Intelligenza artificiale: il mercato italiano è ancora agli albori, ma il potenziale è enorme

Il Report dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano certifica un utilizzo dell’AI ancora da sviluppare e valorizzare tra le aziende italiane. Ma i progetti e la consapevolezza crescono

Pubblicato il 20 Feb 2020

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Allacciate le cinture a bordo. L’intelligenza artificiale, applicata al mondo delle aziende e della produzione, è pronta a decollare.

Il mercato italiano dell’artificial intelligence (AI) cresce ma è ancora agli albori: la spesa per lo sviluppo di progetti e applicazioni ha raggiunto un valore di 200 milioni di euro nel 2019: una cifra che rappresenta solo l’inizio di un percorso, essendo il potenziale dell’AI ancora largamente inesplorato da parte delle imprese. Ma qualcosa, o molto nelle realtà più dinamiche e innovative, si muove.

Con questi 200 milioni del giro d’affari così suddivisi: il 78% commissionato da imprese italiane, e il 22% come export di progetti, prodotti e servizi, segno della considerazione da parte delle imprese estere nelle capacità dei fornitori italiani.

Il 2019 è stato un anno importante per l’Artificial Intelligence in Italia: “Da un lato c’è stato l’aumento di consapevolezza da parte delle aziende, che ha portato alla concretizzazione di molte progettualità, seppure ancora in modo sporadico”, sottolinea Massimo Craglia, Senior expert del Centro comune di ricerca presso la Commissione europea; “dall’altro, con la pubblicazione a luglio 2019 della Strategia Nazionale per l’intelligenza artificiale. Da questo documento si produrrà nei prossimi mesi il Piano Italiano per l’AI, dal quale ci si aspetta l’attivazione di investimenti pubblici per circa un miliardo di euro entro il 2025, dedicati allo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di AI”.

Guardando più nel dettaglio allo scenario italiano, le iniziative di intelligent data processing costituiscono la principale tipologia di progetti di artificial intelligence, raccogliendo il 33% della spesa complessiva. Seguono i progetti di natural language processing e di sviluppo di chatbot e assistenti virtuali che, considerati assieme, rappresentano il 28% del mercato.

È il quadro che emerge dal nuovo Report dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, con il quale sono state analizzate oltre 2 mila Start-up e mille progetti a livello internazionale, ed è stata realizzata un’indagine che ha coinvolto 205 medie e grandi imprese italiane.

Dall’analisi sono emersi quattro settori che, più di altri, mostrano la volontà di cogliere le opportunità offerte dall’artificial intelligence: bancario e finanziario (per il 25% del totale), manifatturiero (13%), Utility (13%) e assicurativo (12%).

La maturità (ancora acerba) delle aziende

Le aziende italiane “si stanno strutturando sempre di più per creare al proprio interno le condizioni che favoriranno uno sviluppo sostenibile e rapido di progetti di AI”, spiega Alessandro Perego, direttore del dipartimento di ingegneria gestionale del Politecnico di Milano.

E osserva: “il loro livello di maturità non è ancora tale da poterle considerare esperte su tutte le dimensioni di questo nuovo mondo, tuttavia, si registrano importanti passi in avanti soprattutto sulla dimensione legata a metodologie e algoritmi”.
Un’azienda su cinque (20%) ha portato a regime un progetto di AI nel corso dell’ultimo anno, mentre il 23% e l’11% si sono arrestate, per ora, rispettivamente alle fasi di sperimentazione e implementazione. Il 12% delle aziende ha solamente identificato un’idea progettuale da sviluppare nel prossimo futuro.

Anche in questo ambito, come in molti altri che riguardano l’economia Made in Italy, emerge un Paese a due velocità: “da un lato ci sono le aziende che si sono mosse per prime, e stanno evolvendo i propri progetti dalla fase di sperimentazione all’implementazione e alla messa in produzione, e dall’altro troviamo le tante aziende che stanno ancora cercando di strutturarsi per intraprendere il percorso d’adozione e di valorizzazione dell’AI”, fa notare Marco Siciliano, Senior manager di Accenture.

Progetti di sviluppo, ostacoli e criticità

Avviare un progetto di AI è un’attività che presenta numerose barriere. E gli elementi in grado di generare rallentamenti all’adozione non si esauriscono nelle fasi prima dello sviluppo, infatti anche molte delle attività successive possono nascondere complessità e insidie. Un’azienda che sta avviando uno o più progetti di AI, “per coglierne appieno i benefici, deve avere una conoscenza approfondita delle tecniche di artificial intelligence disponibili sul mercato, e delle opportunità che ne possono derivare”, rimarca Piero Poccianti, presidente dell’Associazione italiana per l’intelligenza artificiale.

