Smart building, edifici sempre più tecnologici e digitali: il mercato vale 3,6 miliardi di euro

Edifici sempre più digitali. Secondo lo Smart Building Report 2019 della School of Management Politecnico di Milano nel 2018 il volume d’affari associato a investimenti in Smart building in Italia è stato di circa 3,6 miliardi di euro, distribuiti tra building devices & solutions, automation technologies e piattaforme di gestione e controllo.

Pubblicato il 08 Feb 2020

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Edifici sempre più tecnologici e digitali. Nel 2018 il volume d’affari associato a investimenti in Smart building in Italia è stato di circa 3,6 miliardi di euro. Si tratta di acquisti distribuiti in maniera quasi omogenea tra building devices & solutions (41% del totale, pari a 1,4 miliardi di euro), automation technologies (31%, 1,1 miliardi) e piattaforme di gestione e controllo (28%, un miliardo), dove gli investimenti in hardware e software predominano, a conferma della sempre maggiore importanza della componente tecnologica e Digital.

Una tendenza destinata a crescere nel prossimo quinquennio: si stima che in Europa gli investimenti in efficienza energetica e digitalizzazione nel comparto daranno grande spinta all’economia, in particolare nell’edilizia, che contribuisce per il 9% al Pil europeo.

Sono alcuni dei dati contenuti nello Smart Building Report 2019, il primo dei rapporti redatti dall’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano ad affrontare in maniera organica il tema degli Smart building, con l’obiettivo di fotografare la situazione in Italia analizzando in particolare i modelli di business degli operatori.

“A tutt’oggi, nell’Unione europea, gli edifici sono responsabili di circa il 40% dell’energia consumata e del 36% delle emissioni di Co2, perché circa il 35% di essi ha più di 50 anni e quasi il 75% è considerato inefficiente dal punto di vista energetico”, rimarca Vittorio Chiesa, direttore dell’Energy&Strategy Group.

Che spiega: “solo una quota compresa tra lo 0,4 e l’1,2%, a seconda del Paese, del parco edilizio viene rinnovato con nuove costruzioni ogni anno, e in questo scenario la riqualificazione edilizia ricopre un ruolo fondamentale nel raggiungere gli obiettivi energetici prefissati dall’Unione europea, perché si stima che possa ridurre del 5-6% i consumi primari di energia in Europa, con una conseguente diminuzione del 5% delle emissioni di anidride carbonica”.

Un’evoluzione che viene da lontano

Il concetto di Building automation non è nuovo, ma viene menzionato già nel 1880, quando fu inventato il primo termostato. Ovviamente Preistoria rispetto a oggi. Si parla poi di Smart building circa un secolo dopo, quando vengono introdotti i primi computer per facilitare il monitoraggio e il controllo degli impianti presenti negli edifici.

Fonte: Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano

Ma è con l’avvento del nuovo millennio e la simultanea diffusione dei sistemi di Data storage e di Analysis che si comincia a delineare il concetto come oggi lo intendiamo: un edificio i cui impianti sono gestiti in maniera intelligente e automatizzata, attraverso un’infrastruttura di supervisione e controllo, per ottimizzare il consumo energetico, il comfort e la sicurezza, garantendo l’integrazione con il sistema elettrico.

I quattro elementi chiave di uno Smart building

Sono quattro gli elementi chiave di uno Smart building: building devices and solutions (gli impianti e le tecnologie che provvedono alla sicurezza degli occupanti, come quelli di generazione di energia e di efficienza energetica), automation technologies (la sensoristica connessa agli impianti, finalizzata alla raccolta dati).

E poi, piattaforme di controllo e gestione (l’insieme dei sistemi software che usano i dati acquisiti dalla sensoristica installata sugli impianti), connectivity (l’insieme dei protocolli di comunicazione, wireless o cablati, che permettono la comunicazione).

Sono diversi gli operatori coinvolti nel settore

L’analisi del mercato è stata effettuata attraverso interviste dirette con oltre 130 operatori appartenenti a sette differenti categorie: ESCo, utility, technology provider, software provider, studi di progettazione, imprese di facility management e TelCo. I modelli di business sono stati studiati attraverso il Business Model Canvas, evidenziando come il comparto degli Smart building sia abbastanza rilevante solo per i technology provider e i software provider, per i quali rappresenta quasi un quinto del fatturato.

Il mercato assume un certo peso anche per le ESCo e per gli studi di progettazione (15% del fatturato), mentre risulta essere un business ancora marginale per le imprese di facility management, utility e TelCo. Tuttavia, le previsioni di crescita mostrano come il settore acquisirà sempre maggior importanza: a eccezione delle imprese di facility management e delle TelCo, gli operatori si aspettano una crescita del fatturato tra il 15 e il 33%, in particolare per ESCo e studi di progettazione.

Quanto poi al numero di interventi nei differenti settori, dall’analisi si rileva come vengano effettuati prevalentemente nel settore terziario privato: il 70% nel caso dei software provider e degli studi di progettazione e il 50% per ESCo, facility management e TelCo. Solamente per le utility e i technology provider il principale mercato è il settore residenziale, mentre nessun attore ha una presenza significativa nel terziario pubblico, a testimonianza del fatto che la PA è ancora indietro nel processo di digitalizzazione e ammodernamento delle proprie strutture e impianti.

Fonte: Energy&Strategy Group del Politecnico di Milano

Dal punto dii vista normativo, mentre sono stati fatti molti sforzi per portare avanti il processo di ammodernamento degli impianti e degli edifici, soprattutto nell’ambito dell’efficienza energetica e della generazione di energia da fonti rinnovabili, meno completo risulta l’insieme di normative che stimolano l’adozione di un’adeguata architettura digitale negli edifici.

Le regole che mancano ancora

Mancano una serie di norme che abbraccino in maniera integrata l’ambito degli Smart building: ad esempio, non esistono ancora forme di incentivazione (sconti o detrazioni per gli utenti) per diffondere la banda larga: considerando che solamente il 12% della popolazione italiana ha accesso alla fibra ultra-veloce, contro una media europea del 55%, il tema della connettività delle nostre infrastrutture dovrà rivestire un ruolo prioritario nel prossimo futuro.

In quest’ottica, il piano di Open Fiber di posare le infrastrutture necessarie per la diffusione della banda larga anche in aree in cui questa tecnologia risulta economicamente svantaggiosa contribuirà a ridurre il divario con il resto dell’Unione europea.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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