Lesce (Federmacchine): “Bene la proroga delle consegne, ma urgono misure contro il caro prezzi”

Giuseppe Lesce, presidente di Federmacchine, commenta la decisione del Governo di accogliere la richiesta degli industriali di allungare da giugno a dicembre i termini di consegna dei beni strumentali ordinati entro la fine del 2021. Tuttavia il caro prezzi delle materie prime, la carenza dei microchip e l’impennata dei costi dell’energia stanno mettendo in difficoltà i costruttori di macchine nell’evadere gli ordinativi

Pubblicato il 12 Feb 2022

Lesce

Giuseppe Lesce, presidente di Federmacchine, ha di che essere soddisfatto: accogliendo la pressante richiesta delle imprese e l’appello lanciato ieri proprio da Federmacchine, il Ministro dello Sviluppo Economico, Giancarlo Giorgetti, ha dato il suo placet al rinvio al 31 dicembre 2022 per la consegna delle macchine industriali ordinate nel 2021 e che godono delle maggiori aliquote previste dal piano Transizione 4.0 per i beni 4.0 ordinati nel 2021.

Il presidente dell’associazione che rappresenta i costruttori di macchine ne ha parlato nel corso della puntata speciale di Italia 4.0, la trasmissione di Class CNBC condotta da Simone Cerroni, andata in onda oggi sul canale 507 di Sky.

L’importanza della proroga

Le misure messe in atto dal piano Transizione 4.0 per agevolare la modernizzazione dell’industria prevedono una progressiva diminuzione della agevolazioni. In effetti, come spiegato da Marco Calabrò, dirigente Mise alla Direzione Generale Politiche industriali, questi allentamenti fanno parte “dell’evoluzione naturale del Piano, che era nato come misura shock per stimolare gli investimenti delle imprese e con l’intento di fornire misure una-tantum”.

I beni strumentali ordinati nel 2021 avevano diritto a certe aliquote agevolate a patto che i macchinari venissero consegnati entro il 30 giugno 2022 ma le associazioni dei produttori, viste le difficoltà dovute al caro energia e alla scarsità dei semiconduttori, avevano chiesto una proroga dal 30 giugno al 31 dicembre 2022.

Questa richiesta è stata recepita dal Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, che ha dato parere favorevole all’emendamento parlamentare al DDL di conversione del decreto milleproroghe che sposta il termine a fine anno.

Lesce: “Incentivi diventino strutturali”

Le ragioni che hanno spinto a chiedere questa proroga sono facilmente immaginabili: il buon andamento del 2021 e l’approssimarsi di una delle scadenze delle agevolazioni di Transizione 4.0 hanno indotto molte aziende a deliberare investimenti anche importanti.

Le disfunzioni nelle supply chain internazionali hanno causato ritardi nelle consegne, indipendenti dalla volontà dei produttori, donde la richiesta di una proroga dei termini per evitare una valanga di contenziosi cliente-fornitore, inutili e dannosi.

Lesce ha però anche rimarcato che questo tipo di incentivo dovrebbe essere strutturale, per evitare corse affannose e per accompagnare l’industria nel cammino verso l’innovazione. “Aiutare le imprese a restare al passo dell’innovazione è infatti il presupposto per rimanere competitivi, anche come sistema-Paese, in un quadro sempre più popolato di concorrenti”, ha detto.

Problematiche tutt’altro che risolte

L’aspetto contraddittorio di questa situazione è che, come si evince dai risultati dell’ultima indagine condotta fra le imprese associate, gli ordinativi sono giudicati “alti” dal 70% delle aziende rispetto al livello normale, il 20% lo ritiene nella media e solo il 10% lo ritiene più basso del consueto.

Il problema non è quindi negli ordinativi, in qualche caso esplosi nel 2021, ma nella difficoltà a evaderli. Le esportazioni italiane di beni strumentali vanno in tutto il mondo e l’Europa e gli Stati Uniti hanno recuperato bene, alcuni mercati asiatici non avevano quasi risentito della pandemia mentre l’Africa sembra sottovalutata da molte aziende del comparto.

Un grande problema non ancora risolto è la mobilità: anche persone vaccinate sono costretto a quarantene assurde, soprattutto in Cina. Non è sostenibile che un tecnico stia in trasferta 5/6 settimane per una settimana di lavoro in situ. Un’altra grande difficoltà riguarda gli spostamenti: le cancellazioni dei voli sono all’ordine del giorno e l’Italia è ancor più svantaggiata dalla mancanza di una compagnia di bandiera.

Il peso della crisi dei chip

La carenza dei chip rimane grave: produzione e consegna di macchine del valore di centinaia di migliaia di euro, se non milioni, rimangono bloccate per la mancanza di componenti dal valore economico irrisorio.

Stiamo pagando scelte del passato piuttosto miopi e la reazione dell’Europa (formalizzata pochi giorni fa con il Chips Act) avrà comunque tempi di attuazione di diversi anni.

Il tema dei rincari dell’energia è a volte peggiore di quello degli aumenti delle materie prime e paghiamo oggi scelte dal sapore demagogico, come quelle che hanno penalizzato il nucleare in Italia. La produzione delle macchine è stata in qualche misura meno penalizzata rispetto alle difficoltà che vivono i clienti che questi beni li hanno acquistati ma la questione tocca comunque da vicino il settore perché la sofferenza dell’industria arriva presto o tardi anche a chi produce i beni strumentali.

Il caro-energia sta diventando insostenibile

Il settore è da sempre alla ricerca di soluzioni sostenibili, come l’uso dell’idrogeno al posto del gas, e che possano ridurre il consumo di energia aumentando l’efficienza delle macchine ma queste iniziative rischiano di avere un effetto poco significativo vista la gravità della situazione.

Il settore ceramico, notoriamente energivoro, è in forte difficoltà: la voce ‘energia’ – ricorda Lesce – è in poco tempo passata dall’8 al 20%. Le cifre sono impressionanti: il costo dell’energia acquistata dal comparto, al quale appartiene l’azienda di Giuseppe Lesce, “è salito dai 250 milioni a 1,2 miliardi, un sesto del fatturato complessivo”.

Si è creata una situazione kafkiana perché il settore ceramico ha oggi portafoglio ordini mai così ben nutrito ma, per onorarlo, rischia di dover produrre sottocosto.

Urgono misure efficaci

Le misure governative non sembrano ancora tempestive come dovrebbero. “Teniamo conto che i maggiori segnali di allarme arrivano dai nostri clienti piuttosto che dalle nostre 12 associazioni che riuniscono circa 5.000 imprese per un fatturato che supera i 50 miliardi, molti dei quali che provengono dall’export”.

Le stime del PIL sono state riviste al ribasso ma non c’è da stupirsene visto l’elenco dei fattori negativi che è stato fatto. La situazione, insomma, lascia l’amaro in bocca anche perché gli ordini sono buoni e si percepisce una volontà globale di ripartire dopo le pandemie che potrebbe tradursi in una crescita del comparto a livelli superiori a quelli del PIL nazionale.

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Nicodemo Angì

Metà etrusco e metà magno-greco, interessato alle onde (sonore, elettriche, luminose e… del mare) e di ingranaggi, motori e circuiti. Da sempre appassionato di auto e moto, nasco con i veicoli “analogici” a carburatore e mi interesso delle automobili connesse, elettriche e digitali.

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