impresa. Oggi il vero fattore abilitante è la cultura 4.0”.

Il sindacato che cambia

Questo anche perché – è l’opinione di Francesco Seghezzi della Fondazione Adapt – “la formazione è una tutela per impresa e lavoratori. Non c’è innovazione senza investimento su persone. Il grande inganno è la formazione ma non per tutti e soprattutto l’idea che dopo i 50 anni non si impara più. Questo è lo schiaffo più grande alla dignità del lavoro”.

Anche il sindacato però non può più essere lo stesso. Secondo Carlo Alberto Carnevale Maffé, docente della Sda Bocconi, “l’organizzazione sindacale deve essere un collettore di dati, un sindacato per l’economia circolare e sostenibile delle competenze che punti sui lavori 4.0 e sui giovani, vera promessa di futuro per il Paese”. E le imprese, “che fino a oggi hanno pensato a non inquinare con CO2, devono preoccuparsi di inquinare le competenze organizzative di un’impresa. Perché è necessario cambiare la catena del valore”.

Su come orientare la formazione il professore ha detto “Il 47% delle persone spende 35 ore alla settimana sugli smartphone: serve una formazione anche a portata di smartphone se vogliamo cambiare le cose in meglio”.

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Luigi Ferro

Giornalista, 54 anni. Da tempo segue le vicende dell’Ict e dell’innovazione nel mondo delle imprese. Ha collaborato con le principali riviste del settore tecnologico con quotidiani e periodici

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