Industria 5.0, sostenibilità e human centricity non sono solo una “moda”: l’opinione delle imprese

I risultati della survey sul tema Industry 5.0 realizzata da Innovation Post, Industry4Business e Internet4Things, in collaborazione con il Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia. Mentre sostenibilità e human centricity sono rienute esigenze effettive dell’industria che non sono adeguatamente affrontate dai paradigmi di Industria 4.0, il tema della resilienza viene visto come pertinente ma non una novità per l’industria. Per quanto riguarda la relazione tra Industry 4.0 e 5.0, la maggioranza del campione vede la seconda come un’evoluzione della prima, anche se il 43% ritiene sia giusto parlare di nuovo paradigma di riferimento.

Pubblicato il 23 Mar 2023

Industry 5.0

Resiliente, umanocentrica e sostenibile: così sarà l’industria del futuro, secondo i paradigmi dell’Industry 5.0. Un’industria connessa e intelligente inserita all’interno di quella che in Giappone è stata ribattezzata come “società 5.0”. Un’evoluzione della “società 4.0” o “società dell’informazione”, figlia del proliferare di oggetti connessi che, dopo le macchine e gli impianti, hanno connesso anche le persone.

Ma si tratta veramente di un nuovo paradigma industriale? E, soprattutto, in un contesto dove alcune aziende si trovano ancora alle griglie di partenza di quel percorso di trasformazione digitale promosso dall’Industria 4.0, è giusto mettere altra carne al fuoco? E ancora: lo si fa in virtù di esigenze effettive o solo di story telling?

Su questi quesiti e temi si è incentrata la sessione di apertura dell’Industry 4.0 360 Summit, l’evento organizzato da Innovation Post, Industry4Business e Internet4Things – tutte testate parte del Network Digital 360 – che si è svolto nella giornata del 23 marzo.

L’apertura dei lavori è stata l’occasione per conoscere i risultati della survey su Industry 5.0 realizzata da Innovation Post, Industry 4 Business e Internet 4 Things, in collaborazione con il Laboratorio RISE Research & Innovation for Smart Enterprises dell’Università degli Studi di Brescia.

I risultati della survey su Industry 5.0

Attraverso diverse sezioni dedicate ai temi e ai pillar legati a Industry 5.0, la survey nasce per ascoltare il parere delle imprese su un tema intorno al quale l’Unione europea sta costruendo la sua politica industriale, ma che divide le opinioni tra gli addetti ai lavori.

Un questionario che ha raccolto il parere di circa 100 imprese di varia dimensione. Più nel dettaglio, la micro imprese hanno rappresentato il 46,5% del campione, mentre il 20,9% è invece formato da imprese di piccole dimensioni e il 12,8% da imprese di medie dimensioni. Le grandi aziende, infine, hanno costituito il 19,8% del campione.

La survey ha confermato che l’Industria 5.0 è ad oggi un tema che divide le opinioni anche tra gli imprenditori, in particolar modo tra chi ritiene che il focus maggiore su sostenibilità e human centricity legittimi l’adozione di un termine che indica una fase nuova e chi invece ritiene che si tratti del raggiungimento della piena maturità dei paradigmi di Industria 4.0. Non quindi una nuova Rivoluzione Industriale, ma la concretizzazione delle promesse della Quarta.

Sostenibilità e human centricity non sono una “moda” ma esigenze effettive dell’industria

Ma sono, in primo luogo, gli stessi pillar di Industria 5.0 ad essere inquadrati sotto ottiche diverse: la sostenibilità e human centricty, infatti, sono riconosciuti dalla maggior parte dei rispondenti alla survey come effettive esigenze dell’industria e non come semplici buzzword.

Più nel dettaglio, per quasi il 90% degli intervistati (89,4% per l’esattezza) mettere l’uomo al centro è un’esigenza effettiva della manifattura di oggi e del futuro.

Un’esigenza che secondo il 58,8% delle imprese intervistate non è stata soddisfatta dall’Industria 4.0.

