Produttività, valore aggiunto, efficienza: dall’Istat la fotografia di un Paese immobile

Il Report dell’Istat sul periodo compreso tra il 1995 e il 2018 indica che la produttività del lavoro, cioè il rapporto tra valore aggiunto e ore lavorate, ha registrato una crescita media annua dello 0,4%. Con incrementi medi del valore aggiunto e delle ore lavorate rispettivamente pari allo 0,7% e allo 0,4%. Nel 2018 l’indice della produttività del lavoro è diminuito dello 0,3%, mentre la produttività del capitale è aumentata dello 0,1%.

Pubblicato il 26 Nov 2019

Charlie Chaplin in 'Tempi moderni'

Ci sono valori produttivi che indicano lo stato di salute dell’economia di un Paese, come quelli della cartella clinica di un paziente. E la diagnosi, per l’Italia, non accenna a cambiare, non accenna a migliorare: un Paese immobile, acciaccato, indebolito. Come paralizzato sul letto d’ospedale. Questa volta l’ennesima conferma della patologia italiana – bassa produttività, bassa crescita, zavorre di vario tipo –, viene dagli specialisti in analisi ed esami dell’Istat.

Nel 2018 la produttività del lavoro, cioè il rapporto tra valore aggiunto e ore lavorate, è diminuita dello 0,3% (+1,3% nel 2017), a fronte di una crescita delle ore lavorate (1,3%). La produttività del capitale, misurata come rapporto tra valore aggiunto e iniezioni di capitale, è aumentata dello 0,1%.

Nello stesso anno, il valore aggiunto dei beni e servizi sul mercato è cresciuto, in volume, dell’1% (dopo il +2,7% del 2017). Ma alla lieve crescita del valore aggiunto non ha contribuito la produttività totale dei fattori, che indica i miglioramenti nella conoscenza della forza lavoro e nell’efficienza dei processi produttivi nelle aziende, che risulta in calo dello 0,2% dopo gli aumenti registrati dal 2009 in poi.

La diminuzione della produttività del lavoro registrata in Italia lo scorso anno (-0,3%) è più contenuta di quella del Regno Unito (-0,5%), mentre gli altri principali partner europei segnano ancora una dinamica positiva (+0,3% in Spagna, +0,5% in Germania e +1,6% in Francia) seppure a ritmi meno sostenuti che in precedenza.

Rispetto agli altri Paesi europei, in Italia si osserva un calo maggiore della componente dei servizi di informazione e comunicazione e dei servizi alle imprese.

La produttività è un indicatore chiave di crescita economica e competitività, anche per la valutazione della performance economica del Paese nei confronti internazionali. Spiegano gli analisti economici dell’Istat: “la produttività è il rapporto tra il volume dell’output e il volume degli input che concorrono alla sua realizzazione. Misura l’efficienza di come i fattori primari, lavoro e capitale, sono impiegati nel processo di produzione per produrre un determinato livello di output”.

Mentre “la produttività totale dei fattori misura gli effetti del progresso tecnico e di altri fattori propulsivi della crescita, tra cui le innovazioni nel processo produttivo, i miglioramenti nell’organizzazione del lavoro e delle tecniche manageriali, i miglioramenti nell’esperienza e nel livello di istruzione raggiunto dalla forza lavoro”.

Il coma di lungo periodo

Ma guardando ai numeri di scenario, e di più ampio respiro – che sono ancora più rilevanti e significativi di quelli contingenti –, la diagnosi diventa cronica: nel periodo compreso tra 1995 e 2018 la produttività del lavoro ha registrato una crescita media annua dello 0,4%. Con incrementi medi del valore aggiunto e delle ore lavorate rispettivamente pari allo 0,7% e allo 0,4%. In pratica, valori, se non da coma profondo, da debolezza congenita.

Dati e indicatori economici. Fonte: Istat

Tra il 2009 e il 2014 la produttività del lavoro è cresciuta a fronte di una riduzione sia delle ore lavorate (-1,3%), sia del valore aggiunto (-0,4%). E le analisi Istat certificano: “dal 2014 al 2018 entrambi i fattori primari, lavoro e capitale, registrano dinamiche positive seppure inferiori a quelle del valore aggiunto: le ore lavorate crescono in media dell’1,4%, l’input di capitale dello 0,4%, e il valore aggiunto dell’1,7%. Ne deriva una crescita della produttività del lavoro dello 0,3%”. Ecco: +0,3% in cinque anni. E +0,9% nel quinquennio precedente, dal 2009 al 2014; -0,3% dal 2003 al 2009.

