Istat, il 2020 chiude in frenata, ma l’occupazione tiene

L’effetto della nuova crescita dei contagi dovuti alla pandemia è uno stop alla ripresa dell’economia negli ultimi mesi dell’anno scorso: l’Istat individua però segnali positivi tra cui la crescita dell’occupazione

Pubblicato il 13 Gen 2021

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La chiusura del 2020 non ha registrato il rilancio che si sperava: l’epidemia si è riacutizzata e l’economia è stata frenata nel suo percorso di ripresa.

Nella sua proiezione mensile l’Istat sottolinea che in Italia produzione industriale e vendite al dettaglio hanno registrato una flessione, anche se segnali di ottimismo arrivano dal mondo del lavoro dove si è registrato un aumento dell’occupazione.

Il contesto nei dati Istat

Nelle ultime settimane del 2020, il riacutizzarsi dei contagi ha reso necessarie nuove misure di contenimento che hanno frenato la ripresa economica internazionale.

Il lockdown in molti casi è stato parziale, determinando effetti eterogenei tra paesi e settori produttivi. In Italia, gli indicatori congiunturali hanno mostrato un’evoluzione in linea con quella dell’area euro. A novembre, la produzione industriale e le vendite al dettaglio hanno segnato una flessione. Segnali positivi hanno caratterizzato l’andamento del mercato del lavoro, con una ripresa della tendenza all’aumento dell’occupazione a cui si è accompagnata una decisa riduzione della disoccupazione.

Lo scenario futuro

A fine anno, si è attenuata la fase deflativa dei prezzi al consumo, come effetto di una minore deflazione per i beni energetici e di una moderata ripresa della core inflation.

Le aspettative per i prossimi mesi mantengono un elevato grado di incertezza, ma a dicembre la fiducia di famiglie e imprese ha registrato un miglioramento.

Che cosa succede all’estero

Nelle ultime settimane del 2020, il riacutizzarsi dei contagi nella maggior parte dei paesi ha reso necessarie nuove misure di contenimento che hanno frenato la ripresa economica internazionale. Il lockdown in molti casi è stato parziale, determinando effetti eterogenei nei settori produttivi. Le prospettive economiche globali continuano a essere dominate dall’incertezza legata all’evoluzione difficilmente prevedibile della pandemia. Tuttavia, l’avvio delle campagne di vaccinazione e la persistenza di diversi segnali di recupero definiscono uno scenario moderatamente favorevole.

A ottobre, il commercio mondiale di merci in volume ha continuato a crescere (+0,7% in termini congiunturali, fonte: Central planning bureau), sebbene in netta decelerazione rispetto al mese precedente (+2,7%). Le prospettive, tuttavia, sono in peggioramento come segnalato dal PMI globale sui nuovi ordinativi all’export che a dicembre, dopo tre mesi di espansione, è tornato sotto la soglia di 50.

La Cina mostra segnali persistenti di un recupero rapido, anche se in decelerazione, dall’impatto economico dell’epidemia. Gli indici Caixin-Markit PMI di manifattura e servizi sono scesi a dicembre, pur rimanendo ampiamente in territorio espansivo.

TABELLA 1 PRINCIPALI INDICATORI CONGIUNTURALI – ITALIA E AREA EURO

(variazioni congiunturali)

ItaliaArea euroPeriodo
Pil15,912,5T3 2020
Produzione industriale-1,42,1 (ott.)Nov. 2020
Produzione nelle costruzioni-1,80,5Ott. 2020
Vendite al dettaglio (volume)-7,4-6,1Nov. 2020
Prezzi alla produzione – mercato int.-0,20,4Nov. 2020
Prezzi al consumo (IPCA)*-0,3-0,3Dic. 2020
Tasso di disoccupazione8,98,3Nov. 2020
Clima di fiducia dei consumatori**4,03,7Dic. 2020
Economic Sentiment Indicator**6,82,7Dic. 2020

Fonti: Eurostat, Commissione europea, Istat

* Variazioni tendenziali

** Differenze con il mese precedente

Negli Stati Uniti, la situazione sanitaria è peggiorata negli ultimi mesi e la fase politica resta critica a seguito dei recenti disordini legati alle elezioni. La nuova Amministrazione democratica, però, ha annunciato la presentazione di un consistente piano di sostegno all’economia. A dicembre, gli indicatori anticipatori hanno evidenziato un andamento favorevole per i settori manifatturiero e dei servizi che dovrebbero quindi mantenere un’intonazione positiva nei prossimi mesi. Il mercato del lavoro si è stabilizzato: le nuove richieste di sussidi di disoccupazione nella settimana conclusa il 2 gennaio sono rimaste pressoché invariate (790 mila) e il tasso di disoccupazione di dicembre (6,7%) si è mantenuto sui livelli del mese precedente.