Interessante poi notare la differenza di risposte per dimensione d’impresa: per il 56% delle micro imprese, infatti, Industria 4.0 già rispondeva a questa esigenza, percentuale che scende al 35% tra le grandi aziende, al 27% tra le imprese di media dimensione e al 22% tra le piccole imprese.

Il 94% delle imprese pensa che Industria 4.0 non pone abbastanza attenzione alla sostenibilità

La percentuale sale se si considera la domanda inerente la sostenibilità, con ben il 94% delle imprese che ritiene che rappresenti un’esigenza concreta dell’industria.

Alla domanda “Secondo lei il paradigma dell’Industria 4.0 supporta già adeguatamente questa esigenza?”, il 66,3% ha risposto di no.

Un’opinione condivisa tanto dalle micro imprese che dalle grandi realtà: per quanto riguarda le micro imprese, in particolare, la quasi totalità del campione (il 97%) ritiene che Industria 4.0 non è stata in grado di rispondere adeguatamente a questa esigenza, percentuale simile a quella relativa alle imprese di piccole dimensioni (94%) e alle grandi aziende (94%) e leggermente inferiore nelle imprese di medie dimensioni (80%).

Pandemia, guerra e crisi energetica spingono il bisogno di resilienza

Più divise le risposte delle aziende sul terzo pillar di Industry 5.0, vale a dire la resilienza.  La maggior parte delle aziende concorda nel dire che gli avvenimenti degli ultimi anni – la pandemia, l’interruzione delle supply chain, i cambiamenti geopoliticie la crisi energetica – hanno traghettato il bisogno di una maggiore resilienza: l’80,8% delle aziende si è infatti dichiarata “abbastanza d’accordo” o “totalmente d’accordo” con questa affermazione.

Tuttavia, nel valutare il legame tra questo pilastro di Industry 5.0 e Industria 4.0 l’opinione delle aziende è meno netta rispetto a quanto abbiamo visto per i temi della human centricity e della sostenibilità.

Per il 53,8% del campione, infatti, Industria 4.0 già rispondeva a questa esigenza. Interessante notare la dinamica che emerge dall’analisi delle risposte per dimensione dell’azienda: nelle micro, piccole e grandi imprese, infatti, si registra una parità (50-50) tra chi pensa che Industria 4.0 mettesse già al centro la resilienza e chi ritiene il contrario. Unica differenza è rappresentata dalle imprese di media dimensione, dove il 67% degli intervistati ritiene che Industria 4.0 risponde già adeguatamente a questa esigenza e solo il 33% afferma il contrario.

Le tecnologie indispensabili per l’industria del futuro

Una sezione della survey era dedicata alle sei tecnologie abilitanti per l’Industry 5.0 che, ricordiamo, il briefing della Commissione europea aveva individuato in:

  • interazione uomo-machina personalizzata
  • tecnologie ispirate alla natura e materiali intelligenti
  • gemelli digitali e simulazione
  • tecnologie per la trasmissione di immagazzinamento e l’analisi dei dati
  • intelligenza artificiale
  • tecnologie per l’efficienza energetica delle rinnovabili, l’energia e l’autonomia

Le risposte hanno indicato che almeno tre di queste tecnologie saranno indispensabili per le imprese nel prossimo futuro.

Nello specifico, oltre i tre quarti dei partecipanti alla survey (il 77%) ritengono che tra le tecnologie di cui non si potrà fare a meno ci sono quelle rivolte all’efficienza energetica, le energie rinnovabili, lo stoccaggio dell’energia e l’autonomia, irrinunciabili per l’86% del campione.

Seguono le tecnologie per la trasmissione, l’immagazzinamento e l’analisi dei dati (62%) e intelligenza artificiale (60%). La percentuale scende per l’interazione uomo-macchina (46%), per le tecnologie ispirate alla natura e materiali intelligenti (41%) e per i gemelli digitali e la simulazione, considerata indispensabile solo dal 38% delle aziende.

Maggiore efficienza, competitività e riduzione dei costi: perché le aziende investono nelle tecnologie

Tra i benefici che spingono le aziende a investire nelle tecnologie spicca il miglioramento della produttività dei processi produttivi (considerato il maggiore stimolo agli investimenti dall’82% del campione), seguita dalla riduzione dei costi di produzione (79%) e dall’aumento della competitività (75%).

