Nel 2020 la produttività del lavoro è aumentata, mentre quella del capitale si è fortemente ridotta

Le stime preliminari dell’Istat indicano che nel 2020 la produttività del lavoro, ovvero il valore aggiunto per ora lavorata, è aumentata dell’1,3%, mentre la produttività del capitale, ovvero il valore aggiunto per unità di input di capitale, è risultata in forte calo: -11,2%. Nel periodo 2014-2020 la produttività totale dei fattori è rimasta completamente ferma, dopo vent’anni di andamento asfittico.

Pubblicato il 13 Dic 2021

Un frame del film "Tempi moderni"

La pandemia fa crescere la produttività del lavoro: è questo il sorprendente dato che emerge dal rapporto Istat “Misure di produttività” relativo al periodo 1995-2020. Le stime preliminari, in particolare, indicano che l’anno scorso la produttività del lavoro, ovvero il valore aggiunto per ora lavorata, è aumentata dell’1,3% (in un solo anno), mentre in un periodo molto più lungo, tra il 2009 e il 2014, era aumentata appena dello 0,9%.

La crescita della produttività del lavoro è in realtà frutto di un calo delle ore lavorate maggiore rispetto al calo del valore aggiunto.

Al contrario, la produttività del capitale, ovvero il valore aggiunto per unità di input di capitale, è risultata in forte calo – -11,2% – a causa di una riduzione del valore aggiunto significativamente superiore alla riduzione del capitale impegnato.

Cos’è la produttività e come si calcola

Per agevolare la comprensione di questi numeri, si consideri che la produttività è definita come il rapporto tra il volume dell’output (la produzione) e degli input che concorrono alla sua realizzazione (sostanzialmente capitale e lavoro). L’approccio utilizzato dall’Istat per stimarla consente di scomporre la dinamica dell’output nei contributi derivanti dai fattori produttivi primari (lavoro e capitale) e dalla produttività totale dei fattori (PTF).

La produttività del lavoro è data dal rapporto tra valore aggiunto e ore lavorate; la produttività del capitale è misurata dal rapporto tra valore aggiunto e input di capitale, calcolato come flusso di servizi produttivi forniti dallo stock esistente per le diverse tipologie di capitale.

La produttività totale dei fattori è calcolata come rapporto tra l’indice di volume del valore aggiunto e l’indice di volume dei fattori primari: misura gli effetti del progresso tecnico e di altri fattori propulsivi della crescita, tra cui le innovazioni nei processi produttivi, i miglioramenti nell’organizzazione del lavoro e delle tecniche manageriali, i miglioramenti nell’esperienza e nel livello di istruzione della forza lavoro.

Dal calcolo sono escluse le attività di locazione di beni immobili, le attività del personale domestico, le attività economiche appartenenti al settore istituzionale delle Amministrazioni Pubbliche e quelle delle organizzazioni e degli organismi internazionali.

Nel 2020, l’insieme di settori così definito rappresenta circa il 71% del valore aggiunto complessivo e l’83% del totale delle ore lavorate.

Effetto Covid sulla produttività del lavoro

Tornando ai numeri, nel 2020 la produttività del lavoro cresce dell’1,3%, come risultato di un calo delle ore lavorate più intenso di quello del valore aggiunto (rispettivamente -13,0% e -11,8%). Negli anni tra il 2014 e il 2020 la crescita era stata molto più lenta, pari allo 0,5% in media, e ancora più lenta (0,4%) se si considera il periodo 1995-2020.

Tra il 2009 e il 2014 la produttività del lavoro è cresciuta dello 0,9%, per effetto di una riduzione delle ore lavorate (-1,3%) più ampia di quella del valore aggiunto (-0,4%). Nel periodo più recente (2014-2020) la dinamica negativa delle ore lavorate e del valore aggiunto è stata accompagnata da una dinamica positiva dell’input di capitale: la diminuzione media delle ore lavorate (-1,3%) è risultata maggiore di quella media del valore aggiunto (-0,8%) con un effetto di crescita della produttività del lavoro mediamente dello 0,5%.

