Il linguaggio informatico? “Strumento essenziale per analizzare la realtà”, parola di Serguei Beloussov

In un’intervista per Innovation Post, Serguei Beloussov, fondatore dell’Istituto di Tecnologie di Schaffhausen (SIT), ha parlato dei principali fondamenti su cui si basa l’offerta formativa del campus, incentrata sullo sviluppo di un mix di competenze tecniche e soft skill, per creare gli imprenditori, i ricercatori e gli scienziati del domani. Beloussov, inoltre, ha parlato di alcuni progetti portati avanti dall’ecosistema SIT, come la consulenza in ambito di veicoli autonomi e degli obiettivi futuri dell’istituto, tra cui ci potrebbe essere l’apertura di una sede in Italia.

Pubblicato il 05 Mar 2021

Serguei Beloussov SIT

La necessità di conoscere le nuove tecnologie e il linguaggio di programmazione informatica per comprendere la realtà, l’importanza delle soft skill nel progresso scientifico e tecnologico e le prospettive future per l’utilizzo dei veicoli a guida autonoma su strada: di questo e molto altro abbiamo parlato con Serguei Beloussov, fondatore e investitore principale dell’ecosistema SIT (Schaffhausen Institute of Technology), un’istituzione internazionale fondata da imprenditori e guidata da scienziati e ricercatori.

Nel corso del 2020 l’istituto si è trasformato in un vero e proprio ecosistema composto da diversi programmi didattici e specializzazioni, dal Master in Scienze Informatiche e Ingegneria del software al corso online di Cybersecurity per i dirigenti della SIT Accademy, alla divisione incentrata sui veicoli a conduzione autonoma (SIT Autonomous), alla scuola di programmazione per i giovani studenti dai 7 ai 13 anni.

L’importanza del linguaggio informatico per capire la realtà

Soffermandosi sulle attività della Programming School per i giovani, Beloussov sottolinea l’importanza del conoscere il linguaggio informatico per potersi muovere in un mondo sempre più digitalizzato.

“Capire il mondo e soddisfare la nostra curiosità innata su quello che ci circonda non è più possibile senza avere almeno conoscenze basiche di software e linguaggio informatico. È come quando si insegna ai bambini a scrivere un tema, non tutti diventeranno scrittori, ma è essenziale per tutti avere la capacità di saper redigere un testo”, commenta.

Un programma che attraverso attività didattiche online, come esercizi matematici e puzzle, insegna ai giovani studenti a sviluppare il pensiero algoritmico, capacità di risolvere problemi logici e matematici e consente di imparare i principi della programmazione in un ambiente di gioco.

Una preparazione che conferisce una marcia in più per questi giovani studenti, sottolinea Beloussov e che gli permetterà di avere le competenze necessarie per eccellere nel mondo del lavoro del domani.

“Oggi quasi ogni professione richiede capacità di utilizzo di software e scienze informatiche. Decidere di far apprendere a bambini il linguaggio informatico fin da una così giovane età è una scelta che determinerà la loro abilità di trovare un lavoro, avere una buona carriera e uno stipendio adeguato e di riuscire ad eccellere nell’ambito da loro scelto”  spiega.

I corsi sono attualmente disponibili soltanto in inglese. “Non si tratta di una decisione politica o di principio, l’inglese è la lingua in cui si fa ricerca scientifica e che non si può non sapere se si vuole lavorare in questo ambito”, spiega Serguei. Il target della Programming School sono i giovani studenti di Singapore (dove nel corso del 2021 si aprirà una nuova sede della Programming School) e della Svizzera, ma per espandere la platea i corsi saranno presto disponibili anche nelle lingue locali degli studenti esteri.

L’importanza delle soft skill nella ricerca

Tra i corsi che formano l’offerta formativa del Master in Computer Science and Software Engineering, vi è un modulo dedicato al “Comportamento organizzativo e psicologia industriale-organizzativa”, che mira a sviluppare le capacità relazionali e comunicative degli studenti, due tra le soft skill più richieste dalle imprese e che secondo le previsioni degli esperti diventeranno sempre più fondamentali nelle professioni del futuro.

“Spesso quando si pensa a scienziati e tecnologi si ha questo preconcetto di un singolo che lavora individualmente. Questa visione è sbagliata: non esiste il singolo nella ricerca e nella scienza. Ad oggi sono pochi i ricercatori, gli scienziati e i fisici che lavorano singolarmente, mentre nella maggior parte dei casi si opera in un contesto di 10, 20, 30 persone o anche di più”, spiega Beloussov.

