Innovazione e identità aziendale per nuovi modelli di impresa

Ospitiamo con piacere un autorevole intervento, quello del professor Carlo Bagnoli, docente di Innovazione Strategica all’Università Ca’ Foscari. Un excursus sintetico e ricco di stimoli sul ruolo dell’innovazione e dell’identità di impresa ai tempi dell’Industria 4.0.

Pubblicato il 11 Dic 2016

Idea concept with row of light bulbs and glowing bulb

Ospitiamo con piacere un autorevole intervento, quello del professor Carlo Bagnoli, docente di Innovazione Strategica all’Università Ca’ Foscari. Un excursus sintetico e ricco di stimoli sul ruolo dell’innovazione e dell’identità di impresa ai tempi dell’Industria 4.0.

di Carlo Bagnoli *

Esperti e non concordano ormai nel ritenere che l’innovazione sia l’unica strategia perseguibile dalle imprese italiane per rispondere alla sfida portata dai concorrenti operanti nelle economie emergenti. Alcuni esperti sostengono poi l’opportunità di affiancare all’innovazione tecnologica volta a modificare le funzioni del prodotto per soddisfare i bisogni espliciti del cliente, l’innovazione culturale volta a modificarne il messaggio per soddisfare anche i bisogni latenti del cliente. Questo perché le persone comprano i prodotti non solo per le loro caratteristiche funzionali, ma anche per i messaggi che incorporano (Levy, 1959). I prodotti hanno infatti una doppia natura: la dimensione utilitaristica che ha a che fare con la funzionalità, le prestazioni, l’usabilità, l’affidabilità e il prezzo, e la dimensione simbolica, ugualmente importante, che riguarda i messaggi, i significati, il design, le emozioni e lo status (Verganti, 2009).

Accanto all’innovazione di prodotto e di processo assume infatti sempre più importanza l’innovazione di modello di business che si concretizza nella riconfigurazione della value chain e del value system per creare un nuovo spazio di mercato che, rendendo irrilevante la concorrenza, permetta un incremento di valore sia per l’impresa sia per il cliente.

L’obiettivo non è giocare meglio degli altri, bensì cambiare le regole del gioco (Markides, 1997), risolvendo il paradosso tra maggior valore e minore costo (Kim e Mauborgne 1997).

Se l’innovazione tecnologica, in primis quella digitale, crea opportunità/necessità evidenti per l’innovazione del modello di business, altrettanto vale per l’innovazione culturale. I nuovi significati attribuiti ai prodotti (es. prodotti sostenibili) devono essere trasferiti anche a tutti gli altri elementi del modello di business (es. processi sostenibili, risorse rigenerabili, ecc.) per non perdere coerenza strategica (Battistella et al. 2012).

L’identità aziendale

Noi sosteniamo l’opportunità di partire dalla domanda “Perché esistiamo e qual è la nostra ambizione?” per ridefinire in modo preciso l’identità aziendale e i paradossi strategici che la caratterizzano.

Il riconoscimento dell’identità ha lo scopo di far emergere i significati strategici che sono unici e storicamente formati per ogni impresa. Sono quindi intimamente legati alla ragion d’essere dell’impresa e costituiscono il punto di vista che essa ha nei confronti del mondo culturalmente costruito. Il nucleo di questi significati costituisce “un motore di senso” per il top management che orienta la strategia di business e contribuisce a far percepire in profondità le implicazioni delle decisioni che si andranno a prendere. La significatività dell’identità aziendale (es. “Think different” nel caso di Apple) la si può rilevare dai paradossi di settore (es. “interfaccia semplice vs. algoritmo complesso” sempre nel caso di Apple) e organizzativi (es. “prodotto chiuso vs. negozio aperto” sempre nel caso di Apple) che l’impresa è riuscita a trasformare.

L’identità aziendale deve riflettersi anche nella cultura organizzativa. L’ultima può essere definita come la percezione condivisa dei membri dell’organizzazione (non facenti parte del top management) di “chi siamo come impresa”. Essendo una caratteristica relativamente stabile (Gioia and Thomas, 1996) è sovente identificata come una delle principali fonti d’inerzia. Questo perché i membri apprendono e impiegano le informazioni e le conoscenze “in modo conservativo” allo scopo di preservare l’esistente cultura organizzativa (Brown e Starkey, 2000). Secondo il modello elaborato da Nag et al. (2007) cultura e conoscenza organizzativa sono profondamente incorporate nelle pratiche organizzative e quindi i tentativi d’innovazione possono fallire per il reciproco e ricorsivo deterrente costituito dall’iterazione tra cultura, conoscenza e pratiche organizzative e cioè tra ciò che siamo, ciò che sappiamo e ciò che facciamo.

L’identità aziendale deve inoltre riflettersi anche nell’immagine di marca che può essere definita come la percezione condivisa dai clienti, attuali e potenziali, e più in generale dagli stakeholder esterni (fornitori, ecc.) di “chi siamo come impresa”.