In Europa prospettive favorevoli

Nell’area euro, il graduale allentamento delle misure di chiusura delle attività a partire da maggio aveva favorito la ripresa dei ritmi produttivi. In T3, il Pil è aumentato del 12,5% (-11,7% nel secondo trimestre). Tuttavia, negli ultimi mesi dell’anno la ripresa delle misure di contenimento ha condizionato l’evoluzione dell’economia soprattutto per il settore dei servizi. A novembre, le vendite al dettaglio sono diminuite del 6,1% in termini congiunturali (+1,4% a ottobre). I settori più colpiti sono stati il carburante per autotrazione e i prodotti non alimentari mentre gli alimentari hanno mostrato una flessione meno accentuata. Solo il settore dell’e-commerce risulta in espansione, mentre il tessile, abbigliamento e calzature è stato il più colpito dai vincoli amministrativi all’operatività degli esercizi commerciali. Il tasso di disoccupazione dell’area nel mese di novembre è sceso marginalmente attestandosi all’8,3%.

Le prospettive per l’area rimangono moderatamente favorevoli. A dicembre, l’Economic sentiment indicator (ESI), elaborato dalla Commissione europea, è aumentato di 2,7 punti grazie soprattutto al recupero di industria e costruzioni (Figura 2). Sono peggiorati invece i giudizi delle imprese dei servizi e del commercio al dettaglio, colpiti dalle nuove misure di contenimento. A livello nazionale, tutte le principali economie dell’area euro hanno registrato un miglioramento con l’eccezione della Germania dove l’indice è rimasto sostanzialmente invariato. Anche le previsioni per i prossimi mesi, elaborate dall’Istat congiuntamente agli istituti di ricerca KOF e IFO nello Eurozone Economic Outlook (EZEO), indicano che, dopo il marcato aumento nel terzo trimestre, nel quarto trimestre la debolezza di consumi e investimenti si rifletterebbe sul Pil (-2,7%) determinando un calo per l’intero 2020 del 7,3%. Il Pil è atteso recuperare nel primo trimestre 2021 (+0,7%) e poi accelerare in T2 (+3,0%).

Il dollaro si indebolisce

Negli Stati Uniti i tassi d’interesse decisamente bassi e l’incertezza legata alle elezioni hanno determinato un indebolimento del dollaro verso le principali valute. L’euro si è apprezzato, passando da 1,18 dollari per euro di novembre a 1,22 a dicembre. Nello stesso mese, il prezzo del Brent ha segnato un recupero, beneficiando del taglio unilaterale della produzione dell’Arabia Saudita, che ha limitato le attese di un eccesso di offerta. Il valore medio delle quotazioni si è attestato a 50 dollari al barile, da 42,7 dollari di novembre.

Le imprese italiane

A novembre, l’indice della produzione industriale ha registrato un calo congiunturale (-1,4%) a sintesi di una riduzione dell’attività in tutti i principali comparti (-4,0% per i beni di consumo, -3,6% per l’energia e -0,6% per i beni strumentali) a eccezione dei beni intermedi (+0,2%, Figura 3). Considerando il periodo gennaio-novembre gli indici corretti per i giorni lavorativi segnano una contrazione significativa (-12,1%). Il dato di novembre conferma la fase di attenuazione del processo di recupero dei ritmi produttivi. Sotto l’ipotesi che a dicembre i livelli di produzione industriale si mantengano uguali a quelli di novembre, il quarto trimestre registrerebbe quindi una contenuta flessione rispetto al trimestre precedente (-0,8%).

A ottobre gli ordinativi dell’industria hanno evidenziato un aumento congiunturale (+3,0%) con incrementi simili per il mercato interno ed estero (rispettivamente +3,0% e 2,8%). Nella media di agosto-ottobre rispetto ai tre mesi precedenti, l’indice totale ha segnato un deciso recupero (+20,6%).

I dati dell’export italiano

Dopo cinque mesi di continua crescita, a ottobre le esportazioni hanno mostrato una flessione in termini congiunturali (-1,3%). Rispetto all’anno precedente il divario si è nuovamente ampliato: le vendite all’estero di prodotti italiani sono, infatti, risultate inferiori dell’8,4% rispetto a ottobre 2019. Le importazioni, dopo il calo registrato a settembre, a ottobre hanno segnato un nuovo aumento (+1,4% in termini congiunturali). Il valore complessivo degli acquisti continua, tuttavia, a essere significativamente inferiore a quello osservato nello stesso mese dell’anno precedente (-8,2%).