Nell’ambito del progresso tecnologico, sottolinea Serguei, i gruppi di lavoro sono ancora più numerosi ed è per questo che la capacità di lavorare con gli altri e saper comunicare e relazionarsi efficacemente diventano essenziali per la buona riuscita dei progetti. “In questi contesti, non importa il ruolo che una persona ricopre, dal contributor al manager, qualsiasi step richiede l’interazione con gli altri. Per questo, il nostro corso mira a fornire le risorse necessarie anche per muoversi e interagire positivamente nei contesti gerarchici come possono essere quelli aziendali”, aggiunge.

Veicoli a guida autonoma, quando li vedremo su strada?

Siamo ancora lontani (5 o 10 anni secondo il fondatore del SIT) dal vedere le nostre strade “invase” dai veicoli a guida autonoma, sostiene Beloussov. Il fondatore del SIT si immagina un’introduzione graduale, con una fase iniziale che vedrà particolari tragitti o strade predisposte anche al transito di questi veicoli e, forse, in un secondo momento si avranno strade dove verrà consentita la circolazione dei soli veicoli a guida autonoma.

Anche quando queste inizieranno a popolare le strade delle nostre città, difficilmente la guida sarà un’attività che dall’uomo diventerà esclusivo delle “macchine”, spiega Serguei.

Le ragioni, secondo il fondatore del SIT, sono molteplici: “Da un lato rimane il diritto fondamentale dell’uomo dell’essere libero, di poter fare ciò che lo rende felice, come guidare da un punto A a un punto B, per cui non vedo probabile che si arriverà a proibire agli uomini di guidare nel futuro prossimo. Siamo ancora la specie prevalente sul Pianeta e non credo che questo cambierà in pochi anni”, spiega.

Inoltre, sulla base di quanto sperimentato con i veicoli a guida autonoma a disposizione, nonostante stiano diventando sempre più accurati e affidabili nei percorsi, non riescono a competere con la guida dell’uomo in situazioni emergenziali in cui si rende necessario guidare ad una maggiore velocità. “Se pensiamo, ad esempio a tutti i veicoli dei servizi di primo soccorso o delle autorità, non credo che in questo ambito si potranno utilizzare veicoli a guida autonoma per i prossimi 10 anni, se non di più”.

Alla consulenza sui veicoli a conduzione autonoma l’Istituto di Tecnologia di Schaffhausen ha dedicato una divisione, SIT Autonomous, specializzata anche in intelligenza artificiale, Machine Learning, robotica e sport professionali.

I robot ci ruberanno il lavoro? La soluzione è nella formazione continua

Beloussov esprime ottimismo sull’impatto che le tecnologie dell’automazione e i robot avranno sulle professioni e sulle opportunità lavorative. “Non ci sarà penuria di lavoro, i lavori si sposteranno a mansioni più specializzate. Questo succede già, ci sono molte professioni che in passato erano prerogativa dell’uomo e che ora non lo sono più e questo continuerà inevitabilmente in futuro con il progresso tecnologico”.

La risposta a queste sfide, secondo Beloussov, è nella capacità dell’uomo di coltivare conoscenza, “la risposta a tutti i male”, sostiene lui. “La tecnologia è un bene, fino ad ora ci ha sempre portato un vantaggio e credo che questo continuerà anche nel futuro”.

Per affrontare al meglio i cambiamenti che avverranno, a velocità sempre più elevata, nel mondo del lavoro, occorrerà concentrarsi sui processi di reskilling e upskilling dei lavoratori. “Molte professioni che ora richiedono il lavoro fisico di un operatore saranno automatizzate in futuro e per questo si dovrà puntare a percorsi formativi che riescano a rendere le persone in grado di svolgere mansioni che richiedono un personale più specializzato”.

Un processo che, secondo Beloussov, interesserà particolarmente il nostro Paese, dove ci sono numerose opportunità di automazione, in virtù della presenza di molti professioni che richiedono ancora l’intervento dell’operatore, a fronte di un elevato costo della mano d’opera.

Anche in virtù di un ecosistema ricco di opportunità e con grande bisogno di innovazione, l’Italia è tra i Paesi che il SIT sta valutando per l’apertura di un nuovo campus. Sono stati avviati, infatti, contatti con i rappresentanti delle istituzioni accademiche, politiche e commerciali del nostro Paese riguardo ai possibili formati di cooperazione e investimento nel progetto. La priorità è l’implementazione del modello B2B nelle scuole private, con la successiva implementazione del modello B2C in tutto il Paese.

Tra i tanti altri progetti per il futuro, l’Istituto prevede di avere i suoi primi 10-15 team del SIT StartGarden (ecosistema di startup, studenti, ricercatori e professionisti della scienza e della tecnologia che collaborano a progetti innovativi) operativi all’interno dell’istituito (possibilmente in presenza).

Inoltre, nei prossimi mesi verrà creato un fondo di 50 milioni di dollari a supporto di startup attive nei temi della Quantum Tech, Smart Materials, Computer Science, Software Engineering e Business Science.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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