In sintesi, la creazione dell’identità aziendale si articola in quattro processi che la portano a interagire con la cultura organizzativa (interna) e l’immagine di marca (esterna) (Hatch e Shultz, 2002). L’identità s’imprime nell’immagine degli stakeholder esterni attraverso gli attributi funzionali e simbolici dei prodotti, le loro modalità di comunicazione, ecc., l’immagine a sua volta si rispecchia nell’identità modificandola. L’identità si riflette poi nella cultura dei membri dell’organizzazione attraverso la struttura organizzativa, i sistemi e meccanismi operativi, ecc., la cultura a sua volta si esprime nell’identità rinforzandola o meno. L’impresa deve costruire il circolo il più possibile virtuoso tra cultura, identità e immagine per perseguire la coerenza strategica, presupposto fondamentale per vincere le resistenze organizzative all’innovazione soprattutto culturale e farsi apprezzare (non solo) nel mercato.

L’impresa significante

Chiarita l’importanza che assume l’identità aziendale all’interno della prospettiva del significato da noi accolta, si può passare a definire l’identità dell’impresa “significante” idealtipo, partendo però, come espediente retorico, dalla definizione dell’impresa “insignificante” visto che questo termine è comunemente utilizzato nella lingua italiana. L’impresa “insignificante” crea poco valore per i clienti e la società. Creando poco valore si concentra sulle modalità più efficaci per appropriarsene della parte più rilevante perché ritiene che il vero problema sia dividerlo. Si alimenta così un circolo vizioso che porta a creare ancora meno valore per i clienti e la società. Per contro, l’impresa “significante” crea molto valore per i clienti e la società. Creando molto valore si concentra sulle modalità più efficaci per distribuirne la parte più rilevante perché ritiene che la vera soluzione sia moltiplicarlo. Si alimenta così un circolo virtuoso che porta a creare ancora più valore per i clienti e la società.

Si può passare a definire anche i singoli tratti caratterizzanti la missione dell’impresa “significante” idealtipo. A livello di focus, l’impresa “significante” riconosce come il contesto attuale nel quale si trova a operare sia caratterizzato da un’accelerazione esponenziale dello sviluppo tecnologico che porta a percepire il tempo come prioritario rispetto allo spazio, del cambiamento sociale che porta alla contrazione del tempo presente e dei ritmi di vita per non trovarsi “fuori dal tempo”.

A livello di credenze, l’impresa “significante” riconosce l’importanza di elaborare una proposta italiana. Tale proposta deve fondarsi sulla varietà e variabilità esclusiva che l’Italia riesce a originare attingendo al proprio senso del gusto e del bello, all’innata maestria tecno-artistica per passare dalla vendita di prodotti (dai significati condivisi), a quella di significati (incorporati in prodotti).

A livello di valori, l’impresa “significante” riconosce l’importanza di supportare un umanesimo digitale. La rivoluzione digitale, causa prima dell’accelerazione, porta a mettere in discussione tutti i modelli di business, ma non può mettere in discussione la centralità della persona e dei legami tra le persone per il perseguimento di una prosperità equa e diffusa. La tecnologia è sempre un mezzo e non il fine. L’impresa significante è una società di persone prima che di capitali in quanto finalizzata a soddisfare i bisogni delle persone attraverso lo sviluppo di un’attività economica che si manifesta prioritariamente nel lavoro di persone.

A livello infine di scopo, l’impresa “significante” riconosce l’importanza di perseguire la trasformazione culturale Per sfuggire alla commoditizzazione che caratterizza i mercati di massa, occorre passare dal produrre e distribuire beni e/o servizi, al guidare esperienze trasformative. In questo nuovo mercato, la materia prima da trasformare è la persona (fisica e giuridica) aiutandola ad autorealizzarsi. L’impresa significante non deve diluire la propria identità per adattarsi a un contesto in trasformazione, bensì trasformare il contesto per affermare la propria identità.

Chi è Carlo Bagnoli

Professore associato di Innovazione Strategica dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, è componente della faculty del dottorato in business presso la Advanced School of Economics e delegato dal rettore ai rapporti con le istituzioni del territorio. Dal 2009 partecipa al gruppo di lavoro “innovazione nelle PMI e nei distretti” all’interno dell’agenzia nazionale per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione – Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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Armando Martin

Ingegnere elettronico e giornalista pubblicista, si occupa da anni di tecnologie industriali e sistemi di gestione come consulente industriale e direzionale. La sua attività professionale si è distinta per un approccio globale e flessibile ai temi dell’automazione, coniugando aspetti tecnici, scientifici, commerciali e di prodotto. Nel 2016 ha fondato, insieme a Franco Canna, il portale Innovation Post. E’ autore dei libri “Dizionario di Automazione e Informatica Industriale” (2006), “Comunicazione Industriale” (2010), “Misure per l’Automazione” (2012), “Strumentazione e Tecnologie di Misura” (2015), “Il Dizionario dell’Automazione – Le parole dell’innovazione (2016)”, “Industria 4.0, sfide e opportunità per il Made In Italy” (2018).

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