Cottarelli: le esportazioni sono il motore della crescita

Pubblicato il 12 Ott 2018

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Carlo Cottarelli non vuole essere apocalittico, ma mette in guardia dai rischi della manovra del governo. Alla Bicocca per una lectio magistralis che ha come tema la crescita, il direttore dell’Osservatorio della Università Cattolica sui fondi pubblici fa il punto della situazione spiegando come al momento non ci siano ancora le condizioni per evocare i momenti drammatici del 2011.

Uno spread così si tiene”, spiega.“Prima di ripetere il 2011 deve succedere altro tipo il rallentamento della crescita europea che mandi l’Italia in recessione e faccia crescere il rapporto debito Pil”.

Comunque l’Osservatorio ha calcolato che “se lo spread rimane a 300 l’aumento della spesa per interessi rispetto al Def precedente è di sei miliardi e aumenta nel tempo”.

Bisogna aumentare le esportazioni

Cottarelli ammette di avere una visione economica rispetto al governo. “Un paese con un debito così alto non può pensare che la domanda interna e la spesa pubblica siano il motore della crescita. Dobbiamo guadagnare competitività e usare la domanda estera, le esportazioni come canale della crescita che è nel nostro Dna visto che siamo un Paese esportatore. Negli ultimi vent’anni la crescita delle esportazioni è stata meno della metà del tasso di crescita della Germania e inferiore a quella di Francia e Spagna”.

E la staffetta generazionale? “Per trovare lavoro il numero complessivo dei posti di lavoro deve aumentare; se il numero dei posti di lavoro è fisso vuole dire che l’economia è incapace di creare posti di lavoro”.

I 6+1 peccati capitali dell’Italia

La ricetta per la crescita Cottarelli l’ha spiegata agli studenti di Economia della Bicocca in una lezione dove ha toccato i punti elencati nel suo libro “I sette peccati capitali dell’economia italiana” dove spiega i 6+1 problemi che ci affliggono, ma che in realtà – rivela – avrebbero potuti essere di più e si è fermato a sette per motivi editoriali.

Divario Nord Sud, corruzione, lentezza giustizia civile, evasione fiscale, crollo demografico, eccesso di burocrazia e, l’ultimo, la difficoltà a convivere con l’euro sono i mali principali dell’economia italiana sorti però, euro a parte, prima degli ultimi vent’anni.

Abbiamo un reddito pro capite che è tornato a essere quello di vent’anni fa, evadiamo magari un po’ meno di prima ma i più rispetto agli altri Paesi europei dove ci sono campioni come la Svezia che sull’Iva non ha evasione visto che ha addirittura incassato di più di quello che doveva.

Anche la lentezza delle giustizia civile è in miglioramento per il primo e secondo grado ma si allungano i tempi per la Cassazione, ma 31 miliardi di costi per la burocrazia pesano sulle Piccole e medie imprese. E sulla corruzione Cottarelli apre al governo quando annuncia il varo di un progetto di legge che annuncia provvedimenti severi e anche un inasprimento delle pene.

Fate presto

Il direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici però non vuole essere pessimista. E’ ancora convinto che l’Italia possa riprendersi, anche se avverte il forte problema della mancanza di capitale sociale. Ma bisogna fare in fretta.

Come ha scritto nelle conclusioni del suo libro “Non abbiamo molto tempo per riformare l’economia italiana prima che uno shock internazionale ci colpisca. Non si può sperare che il mare resti sempre tranquillo”. Parole scritte prima ben prima delle ultime notizie sul rallentamento delle stime di crescita della Germania, del governo M5s-Lega e dei prossimi giudizi delle agenzie di rating.

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Luigi Ferro

Giornalista, 54 anni. Da tempo segue le vicende dell’Ict e dell’innovazione nel mondo delle imprese. Ha collaborato con le principali riviste del settore tecnologico con quotidiani e periodici

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