Italia sempre sotto la media europea

I dati di Eurostat confermano poi che la dinamica della produttività del lavoro in Italia è più bassa di quella di molte altre economie europee, e che dalla crisi del 2008 a oggi non si è verificato un cambio di tendenza. Nel periodo 1995-2018, la crescita media annua della produttività del lavoro in Italia è stata decisamente inferiore a quella dell’Unione europea (1,6%), e dell’area Euro (1,3%). Tassi di crescita in linea con la media europea sono stati registrati da Francia (1,4%), Regno Unito (1,5%) e Germania (1,3%). Per la Spagna il tasso di crescita (0,6%) è stato più basso della media europea ma più alto di quello dell’Italia.

Il divario rispetto alle altre principali economie europee è particolarmente ampio in termini di evoluzione del valore aggiunto: in Italia è cresciuto dello 0,7% medio annuo sul periodo, con un ritmo molto meno sostenuto che nella media dell’Ue (2%). Le ore lavorate, al contrario, hanno registrato una dinamica molto simile a quella del complesso dei Paesi europei: +0,3% annuo nella media Ue e +0,4% in Italia; solo in Spagna l’aumento è stato decisamente più accentuato (+1,3%).

Nel periodo 2014-2018, la produttività del lavoro ha avuto dinamiche molto differenziate. In Italia è aumentata in misura modesta (+0,3% medio annuo), con un ampliamento del divario rispetto all’Ue (+1,4%) e all’area Euro (+1,0%). Il ritmo di crescita risulta contenuto anche se confrontato con quello registrato in Francia (+1,3%), Germania (+1,1%), Spagna e Regno Unito (entrambe +0,7%).

La produttività del capitale

La produttività del capitale è un indicatore di quanto il capitale venga utilizzato in modo efficiente per generare sviluppo. Investimenti in tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) consentono alle nuove tecnologie di entrare nel processo di produzione e sono considerati un importante fattore di crescita della produttività. Anche gli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale, come la ricerca e sviluppo, contribuiscono allo sviluppo e al miglioramento della produttività generale. Nell’arco dell’intero periodo 1995-2018 nel nostro Paese la produttività del capitale registra un calo medio annuo dello 0,7%, che risulta da un aumento dell’input di capitale (+1,4%) superiore a quello del valore aggiunto (+0,7%).

L’esame della produttività per tipologia di capitale evidenzia come il calo riguardi tutte le tipologie di input: la componente relativa alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è diminuita del 2,3%; la produttività del capitale immateriale non-ICT (che comprende la Ricerca e sviluppo) dell’1,9%; quella del capitale materiale non-ICT dello 0,3%.

Con qualche segnale d’inversione di tendenza e di ripresa in tempi più recenti: i risultati del periodo 2014-2018, indicano una crescita della produttività del capitale dell’1,3% in media d’anno. In questa fase, si osserva una crescita moderata dell’input di capitale (+0,4% in media d’anno) con una dinamica molto maggiore del capitale ICT (+4,1%) e di quello immateriale non ICT (+3,6%).

Produttività del lavoro debole nell’industria

Nell’arco dell’intero periodo 1995-2018, sempre secondo le analisi dell’Istat, i settori di attività economica che registrano i tassi di crescita medi annui più alti della produttività del lavoro sono i servizi d’informazione e comunicazione (+2,1%), le attività finanziarie e assicurative (+1,2%) e l’agricoltura (+1,5%).

Variazioni negative caratterizzano il settore delle attività professionali (-2,3%), delle costruzioni (-1,3%) e il settore dell’istruzione, sanità e servizi sociali (-1,4%). Il comparto dell’industria in senso stretto segna un incremento medio annuo dello 0,9%, quindi in pratica procede ma a rilento. Frenato, ingessato, un po’ come l’intero andamento economico e produttivo del Paese.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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