Dal World Economic Forum l’invito a un’innovazione responsabile: “Le nuove tecnologie siano messe al servizio della società”

Stiamo entrando in una nuova era dell’innovazione in cui le tecnologie potranno avere un forte impatto sulla società. Gli esperti del World Economic Forum invitano aziende e politici ad avere un approccio lungimirante e responsabile che metta le potenzialità dell’evoluzione tecnologica e della quarta rivoluzione industriale al servizio dello sviluppo di tutta la società. E a lavorare alla formazione di competenze digitali avanzate.

Pubblicato il 23 Gen 2020

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Quando i primi partecipanti all’edizione inaugurale del World Economic Forum si riunirono a Davos nel 1971, i personal computer e i telefoni cellulari non erano ancora stati inventati, gli sportelli automatici di banche e altri servizi erano agli albori, i dispositivi medici e i test genetici abitualmente utilizzati nella pratica clinica di oggi erano inconcepibili. Solo per fare qualche esempio.

“Il progresso tecnologico nell’ultimo mezzo secolo è stato sconcertante”, rileva Antonia Gawel, responsabile per l’Economia circolare e l’innovazione del World Economic Forum. E oggi, “mentre celebriamo il 50esimo anniversario della riunione annuale di Davos, stiamo entrando in una nuova era di innovazione. Tecnologie dirompenti come la blockchain, i veicoli autonomi e l’editing genetico, che sono stati in fase embrionale per diversi anni, stanno per avere un impatto reale sulla nostra vita”.

‘Stakeholders for a cohesive and sustainable world’, stakeholder al servizio di un mondo coeso e sostenibile – questo il titolo dell’edizione 2020 –, vede al centro delle discussioni il clima e l’ambiente, con circa 3 mila esponenti del mondo economico, politico, scientifico e culturale, tra cui 53 capi di Stato e di governo, provenienti da oltre 90 Paesi.

Sottoscritto lo scorso agosto da 180 amministratori delegati di grandi aziende Usa riunite nell’associazione Business Roundtable (un Think tank di Ceo americani), lo Stakeholder Capitalism, il capitalismo che fa riferimento a tutti i portatori di interessi, è diventato, insieme alla sostenibilità, uno dei punti di riferimento della 50esima edizione del World Economic Forum.

Il cambiamento di paradigma rispetto al passato consiste nel fatto che la creazione di valore non deve più essere l’unico fine delle aziende. Le imprese devono anche “investire nei loro dipendenti, proteggere l’ambiente, comportarsi correttamente ed eticamente con i fornitori, creare valore di lungo termine per gli stakeholder”.

Passare dall’ottimismo al realismo tecnologico

Stiamo entrando in un’era in cui le potenti tecnologie della Quarta rivoluzione industriale come l’intelligenza artificiale (AI) “vengono infuse a velocità esponenziale nel mondo che ci circonda”, rileva Gawel.

Che osserva: “mentre le organizzazioni e i Paesi corrono per sfruttare queste nuove tecnologie per stimolare la crescita e la competitività, ci troviamo in una congiuntura critica per mettere queste risorse a lavorare in modo responsabile e sostenibile per le persone e il Pianeta. Per raggiungere questo obiettivo è necessario un cambio di marcia, dall’attuale corsa allo sviluppo di nuove tecnologie per la crescita a breve termine e il guadagno commerciale, a un approccio più lungimirante e responsabile, che sfrutta attivamente la tecnologia per affrontare i problemi più importanti della società”.

Qual è la soluzione? Al Wef 2020 la proposta è questa: sfruttare le nuove tecnologie per obiettivi globali. Economisti e analisti del World Economic Forum, in collaborazione con quelli di PwC, hanno scoperto che “il 70% degli obiettivi di sviluppo indicati dalle Nazioni Unite come ‘Obiettivi globali’ potrebbe essere abilitato dalle applicazioni tecnologiche della Quarta rivoluzione industriale già in uso oggi. La possibilità di accelerare i progressi nel prossimo decennio è quindi molto forte. Abbiamo anche scoperto, tuttavia, che solo una minima parte di questo potenziale viene attivamente utilizzata su larga scala”.

