Dal cobot al manipolatore su ruote: il robot in fabbrica fa sempre più carriera

La fabbrica e l’impianto produttivo del futuro saranno sempre più realtà tecnologicamente molto evolute dove lavoreranno e ‘conviveranno’ insieme robot, cobot, robot mobili, sistemi di intelligenza artificiale e operatori ‘umani’ in carne e ossa. Le indicazioni degli specialisti di Siemens, Rockwell Automation, Kuka, Omron, Automationware, Datalogic e Faulhaber

Pubblicato il 01 Ott 2020

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La fabbrica e l’impianto produttivo del futuro saranno sempre più realtà tecnologicamente molto evolute dove lavoreranno e ‘conviveranno’ insieme robot, cobot, robot mobili, sistemi di intelligenza artificiale e operatori ‘umani’ in carne e ossa.

È questa la direzione dell’innovazione applicata alla smart factory, specialisti e addetti ai lavori sono all’opera per realizzare e sviluppare i vari ‘pezzi’ e componenti di questo mix tecnologico e produttivo – mentre gli operatori umani devono essere formati in maniera adeguata per essere all’altezza delle loro nuove mansioni –, per poi confluire in quelle che sono le fabbriche già di oggi nelle realtà aziendali più dinamiche e al passo con l’innovazione.

L’Industria 4.0 va verso “sistemi operativi sempre più flessibili e scalabili, mentre il mondo della robotica è in continua espansione, anche se la qualità dello strumento tecnologico non può e non deve scendere a compromessi con la sicurezza delle macchine”, fa notare Federica Ferro, ingegnere del Digital Industry Talent Program di Siemens, partecipando in questi giorni a uno degli appuntamenti online nell’ambito dei Digital Days organizzati da SPS Italia, che ha chiamato a raccolta e a confrontarsi diversi specialisti e sviluppatori del settore.

“In Siemens stiamo anche utilizzando lo standard PLC open, con cui è possibile comandare il robot senza applicazioni particolari e come qualsiasi altro hardware”, sottolinea Ferro. Che osserva: “In questo modo il sistema invia i dati direttamente al robot controller, e può essere utilizzato dall’operatore senza avere un know-how specifico. Il sistema Plc open semplifica molto l’integrazione tra il robot e la sua cella robotizzata per la sua operatività”.

Per la configurazione e per fare funzionare nuovi robot, ad esempio, in Automationware “per le attività applicative utilizziamo sistemi aperti Ros (Robot operating system, ndr), che garantiscono una flessibilità adeguata, in modo da permettere la programmazione di robot e cobot a seconda delle varie mansioni da svolgere, e in base al contesto in cui vanno a operare”, spiegano Michele Frigo, progettista meccatronico, e Michele Tasca, progettista sistemi Ros. “A questi sistemi vanno poi aggiunti adeguati firewall per la sicurezza delle attività”.

Per sviluppare le giuste innovazioni “bisogna anche scegliere i partner giusti, con cui generare sinergie tra specializzazioni, risorse e competenze diverse”, rileva Michele Scarpulla, Technology consultant mechatronics and automation in Rockwell Automation. “Si parla tanto di ciò che i robot sono e saranno in grado di fare, ma non va mai dimenticato che lo sviluppo va coordinato e gestito dalla mano dell’uomo”.

Lo sviluppo del progetto Rossini coordinato da Datalogic

“Sviluppando il progetto Rossini, iniziato a fine 2018 e della durata di tre anni e mezzo, puntiamo a superare il conflitto e il divario tra sicurezza, efficienza e velocità dei sistemi robotizzati”, spiega Matteo Zanaroli, Fund raising nanager di Datalogic. Rossini (RObot enhanced SenSing, INtelligence and actuation to Improve job quality in manufacturing) è un progetto europeo Horizon 2020 che coinvolge 13 partner tra cui Datalogic, nel ruolo di coordinatore. Ha lo scopo di sviluppare una piattaforma hardware e software per la progettazione e lo sviluppo di applicazioni di collaborazione sicura uomo-robot (Hrc) in ambito produttivo.

