Portare il sole addosso, e ricaricarsi grazie alla perovskite

Pubblicato il 30 Gen 2018

Celle solari perovskite

Ricaricare i nostri dispositivi mobili accumulando l’energia del sole grazie a vestiti, ma anche tende o zaini, che utilizzano celle solari mille volte più sottili di quelle attuali e, quindi, molto più flessibili a parità di efficienza energetica.

Lo studio è stato pubblicato su Nature Communications: un risultato importante ottenuto dal gruppo di ricerca dell’Università di Cambridge, guidato dal prof. Richard Friend, che ha condotto gli studi presso la facility europea CUSBO (Centre for Utrafast Science and Biomedical Optics) del Dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano, parte del network Laserlab-Europe.

Grazie alla collaborazione tra Politecnico e Cambridge è stato, infatti, possibile studiare celle fotovoltaiche basate su un materiale chiamato “perovskite”, che consente, appunto, di realizzare celle molto più sottili di quelle al silicio, rendendole quindi molto flessibili e potenzialmente più efficienti.

Come funzionano le celle di perovskite

Quando la luce solare colpisce una cella fotovoltaica, le particelle di luce vengono convertite in elettroni. I ricercatori hanno misurato per quanto tempo gli elettroni prodotti mantengono i loro più alti livelli di energia (elettroni caldi) prima di scontrarsi e perderla.

Dopo che la luce è stata inizialmente assorbita dalla cella lo studio ha rivelato che gli eventi di collisione fra elettroni iniziano a verificarsi tra 10 e 100 milionesimi di miliardesimo di secondo (femtosecondi). Per massimizzare l’efficienza energetica, gli “elettroni caldi” devono essere raccolti entro questo brevissimo intervallo di tempo.

Ciò è reso possibile dalle celle di perovskite perché sono talmente sottili che la distanza da percorrere per gli elettroni caldi è molto breve, portando il tasso di efficienza energetica al 30%, che è la massima efficienza energetica che le celle solari possono realisticamente raggiungere.

Il laser del CUSBO protagonista della sperimentazione

I ricercatori si sono avvalsi del metodo sperimentale di spettroscopia ultrabreve, sviluppato presso CUSBO dal team del Prof. Giulio Cerullo del Politecnico di Milano. Il metodo consiste nel simulare la luce solare illuminando con impulsi ultrabrevi di luce laser campioni di celle di perovskite di ioduro di piombo e nel misurare quanta luce viene assorbita dal campione da un impulso “sonda” ritardato nel tempo.

Una volta che gli elettroni si sono scontrati e rallentando hanno iniziato a occupare spazio nella cella campione, la quantità di luce assorbita sarà cambiata. Il tempo necessario perché cambi la luce assorbita dentro al campione di perovskite è stato utilizzato dai ricercatori per stabilire il tempo entro il quale si possono estrarre gli elettroni ancora “caldi” e quindi ottenere la massima efficienza energetica dalla cella.

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Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

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