Per usare le parole degli addetti ai lavori, si tratta di “passare dall’ottimismo tecnologico al realismo tecnologico”, ovvero di ‘mettere a terra’, dare piena concretezza e applicabilità a tante innovazioni e potenzialità che spesso non vengono sfruttate al meglio. E soprattutto non a reale beneficio della collettività.

Invito all’azione a livello di leadership

Per questo, serve anche un “invito all’azione” a livello di leadership, per dirigenti d’azienda e dirigenti politici. In particolare, per quanto riguarda le azioni necessarie a livello politico, secondo gli analisti del Wef 2020 queste devono dare priorità agli investimenti nelle infrastrutture che consentono la quarta rivoluzione industriale, compresa la banda larga, il Cloud, i satelliti e le reti energetiche. Sfruttando anche le leve degli appalti pubblici, inclusi gli standard di sostenibilità per le risorse digitali.

Occorre poi aggiornare la politica strutturale di ogni Paese, in modo che sia adatta al mondo digitale che sta cambiando e sta prendendo forma, comprese le riforme del mercato del lavoro, le riforme fiscali, le reti di sicurezza sociale e gli investimenti nell’istruzione.

Un’evoluzione che rispetti l’ecosistema

Metà del Pil mondiale dipende dalla natura e, se l’uomo continuerà a produrre con il business ulteriori danni all’ecosistema e alla biodiversità, un totale di 44 mila miliardi di dollari in valore economico potrebbero venire meno. Questi i risultati di una ricerca realizzata dagli analisti del World Economic Forum in collaborazione con PwC, che ha preso in considerazione diversi settori industriali in tutte le aree del mondo.

Lo studio arriva alla conclusione che molti settori industriali sono altamente dipendenti dall’ecosistema. Il settore delle costruzioni è esposto per 4 mila miliardi di dollari, quello dell’agricoltura per 2.500 miliardi, delle bevande e degli alimenti per 1.400 miliardi.

L’analisi evidenzia che le attività umane hanno già fortemente alterato il 75% della terra e il 66% dell’ambiente marino. In termini di esposizione sono le economie più importanti a pagare il prezzo più alto, con cifre che variano dai 2.700 miliardi di dollari per la Cina, ai 2.400 miliardi per l’Europa e 2.100 miliardi per gli Usa.

Se, come emerge da una ricerca condotta da PwC su circa 1.600 Ceo in 83 Paesi del mondo, il Pil torna a essere il principale incubo dei Ceo mondiali, i manager italiani risultano tra i più fiduciosi nelle perfomance delle proprie aziende, almeno nel breve periodo. Tra le principali preoccupazioni del 2020 ci sono le incertezze geopolitiche, il fattore Brexit, i dazi e conflitti commerciali, l’eccessiva regolamentazione e le modifiche normative in arrivo nell’era digitale.

Entro il 2030 un miliardo di competenze digitali

Un altro Report presentato a Davos, dal titolo ‘Jobs of tomorrow, mapping opportunity in the new economy’, illustra lo scenario mondiale dell’industria e del lavoro 4.0. Solo quest’anno, grazie al digitale, a livello mondiale si attendono 6 milioni di nuovi posti di lavoro, ma a una condizione (già ben nota): i lavoratori devono formarsi e maturare nuove competenze.

La quarta rivoluzione industriale alza la domanda di competenze digitali avanzate per oltre un miliardo di persone entro il 2030. Entro il 2022, invece, cambierà il 42% circa delle competenze digitali di base, necessarie attualmente per svolgere impieghi tradizionali. I settori in cui le competenze digitali saranno sempre più richieste e che vedranno i cambiamenti più grandi sono quelli delle vendite retail, delle risorse umane, dell’assistenza e della salute, dell’educazione.

In futuro i settori con la maggiore domanda di lavoratori saranno il Cloud, il digital marketing, lo sviluppo di contenuti, l’intelligenza artificiale, i big data e le piattaforme analytics, il settore della cultura e dei media. Secondo calcoli per difetto, eseguiti da Accenture, senza le dovute competenze digitali richieste dall’innovazione, le economie più sviluppate rischiano di perdere quasi 11.500 miliardi di dollari di Pil entro il prossimo decennio.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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