Nel complesso, sono risultate in calo sia le esportazioni dirette verso i mercati Ue sia su quelli extra Ue (rispettivamente -0,3% e -2,3% in termini congiunturali). Gli acquisti dall’estero a ottobre hanno, viceversa, segnato un aumento in entrambi i mercati, più accentuato nel caso dei beni provenienti dall’area extra Ue (+1,6%, +1,2% le importazioni dall’Ue).

I settori produttivi

Da un punto di vista settoriale, le esportazioni sono state condizionate negativamente dalle vendite di beni di consumo non durevoli (-2,6%) e di prodotti intermedi (-1,8%), mentre i beni strumentali hanno evidenziato un lieve incremento (+0,5%). L’aumento delle importazioni è risultato diffuso tra i settori, in particolare per quelli strumentali (+2,0%) e intermedi (+1,5%) mentre sono risultati in calo i prodotti energetici (-2,5%). I dati provvisori relativi a novembre segnalano un nuovo incremento sia delle vendite (+2,7%) sia degli acquisti (+3,6%) provenienti dall’area extra Ue.

A ottobre, la produzione del settore delle costruzioni ha registrato il secondo calo congiunturale (-1,8%) anche se di intensità minore rispetto a quello del mese precedente. Considerando i primi 10 mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, la caduta della produzione assume un’intensità simile (-10,5%) ma più contenuta di quella della produzione industriale. Il mercato immobiliare ha registrato una decelerazione: i prezzi delle abitazioni sono diminuiti in T3 (-2,5% la variazione congiunturale) dopo il forte aumento del trimestre precedente (+3,0%). Il calo complessivo sintetizza la marcata riduzione dei prezzi delle abitazioni esistenti (-3,2%) e l’aumento di quelli delle nuove (+1,1%) in presenza di una ripresa dei volumi delle compravendite.

Nel terzo trimestre 2020, dopo le forti flessioni registrate nella prima parte dell’anno, gli investimenti fissi lordi delle società non finanziarie hanno segnato una marcata crescita congiunturale (+26,3%). Anche il tasso di investimento, definito come rapporto tra investimenti fissi lordi e valore aggiunto a prezzi base, è aumentato (+0,5 punti percentuali) a seguito di un incremento degli investimenti maggiore di quello del valore aggiunto.

A dicembre l’indice composito del clima di fiducia delle imprese ha evidenziato un incremento più accentuato per i servizi di mercato e la manifattura, dove il miglioramento ha interessato tutte le componenti e con maggiore incisività le attese di produzione e gli ordini (Figura 6). Le costruzioni e soprattutto il commercio al dettaglio hanno invece registrato un calo dell’indice.

Famiglie e mercato del lavoro

Analogamente all’area euro, a novembre le vendite al dettaglio hanno evidenziato una decisa flessione (-7,4% la variazione congiunturale in volume rispetto al mese precedente) a sintesi di un incremento delle spese in beni alimentari (+1,0%) e di una caduta di quelle in beni non alimentari (-13,5%). Considerando il periodo gennaio-novembre, la diminuzione dei volumi delle vendite (-6,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente) è condizionata dal calo di quelle in beni non alimentari (-12,5%) solo parzialmente compensata dall’aumento delle spese in beni alimentari (+1,7%). A novembre si conferma la crescita tendenziale del commercio elettronico (+50,2%) con una intensità decisamente superiore alla media del periodo gennaio-novembre (+34,8%).

La parziale attenuazione del processo di ripresa delle vendite dell’ultimo mese segue la decisa ripresa dei consumi delle famiglie del terzo trimestre (+12,1% la variazione congiunturale, Figura 4) sebbene, in T3, il livello della spesa delle famiglie sia risultato ancora inferiore a quello segnato in T1. Nel terzo trimestre, si è registrata una consistente ripresa del reddito disponibile lordo in termini sia nominali (+6,3%) sia reali (+6,6% la variazione del potere d’acquisto) che hanno raggiunto livelli di poco inferiori a quelli del terzo trimestre del 2019. La propensione al risparmio si è mantenuta su livelli elevati (14,6%) seppure in riduzione rispetto al trimestre precedente (19,0%), ma decisamente superiori al valore medio del 2019 (8,1%).