Tra i vantaggi particolarmente apprezzati vi è l’aumento dei ricavi (49%), il miglioramento della qualità del prodotto (45%) e la riduzione dei rischi (41%).

Interessante notare che, nonostante sia considerata un’esigenza reale, solo per il 34% delle imprese l’aumento della sostenibilità è tra i benefici che spingono ad effettuare investimenti. Stessa percentuale per quanto riguarda riduzione dei fermi macchina e miglioramento della sicurezza sul lavoro.

Infine, solo per il 26% delle imprese la possibilità di ridurre il personale costituisce uno stimolo agli investimenti.

La mancanza di competenze schiaccia l’innovazione delle imprese

Uno dei dati più marcati emersi dalla survey riguarda gli ostacoli che frenano gli investimenti delle aziende. Per il 91% degli intervistati, infatti, la mancanza di competenze rappresenta il principale ostacolo.

Un dato significativo, soprattutto perché resta decisamente distanziato rispetto alle altre possibilità date ai partecipanti alla survey, che includevano:

  • costi troppo alti, un’ostacolo per il 42% dei rispondenti
  • Mancanza di soluzioni tecnologiche adatte alle proprie esigenze (30%)
  • Evoluzione troppo rapida delle tecnologie (26%)

Il ruolo degli incentivi a supporto dell’innovazione

Per quasi la totalità del campione gli incentivi a supporto degli investimenti delle imprese sono molto importanti o abbastanza importanti.

Nel dettaglio, il 76,3% del campione li ritiene essere molto importanti, il 22,4% abbastanza importanti, mentre solo l’1,3% del campione li giudica poco importanti.

Interessante notare come si distribuisce la percentuale di chi ritiene che gli incentivi siano “molto importanti”: oltre l’80% per i rispondenti appartenenti a micro imprese; il 76% circa per le piccole imprese; il 50% dei partecipanti che operano all’interno di un’impresa di medie dimensioni; l’80% dei rispondenti che lavorano all’interno di una grande azienda.

Industry 5.0: evoluzione di Industria 4.0 o nuovo paradigma?

Un secondo policy briefing della Commissione sul tema dell’Industry 5.0 spiegava che “il paradigma dell’Industria 4.0, così come attualmente concepito, non è adatto allo scopo in un contesto di crisi climatica e di emergenza planetaria, né affronta le profonde tensioni sociali. Al contrario, è strutturalmente allineato con l’ottimizzazione dei modelli di business e del pensiero economico che sono alla base delle minacce che stiamo affrontando”.

Anche da alcune delle interviste condotte con i rappresentanti dei big player dell’automazione industriale (che potete rileggere in questo articolo) era emerso il pensiero che l’Industria 4.0 si concentrasse maggiormente sulla trasformazione intelligente degli impianti intesa come capacità delle macchine di raccogliere i dati e dell’azienda di saper trasformare questi dati in informazioni strategiche al business.

Il focus, quindi, era soprattutto sulla riduzione dei costi e sull’aumento della produttività, due dei benefici chiave abilitati da un approccio data – driven.

Una pensiero che abbiamo riscontrato anche tra i partecipanti alla survey, con il 57% di essi che sono totalmente o abbastanza d’accordo con l’affermazione “L’Industria 4.0 è focalizzata soprattutto sulla riduzione dei costi e sull’aumento della produttività”, con solo il 14% dei rispondenti che si dichiara “per niente d’accordo”.

E veniamo quindi al nocciolo della questione: è corretto considerare l’Industria 5.0 un nuovo paradigma di riferimento?

Per il 57% dei partecipanti alla survey non lo è: secondo questi, infatti, è più corretto considerare l’Industry 5.0 una semplice evoluzione dell’Industria 4.0, mentre per il restante 43% si può invece parlare di un nuovo paradigma di riferimento.

La divisione di opinioni è ben rappresentata in tutti i campioni analizzati, senza particolari distinzioni a seconda della dimensione dell’azienda.

L’audio in podcast

Qui di seguito l’audio della sessione in podcast

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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