Combinando tecnologie innovative di rilevamento e identificazione, attuazione e controllo, e integrandole in un ambiente di sviluppo aperto, la piattaforma Rossini consentirà di realizzare applicazioni Hrc in cui robot e operatori umani diventeranno membri della stessa squadra. Aumentando la qualità del lavoro, la flessibilità della produzione, l’efficienza e, di conseguenza, la produttività. Il consorzio al lavoro per sviluppare il progetto Rossini comprende, tra gli altri, Pilz, l’Università di Modena e Reggio Emilia, Iris technology, Whirlpool, Ima e Schindler.

Cobot al lavoro con Whirlpool e Schindler

“Gli obiettivi principali sono diversi”, sottolinea Zanaroli: “Progettare un sistema di sensori intelligente e sicuro, con alte capacità di rilevamento e localizzazione, per il monitoraggio dell’ambiente di lavoro e un modulo progettato per l’elaborazione sicura dei dati. E poi, sviluppare una gamma di bracci robotici con nuove funzionalità di sicurezza integrate, realizzare algoritmi predittivi che facilitino l’adattamento del robot alle dinamiche degli operatori”. Con Whirlpool, “il cobot aiuta l’operatore nel collocare un peso di circa 15 chili al di sotto della lavatrice durante le fasi di produzione, in un flusso operativo continuo”. Con Schindler, un braccio robotico aiuta l’operatore a comporre le pulsantiere degli ascensori. Con l’italiana Ima, due bracci robotici installati su un carrello mobile aiutano gli operatori nel montaggio di macchinari e nella sostituzione di pezzi difettosi.

“I bracci robotici che stiamo sviluppando devono portare a pochi fermi macchina, alta velocità delle operazioni, e naturalmente piena sicurezza per l’operatore”, osserva Zanaroli. Che sottolinea: “un altro obiettivo finale è quello di realizzare una piattaforma operativa compatibile con tecnologie e sensori diversi presso l’utente finale. E molto flessibile, in grado di ridurre i tempi di riconfigurazione in caso di aggiornamenti”. E riguardo alla tempistica del progetto, il manager di Datalogic osserva: “per concludere tutto il programma abbiamo tempo fino a marzo 2022, ma prodotti, sistemi e soluzioni saranno pronti già nel 2021, per poi procedere a tutte le fasi test e di collaudo finale”.

I micro-azionamenti che fanno ‘vivere’ e funzionare i robot

Tra i vari componenti che fanno funzionare robot e cobot, “stiamo assistendo a un grande sviluppo e diversificazione dei dispositivi di micro-azionamento”, fa notare Mario Zecchin, Senior sales engineer di Faulhaber Italia, “per esempio nei robot medicali, dove tra gli altri è stato sviluppato il sistema Rp-Vita per la sorveglianza automatizzata del paziente. Altre applicazioni sono collocate nei cobot, e gli permettono di maneggiare anche materiali molto fragili, nella mano robotica del progetto Life-Hand, che contiene 7 micro-azionamenti diversi, e nei robot utilizzati anche nello Spazio, a bordo della stazione spaziale internazionale Iss, come il Robonaut 2, con mani umanoidi”.

Ma, nello sviluppo di nuove soluzioni, perché può essere importante avere il digital twin, il gemello digitale della macchina, e simularne il funzionamento? “La simulazione digitale riduce i tempi di sviluppo”, rileva Paolo Vaniglia, Field application engineer di Kuka roboter Italia, “riduce gli errori e gli imprevisti nella messa a punto dei sistemi di automazione, e poi quando si tratta di mettere tutto in pratica il progetto e il nuovo automa risultano già testati per l’80 o il 90% delle loro funzionalità”.

Dare ‘gambe’ e ‘occhi’ ai Mobile manipulator

Uno sviluppo molto veloce e interessante è poi quello dei cosiddetti Mobile manipulator, ovvero robot collaborativi installati sopra robot mobili, e quindi in grado di muoversi autonomamente e con grande “libertà”. In questo modo, “l’area operativa dei Mobile manipulator diventa pressoché infinita”, rimarca Giacomo Pallucca, Product engineer robotics in Omron Electronics, “e non sono più vincolati ad attività statiche o limitate a pochi metri quadrati. Per sviluppare Mobile manipulator efficienti occorre, tra le altre cose, dotarli di sistemi di visione molto sofisticati, in pratica diamo ‘gambe’ e ‘occhi’ ai robot di nuova generazione”.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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