A novembre, il mercato del lavoro ha mostrato segnali decisamente positivi con una ripresa della tendenza all’aumento dell’occupazione (+0,3% la variazione congiunturale, pari a +63mila unità), determinata da un incremento degli occupati permanenti (+0,5%, +73mila unità) e di quelli indipendenti (+0,6%, +29mila unità), cui si è accompagnata una decisa riduzione della disoccupazione (-7,0%, pari a 168mila unità) con un conseguente calo del tasso di disoccupazione (8,9%, 0,6 punti percentuali inferiore al livello del mese precedente, Figura 5). Rispetto a febbraio, il numero di disoccupati si è ridotto di circa 170 mila unità, mentre l’inattività è superiore di quasi 340 mila unità.

Le ore lavorate hanno segnato una contenuta riduzione. Il numero di ore pro capite effettivamente lavorate, calcolato sul complesso degli occupati, è pari a 33,4, un livello inferiore di 2,5 ore rispetto a quello registrato a novembre 2019 mentre, nello stesso periodo, la quota di assenti dal lavoro è aumentata di 4,8 punti percentuali.

A dicembre, l’indice del clima di fiducia dei consumatori ha mostrato un marcato aumento diffuso a tutte le componenti: il clima economico ha registrato la crescita più robusta e le attese sulla disoccupazione sono risultate in miglioramento.

I prezzi e i beni di consumo

Nel quadro di una generalizzata incertezza circa gli sviluppi della situazione sanitaria ed economica, la fase deflativa dei prezzi al consumo si è protratta anche a fine anno, ma l’intensità della caduta è andata affievolendosi. In base alla stima preliminare, a dicembre la variazione tendenziale dell’indice per l’intera collettività (NIC) è risultata negativa per l’ottavo mese consecutivo ma si è ridotta a -0,1%, recuperando mezzo punto percentuale dal minimo di settembre scorso (-0,6%). A parte il rallentamento dei prezzi degli alimentari non lavorati, il recupero ha coinvolto le altre principali componenti. La caduta annua dei prezzi degli energetici si è attenuata in un mese di quasi un punto percentuale, scontando la ripresa dei corsi petroliferi degli ultimi mesi. Nello stesso tempo, la crescita tendenziale è risultata in ripresa sia per i servizi sia per i beni industriali non energetici (+0,2 punti percentuali rispetto a novembre in entrambi i casi). L’inflazione di fondo (calcolata escludendo energia, alimentari e tabacchi), pari a zero a settembre, è così risalita al +0,6%, sui ritmi più elevati dell’anno.

Nella media del 2020, i prezzi al consumo sono scesi dello 0,2% rispetto al 2019, essenzialmente per effetto del calo nel comparto energetico. Nell’area dell’euro, a dicembre l’inflazione è rimasta invariata per il quarto mese consecutivo sia per la misura complessiva (-0,3%) sia per la componente di fondo (+0,2%). Il differenziale inflazionistico tra il nostro Paese e la media dei 19 partner si è confermato nullo nel primo caso, mentre è leggermente risalito per la core inflation (+0,2 punti percentuali), come effetto di un ampliamento di quello relativo ai beni industriali non energetici e di un recupero della dinamica per i servizi. Nella media 2020, per l’ottavo anno consecutivo, l’inflazione italiana è risultata inferiore a quella della zona euro.

Le pressioni deflative nelle fasi che precedono la distribuzione finale sono rimaste rilevanti, anche se la tendenza negativa si è via via attenuata. Complessivamente, le riduzioni su base annua si sono confermate più accentuate per i prezzi all’importazione (-5,0% a ottobre) rispetto a quelle dei listini alla produzione dei prodotti industriali per il mercato interno (-2,8% su base annua a novembre). Nelle due fasi le indicazioni continuano a divergere con riguardo al raggruppamento dei beni di consumo non alimentari. All’importazione, anche come riflesso dell’apprezzamento del cambio dell’euro, i prezzi sono rimasti inferiori a quelli di un anno prima (-0,5% a ottobre); viceversa, l’inflazione alla produzione è positiva, con una crescita annua appena inferiore all’1%.

Le aspettative di consumatori e imprese sugli sviluppi dell’inflazione risentono dell’attuale fase di incertezza che condiziona l’evoluzione dell’economia. A dicembre i primi hanno nuovamente rivisto al ribasso le loro attese sui prezzi, su valori negativi tra i più bassi dell’anno. Nella manifattura, politiche dei listini caute sono maggiormente diffuse tra i produttori di beni di consumo, con il prevalere nel breve periodo delle intenzioni di ribassi rispetto ad aumenti dei prezzi.

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Nicoletta Pisanu

Giornalista, collabora da anni con testate nazionali e locali. Laureata in Linguaggi dei Media e in Scienze sociali applicate all'Università Cattolica di Milano, è specializzata in cronaca.

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