Produttività del lavoro: i settori in cui cresce di più

Nel 2020 la produttività del lavoro è aumentata marcatamente nel settore delle Attività finanziarie e assicurative (6,3%), nei Servizi di informazione e comunicazione, nel settore dell’Istruzione, sanità e assistenza sociale (5,7%) e, in misura più contenuta, nelle Costruzioni (2,8%). Il calo più significativo si è registrato in Agricoltura (-3,9%). Nell’Industria in senso stretto, la produttività del lavoro ha segnato una debole crescita (+0,1%), dopo tassi di crescita medi annui decisamente più marcati negli anni precedenti.

La crescita della produttività del lavoro registrata nel 2020 (+1,3%) è dovuta principalmente ai contributi positivi per 0,6 punti percentuali delle attività del commercio, trasporti, alberghi e pubblici esercizi, per 0,4 punti dell’istruzione, sanità e assistenza sociale, e per 0,3 punti delle costruzioni. Più deboli i contributi positivi degli altri settori, con l’unica eccezione rappresentata dall’Industria in senso stretto, il cui contributo è risultato fortemente negativo (-0,9 punti percentuali).

Il confronto con l’Europa

In base ai dati Eurostat disponibili, che consentono di effettuare confronti internazionali per la sola produttività del lavoro, nel periodo 1995-2020, la crescita media annua della produttività del lavoro in Italia (+0,4%) è stata decisamente inferiore a quella sperimentata nel resto d’Europa (+1,5% nell’Ue27)

Tassi di incremento più in linea con la media europea sono stati registrati dalla Francia (1,2%), e dalla Germania (1,3%). Anche la Spagna registra un tasso di crescita (+0,4%) più basso della media europea e analogo a quello dell’Italia.

Il divario è risultato particolarmente ampio in termini di evoluzione del valore aggiunto: in Italia, nel periodo 1995-2020, la crescita media annua è stata dello 0,2%, assai inferiore a quella della media della Ue27 (+1,5%). Le ore lavorate, al contrario, hanno registrato variazioni complessivamente molto limitate: -0,2% in Italia, -0,1% in Germania, +0.2% in Francia. Solamente la Spagna, tra i principali paesi europei, ha segnato una crescita più accentuata (+0,8%).

Nel periodo più recente (2014-2020), la produttività del lavoro in Italia è aumentata dello 0,5% in media annua, con una modesta contrazione del divario di crescita rispetto all’Ue27 (+1,2%). La dinamica è risultata inferiore a quella della Germania (1,0%), pari a quella della Francia (+0,5%), e superiore rispetto alla stazionarietà rilevata per la Spagna.

Nello stesso periodo, in Italia la contrazione del valore aggiunto (-0,8% medio annuo) è risultata inferiore a quella delle ore lavorate (-1,3%). La Francia ha registrato un calo relativamente più contenuto di quello dell’Italia sia in termini di valore aggiunto (-0,2%) sia di ore lavorate (-0,7%), mentre in Spagna la lievissima diminuzione del valore aggiunto è stata di entità pari a quella delle ore lavorate. Solo in Germania a una crescita media del valore aggiunto dello 0,5% si è associata una dinamica negativa dell’input di lavoro (-0,6%).

Riguardo i risultati provvisori del 2020, la crescita della produttività del lavoro registrata in Italia (+1,3%) è risultata molto maggiore di quella della Germania (0,4%); entrambi i paesi si attestano sopra la media dell’Ue27, che registra un calo dello 0,1%. Nello stesso periodo, gli altri principali partner europei hanno segnato una forte dinamica negativa della produttività del lavoro, con contrazioni del 2,8% in Spagna e dell’1,1% in Francia.

Cala la produttività del capitale

Gli investimenti in tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) permettono di introdurre nuove tecnologie nei processi produttivi e sono considerati un importante fattore di crescita della produttività, al pari degli investimenti in prodotti della proprietà intellettuale, come la Ricerca e sviluppo.

Nel periodo 1995-2020, nel nostro Paese la produttività del capitale ha registrato un calo medio annuo dell’1,1%, risultante da un aumento dell’input di capitale (+1,3%) superiore a quello del valore aggiunto (+0,2%).

La discesa riguarda tutte le tipologie di input: la componente relativa alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è diminuita del 2,8%; la produttività del capitale immateriale non-ICT (che comprende la Ricerca e sviluppo) del 2,2%; quella del capitale materiale non-ICT dello 0,7%.