Che rileva; “successivamente è altrettanto importante partire da una corretta e dettagliata analisi dell’obiettivo, per riuscire a individuare le soluzioni più corrette da sviluppare e, di conseguenza, le metodologie e tecnologie più appropriate. Molte aziende si trovano ancora in una fase di avvicinamento all’AI”.

L’AI nei prodotti di consumo

La diffusione dell’artificial intelligence in prodotti e servizi acquistabili dai consumatori finali è ancora limitata e concentrata prevalentemente nei prodotti di elettronica di consumo e nelle automobili. Nel breve periodo la situazione potrebbe però cambiare, a patto di intercettare le esigenze dei consumatori.

In questo contesto “spiccano per diffusione gli smartphone, per i quali l’uso dell’AI è ormai imprescindibile per garantire le migliori prestazioni nelle funzioni fotografiche, e le automobili, nelle quali l’AI ha abilitato diversi sistemi di ausilio alla guida. A questi, seguono altri prodotti di elettronica di consumo come i televisori, i sistemi audio, le fotocamere e un’ampia serie di piccoli elettrodomestici”, sottolinea Alberto Messina, coordinatore dell’area di ricerca sull’AI del Rai (Centro ricerche innovazione tecnologica e sperimentazione).

Esistono anche sperimentazioni con l’obiettivo di aggiungere nuove funzionalità tecnologiche (per esempio, scarpe intelligenti che monitorano l’attività fisica e la postura grazie a dei sensori), oppure a valutare le potenzialità di una possibile integrazione (prodotti collegati a un Chatbot accessibile dallo smartphone attraverso Qr Code). Per quanto riguarda i servizi (23% del totale), l’incidenza dell’AI raggiunge il 4%. In questo caso l’AI è impiegata per supportare l’acquirente nei processi di selezione (come raccomandazioni personalizzate) e utilizzo del servizio (personalizzazione dell’esperienza d’uso). Alcuni casi applicativi sono stati sviluppati ad esempio nei settori assicurativo, alberghiero e dei musei.

Le strategie nazionali per l’AI

I diversi Stati nazionali stanno seguendo differenti strategie per lo sviluppo delle tecnologie di AI, tra questi, Cina, Usa e Canada sono oggi i principali protagonisti a livello internazionale. La Cina ha una strategia guidata dal governo, il cui obiettivo è diventare il primo sviluppatore di strumenti di AI entro il 2030. Gli investimenti sono principalmente pubblici e diretti alla ricerca di base e applicata. Nello specifico, si stima che nel 2019 la Cina abbia investito in ricerca 10 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici, di cui 2 per la difesa nazionale. Il governo ha definito degli obiettivi chiari, tra i quali cercare di attirare un grande numero di talenti, in quanto ritiene che le competenze siano cruciali per lo sviluppo dell’AI.

Negli Usa non è attualmente presente una strategia governativa: il governo investe prevalentemente in ricerca per la difesa militare, lasciando che siano le grandi aziende (come Google, Facebook, Microsoft, Amazon) a trainare la ricerca di base e applicata. Si stima che nel 2019 gli States abbiano investito in ricerca 6 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici, di cui 5 per la difesa militare.

Gli Stati europei hanno prima attivato piani nazionali individuali, come Regno Unito, Francia, Finlandia, Svezia e Germania. Poi, il Consiglio europeo, attraverso il Piano coordinato sull’intelligenza artificiale, ha affermato l’esigenza di sviluppare un approccio all’AI a livello comunitario, e la necessità di promuovere la diffusione dell’AI nel mondo imprenditoriale.
La Comunità europea si è inoltre impegnata a definire le linee guida in tema di etica dell’AI e la formulazione di raccomandazioni relative alle politiche pubbliche e agli investimenti da realizzare in Europa.

In Italia, nell’autunno del 2018, il ministero per lo Sviluppo economico (Mise) ha attivato una commissione di 30 esperti provenienti dall’università, dall’industria e dalla società civile per elaborare la strategia nazionale di AI. I 30 esperti hanno completato nell’agosto del 2019 un documento preliminare, da cui il Mise elaborerà la strategia nazionale, la cui presentazione è prevista per la primavera 2020. Il documento preliminare prevede una spesa pubblica di un miliardo di euro tra il 2020 e il 2025, supportata dallo stesso ammontare proveniente dal mondo privato.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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