Le “considerazioni” di Renzi sul Recovery Plan, il piano Ciao 2030 e la Bottega 4.0

ItaliaViva, il movimento guidato da Matteo Renzi, ha indirizzato al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri un documento che riassume in 62 considerazioni tutto quello che non va – e che può essere migliorato – dell’attuale bozza del Recovery plan italiano. Critiche a tutto campo anche sul versante innovazione, dalla banda ultralarga a Industria 4.0. I quattro pilastri del progetto Ciao 2030.

Pubblicato il 31 Dic 2020

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Per il Governo il 2020 si conclude nel segno delle tensioni politiche. Casus belli, nemmeno a dirlo, il piano italiano per la ripresa e la resilienza (in breve Recovery Plan) che deve avviarsi verso una stesura definitiva e verso il quale sono orientati i mugugni educati sotto forma di “osservazioni” del Partito Democratico e ora le 62 “considerazioni” che ItaliaViva, il movimento guidato da Matteo Renzi.

Il quale Renzi pochi giorni fa in Senato aveva anticipato il progetto Ciao 2030, cioè di “superare il complicato meccanismo 4 pilastri e 6 missioni e individuare 4 progetti centrali”.

Il progetto Ciao 2030 deriva dalle iniziali dei quattro pilastri su cui investire:

  • Cultura: aprire il piano con l’Italia come capitale mondiale della cultura permanente. Teatri, musei, spettacolo dal vivo. Ma anche scuola, educazione, università. E nel nostro modello di wellness aggiungere qui sport e salute.
  • Infrastrutture: Un piano dettagliato di infrastrutture tradizionali, dalle strade alle ferrovie, dai porti agli aeroporti. Ma anche e soprattutto infrastrutture innovative a cominciare dalle possibilità aperte dal digitale e dall’impalcatura strutturale del Paese composta da pubblica amministrazione e giustizia
  • Ambiente: L’energia, la decarbonizzazione, l’agricoltura. Ma anche il dissesto idrogeologico, l’idrogeno, il nostro rapporto con l’Africa.
  • Opportunità: Un paese di valori. Economia sociale, terzo settore, volontariato. Ma anche occupazione

Dopo aver preso visione dell’ultima versione della bozza del Piano del Governo, che già interviene riducendo il numero di progetti e spostando il focus dagli incentivi agli investimenti, ma che comunque non accoglie le istanze di ItaliaViva, nella giornata di ieri Renzi ha indirizzato al ministro dell’Economia Roberto Gualtieri un documento che riassume in 62 considerazioni tutto quello che non va – e che può essere migliorato – del Piano.

Va detto subito che i toni del documento, pur restando fortemente critici, sembrano meno spigolosi rispetto a qualche giorno fa.

Il documento governativo viene criticato a partire dalla forma, che appare “un collage di testi diversi”, senza nemmeno un executive summary.

Ma le critiche sono, naturalmente, sulla sostanza. “Il punto vero è che manca una visione del Paese per i prossimi 20 anni”, ha detto Renzi. Secondo ItaliaViva occorre dare, come ha detto oggi il suo leader in un’intervista rilasciata a Il Sole 24 Ore  “priorità assoluta agli investimenti in infrastrutture, no alla cultura giustizialista, finanziamento completo del Family Act per affrontare l’emergenza demografica, necessità di triplicare i denari previsti per cultura e turismo, senza considerare che nel piano che ci è stato presentato c’è un grande assente ossia l’occupazione giovanile. Il che significa investire sulla scuola, sulla formazione e sull’università”.

In fondo all’articolo vi lasciamo la possibilità di leggere il documento integrale di ItaliaViva. Qui ci soffermiamo sulle istanze più vicine ai temi dell’innovazione e dell’industria.

La banda ultralarga e il 5G

Il punto 13 verte sull’infrastruttura per la copertura a banda ultralarga dell’Italia, prerequisito delle politiche orientate alla digitalizzazione.

È condivisibile la necessità di dare un ulteriore impulso alla digitalizzazione del Paese. Tuttavia, pur consapevoli degli investimenti ancora necessari, ci sembra poco generoso non citare i risultati raggiunti a fine 2020, grazie al grande investimenti dei governi precedenti (segnatamente il governo Renzi) nella BUL (banda Ultra Larga, ndr) e l’ideazione del progetto Open Fiber (se ne fa rapido cenno solo a p. 52). L’FTTH Council ha certificato che l’Italia è al terzo posto in Europa (UK compreso) nel ranking di copertura FTTH/B e per l’80% questo risultato è ascrivibile a Open Fiber con 12milioni di unità immobiliari cablate entro fine anno). Il piano industriale di Open Fiber prevede di connettere entro il 2023 20 milioni di unità immobiliari (2/3 del Paese) con un investimento complessivo di 7 miliardi, di cui 1,6 di fondi pubblici del Piano BUL. Pensiamo che possa avere un senso estendere la copertura in fibra ottica a tutte le aree oggi non soggette a obblighi di copertura. La parte sulla digitalizzazione della PA ripropone piattaforme introdotte dai governi Renzi Gentiloni che ora andrebbero ulteriormente implementati (fascicolo sanitario elettronico, identità digitale, la stessa app IO, nata da una intuizione del Governo nel 2015)

Il punto 15, che verte sul 5G, propone una maggiore spinta sul piano delle semplificazioni necessarie a realizzare le infrastrutture.