I risultati più recenti, relativi al periodo 2014-2020, indicano anch’essi una diminuzione della produttività del capitale dell’1,1% in media d’anno. In questa fase, si osserva una crescita moderata dell’input di capitale (+0,3% in media d’anno) con un incremento molto più sostenuto del capitale ICT (+3,6%) e di quello immateriale non ICT (2,5%).

Nel 2020, la forte diminuzione del valore aggiunto dell’11,8% associata al calo molto contenuto dell’input di capitale (-0,6%), determina una fortissima riduzione (-11,2%) della produttività del capitale.

La produttività complessiva in calo

La produttività totale dei fattori (PTF), qui calcolata come rapporto tra l’indice di volume del valore aggiunto e quello dei fattori primari (lavoro e capitale), ha segnato un calo del 2,7% nel 2020.

Questo andamento si spiega con una caduta sia del valore aggiunto (-11,8%) a fronte di una riduzione dell’impiego complessivo di capitale e lavoro (-9,1%). Nel periodo 1995-2020 la variazione è stata leggermente negativa e pari a -0,1%: l’incremento medio del valore aggiunto (+0,2% medio annuo) è quasi interamente attribuibile all’impiego complessivo di capitale e lavoro (rispettivamente +0,5 punti percentuali il contributo del capitale e -0,2 punti quello del lavoro).

Nei sotto periodi gli andamenti sono stati differenti: tra il 2003-2009 c’è stato un calo della PTF dello 0,8% medio annuo, derivante da una crescita dell’impiego complessivo dei fattori produttivi (+0,6%) a cui fa riscontro una lieve diminuzione del valore aggiunto (-0,2%); tra il 2009 e il 2014 la PTF è aumentata dello 0,6% in media d’anno, per effetto di una diminuzione nell’impiego complessivo dei fattori produttivi (-1,0% l’indice composito del lavoro e del capitale) maggiore di quella del valore aggiunto (-0,4%); tra il 2014 e il 2020, la PTF ha presentato invece una stazionarietà in media d’anno, con una diminuzione dell’impiego di fattori produttivi dello 0,8% (+0,1% il contributo del capitale, -0,9% quello del lavoro).

Il capitale contribuisce più del lavoro alla crescita del valore aggiunto

Se si scompone la dinamica del valore aggiunto nei contributi derivanti dall’utilizzo dei fattori produttivi primari (capitale e lavoro) e dalla produttività totale dei fattori, si osserva che nel 2020 alla forte dinamica negativa del valore aggiunto hanno contribuito negativamente sia il fattore lavoro sia il fattore capitale (rispettivamente per -8,9 e -0,2 punti percentuali); anche l’apporto della PTF è risultato negativo (-2,7%).

Anche in questo caso, i sotto periodi presentano andamenti differenti. Tra il 1995 e il 2020, il lieve aumento medio del valore aggiunto (+0,2%) è da imputare esclusivamente all’accumulazione di capitale, che ha contribuito alla dinamica per 0,5 punti percentuali, mentre il contributo del fattore lavoro è risultato negativo (-0,2 punti percentuali) e anche la PTF ha fornito un contribuito negativo; tra il 2009 e il 2014 la contrazione del valore aggiunto è spiegata da contributi negativi sia del lavoro sia del capitale (rispettivamente -0,9 e -0,1 punti percentuali), mentre la PTF ha fornito un contributo positivo (+0,6 punti percentuali); tra il 2014 e il 2020, invece, la contrazione del valore aggiunto (-0,8% in media d’anno) è spiegata esclusivamente dal contributo negativo (-0,9 punti percentuali) del fattore lavoro mentre risulta debolmente positivo (+0,1 punti percentuali) il contributo del fattore capitale e nullo quello della PTF.

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Daniela Garbillo

Giornalista pubblicista con 30 anni di esperienza di redazione, coordinamento e direzione maturata presso case editrici, gruppi e associazioni in diversi settori, dalle tecnologie innovative alle energie rinnovabili, dall'occhialeria al beauty, all'architettura. All'attivo anche importanti esperienze in comunicazione, organizzazione di eventi e marketing.

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