5G. Nel piano non si ha il coraggio di affrontare in modo netto un tema probabilmente divisivo nella maggioranza, ma vitale per la crescita del Paese: lo sviluppo del 5G. Investire davvero nel 5G non richiede solo stanziamenti, ma soprattutto semplificazioni per la realizzazione (proseguendo il percorso iniziato nel dl semplificazioni), una revisione dei limiti alle emissioni elettromagnetiche e in generale una spinta dal governo nazionale anche rispetto a resistenze locali. Oggi rinunciare al 5G è un po’ come se avessimo rinunciato alla ferrovia nel 1800. Qui nel piano si fa solo un riferimento a “promozione dei servizi 5G e safety del 5G (p. 53). Altre riforme citate sono già state varate dal Parlamento e richiedono ora la fase attuativa (v. piattaforma notifiche digitali, ad esempio, a p. 47).

Le tecnologie di frontiera

Ci sono poi le “opportunità che andrebbero sviluppate meglio”, tra cui Intelligenza Artificiale, cloud computing e high performance computing.

16. Le opportunità che andrebbero sviluppate meglio. Quello che manca però è una visione più strategica sullo sviluppo digitale connesso allo sviluppo economico sostenibile del nostro Paese. Ad esempio, andrebbe dedicato un investimento non solo in termini di risorse ma anche di visione sulla Applicazioni dell’Artificial Intelligence a manifattura, sicurezza, nuovi prodotti tecnologici (droni, smart city, nuova urban mobility). Andrebbe valorizzato Cloud Computing e supercalcolo, previsti investimenti in nuovi sistemi di propulsione e trasporto aereo, introduzione di tecnologie per la sostenibilità e di tecnologie quantistiche (non solo quantum computing, molti di più: sensori quantistici, sistemi di crittografia quantistica etc..). Alla luce anche delle eccellenze italiane in campo industriale, andrebbero valorizzate le tecnologie per l’Aerospazio (satelliti, esplorazioni spaziali) che non possono limitarsi alla semplice enunciazione della partecipazione dell’Italia al lancio di una costellazione satellitare per il monitoraggio della Terra (p. 53). Nel nostro piano elenchiamo queste possibilità nel capitolo finale, quello delle opportunità. sicuramente, andrebbero favoriti gli investimenti italiani e stranieri in materia di start up e PMI innovative per avvicinarci alla media europea.

La Cyber Security

Sul tema Cyber Security sono diversi i nodi al pettine. In particolare il riferimento è all’introduzione di un Istituto nazionale per la cyber sicurezza che è entrato e uscito dalla legge di bilancio, causando notevoli polemiche.

17. Cyber security. Condividiamo la necessità richiamata nel piano di investire sulla Cyber security. Tuttavia, non ci convince l’ipotesi di istituire un centro di sviluppo e ricerca sulla cyber security che opererà con partenariati pubblici e privati dal momento che non ne sono stati discussi i confini e i contenuti. Peraltro, occorrerebbe capire in che modo opererà questo centro alla luce della annunciata (e allo stato attuale non condivisa) costituzione di una fondazione per la cyber security che dovrebbe rispondere unicamente al governo. La preoccupazione è acuita anche dalla ribadita intenzione che ha espresso il Presidente del Consiglio di non attribuire la delega ai servizi, la cui gestione è accentrata nelle sue mani ormai da 2 anni e mezzo. Su questa scelta Italia Viva esprime un radicale dissenso.

Impresa 4.0 e Bottega 4.0

Nella nuova versione del Recovery il Governo ha ridotto da 24,8 a 21,7 i miliardi dedicati al progetto Transizione 4.0 (ricordiamo che in legge di bilancio sono stati appostati 23,8 miliardi). Ma le critiche di Renzi sono più sul come che sul quanto.

In particolare, si legge nel documento di ItaliaViva, “occorre anche sostenere le PMI e le imprese artigianali”, la cui dimensione “è stata dipinta come una debolezza ma è in queste micro imprese che si fa il Made in Italy”.

Per questo Renzi, sotto la cui presidenza del consiglio nacque il piano Industria 4.0, propone di lanciare un “filone “Bottega 4.0” per cogliere fino in fondo le potenzialità del nostro “saper fare” italiano”.

20. impresa 4.0, bottega 4.0. Si dice poco o nulla su come si vuole gestire. Per noi è apprezzabile che il Governo recuperi questa scelta dell’esecutivo Renzi e dei ministri Guidi e Calenda. Ma il quadro di utilizzo ci pare ancora fumoso a dispetto della significativa quantità di denari stanziati. Bene Industria 4.0, ma come? La ripresa industriale è fondamentale ma occorre anche sostenere le PMI e le imprese artigianali. In questi giorni la stima sulle imprese che non ce la faranno a superare la crisi si fa più nera. Circa 390 mila potrebbero essere le attività che chiuderanno per sempre, più del 60% esclusivamente a causa dell’emergenza Covid. Si tratta del 7,5% del nostro tessuto produttivo, numero che supera il 10% nei settori commercio e servizi. Non possiamo ignorare il fatto che queste chiusure travolgeranno senza scampo le micro e piccole imprese che sono il cuore del nostro Made in Italy. Il 95% delle imprese italiane ha meno di 10 addetti. Queste imprese occupano il 45% dei lavoratori. Per anni la dimensione di queste imprese è stata dipinta come una debolezza ma è in queste micro imprese che si fa il Made in Italy. Queste vanno accompagnate in un consolidamento patrimoniale ed in un percorso di miglioramento della produttività, anche e soprattutto attraverso la formazione e digitalizzazione. Non confondiamo però la dimensione con la solidità. Anche in questo Piano si usano i termini impresa e lavoro genericamente, senza distinzione. Già da anni in Europa invece è stato coniato il paradigma “think small first” che, più che in ogni altro luogo, in Italia calza a pennello. Le misure economiche devono essere disegnate sul tessuto produttivo a cui si rivolgono, pensando anche ad una diversa configurazione per micro, medie e grandi aziende. Il Piano dovrebbe inaugurare una nuova stagione di politiche diversificate e mirate alla realtà delle nostre imprese. Il modello “Industria 4.0”, poi “Impresa 4.0” dovrebbe avere un nuovo filone “Bottega 4.0” per cogliere fino in fondo le potenzialità del nostro “saper fare” italiano. Occupandoci di micro imprese ci occuperemo di coloro che tramandano competenze e mestieri ma anche che con coraggio ricercano innovazioni e sperimentazioni, ci occuperemo di famiglie che vivono e crescono dentro le loro aziende, ci occuperemo dei talenti italiani. Anche perché molte delle innovazioni nei processi industriali avvengono grazie ad un componente o un macchinario ideato e costruito in una micro impresa.

I “Fraunhofer” dell’Istruzione

Per innovare l’istruzione Renzi propone di seguire il modello tedesco dei Fraunhofer, creando 50 partenariati pubblico-privati

40. Creare 50 “Fraunhofer dell’istruzione”: il successo del sistema produttivo tedesco risiede anche nell’istituto del Fraunhofer, una rete di 72 istituti di ricerca applicata sparsi in tutto il territorio tedesco, con un finanziamento pubblico-privato (30 pubblico 70 privato) volto a assicurare la piena osmosi tra ricerca e sua applicazione industriale. Sono questi i luoghi che permettono di arrestare o recuperare il fenomeno della dispersione scolastica, così accentuato in Italia. Un “Fraunhofer dell’istruzione” può essere una soluzione per i quattro obiettivi sopra citati: ridare opportunità tramite l’istruzione, innovarla, contaminarla e recuperare la dispersione. Del Fraunhofer andranno mutuati alcuni aspetti:

  • la partnership pubblico-privata (a prevalenza privata): ovviamente non potrà essere di egual misura (in alcuni casi il ruolo pubblico su education può essere più grande del 30%) e di egual natura (non solo imprese, ma anche charity, impact investing…);
  • la dimensione ibrida di incontro tra mondi. Questo vale per impresa e ricerca, ma dovrebbe valere ancora di più per mondo dell’education e società.

È importante che la creazione dei “Fraunhofer dell’istruzione” parta con l’attivo coinvolgimento dei circa trenta poli pubblico-privati già operanti da tempo in Italia con un forte collegamento alle università, e già inseriti nel programma di Digital Innovation Hub previsti dall’Unione Europea.

Propone poi il rafforzamento degli ITS (punto 41) “incrementandone il numero, dando loro una veste più qualificante e attrattiva con l’obiettivo di decuplicarne in 5 anni gli studenti e creando una maggiore osmosi fra ITS e percorsi universitari”.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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