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Dal credito alla fiducia: la nuova strategia per la crescita delle PMI sui mercati globali



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La crescita delle PMI sui mercati globali dipende sempre di più, oltre che dalla disponibilità di capitali e dalla competitività dei prodotti, dalla capacità di costruire un ecosistema di fiducia, conoscenza e strumenti adeguati. Regina Corradini D’Arienzo di Simest ha delineato una visione di lungo periodo che sposta il baricentro dall’idea di export come risultato alla logica dell’internazionalizzazione come processo formativo e partecipativo

Pubblicato il 25 nov 2025



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La crescita delle PMI sui mercati globali non è più una sfida legata solo alla disponibilità di capitali o alla competitività dei prodotti, ma alla capacità di costruire un ecosistema di fiducia, conoscenza e strumenti adeguati.

Nel suo intervento al Made in Italy Summit 2025, Regina Corradini D’Arienzo, amministratore delegato e direttore generale di Simest, ha delineato una visione di lungo periodo che sposta il baricentro dall’idea di export come risultato alla logica dell’internazionalizzazione come processo formativo e partecipativo.

L’inclusione come motore dell’internazionalizzazione

Secondo Corradini D’Arienzo la priorità oggi non è solo sostenere le aziende già presenti all’estero, ma accompagnare quelle che non esportano ancora.

In Italia, circa il 90% delle PMI non è attivo sui mercati internazionali: un dato che evidenzia un potenziale inespresso enorme. Il compito delle istituzioni, ha spiegato la manager, è rendere l’internazionalizzazione accessibile, riducendo le barriere burocratiche e culturali che limitano l’espansione.

L’azione di Simest, in questo senso, è stata presentata come un esempio di politica industriale inclusiva, in cui gli strumenti finanziari diventano leve per abbattere il gap dimensionale tra grandi gruppi e piccole imprese.

«Il nostro obiettivo è accompagnare le imprese in un percorso di crescita – non solo sostenerle in un’operazione puntuale», ha osservato Corradini D’Arienzo, sottolineando come la logica dell’investimento pubblico debba orientarsi alla durabilità delle competenze e delle relazioni.

Il messaggio principale è che la finanza agevolata non basta se non è affiancata da una cultura dell’internazionalizzazione che includa anche formazione, partnership e cooperazione territoriale.

Oltre la finanza: costruire fiducia e capitale umano

Uno dei passaggi centrali del suo intervento riguarda la distinzione tra credito e fiducia.

L’accesso al capitale, pur essendo una condizione necessaria, non è sufficiente se non accompagnato da una relazione stabile tra impresa e sistema pubblico. «Dobbiamo ricostruire un rapporto di fiducia con le aziende», ha detto Corradini D’Arienzo, «perché solo la fiducia genera continuità».

Questa riflessione introduce un elemento spesso trascurato nelle politiche per l’export: il capitale umano.

Formare manager e imprenditori capaci di operare in contesti multiculturali, comprendere i rischi e valorizzare le partnership locali è una delle priorità indicate da SIMEST e condivise dal Ministero degli Esteri.

Le imprese che riescono a combinare conoscenza dei mercati e solidità gestionale sono quelle che più facilmente consolidano la loro crescita sui mercati globali.

Il riferimento alle “filiere d’impatto” nasce proprio da questa visione: le reti di aziende che collaborano tra loro per esportare insieme, condividendo investimenti e competenze, rappresentano il modello più efficace di internazionalizzazione sostenibile.

Le filiere come infrastruttura della competitività

Nel corso dell’intervento Corradini D’Arienzo ha descritto le filiere produttive come la vera infrastruttura immateriale del Made in Italy: una struttura di relazioni che consente alle PMI di accedere a mercati e opportunità altrimenti irraggiungibili.

Le imprese che fanno parte di una filiera possono condividere servizi, conoscenze e capacità produttive, riducendo i costi e i rischi dell’espansione.

Simest, in questo contesto, lavora con le principali associazioni di categoria e con il sistema camerale per favorire progetti di internazionalizzazione di filiera, in cui più imprese si presentano insieme nei mercati esteri sotto un’unica strategia.

Questo approccio si inserisce nella più ampia linea d’azione del Sistema Italia, che mira a superare la frammentazione e a promuovere modelli cooperativi tra imprese e istituzioni.

L’esperienza mostra che quando le PMI si muovono in rete, la loro capacità di attrarre investimenti e di instaurare rapporti di lungo periodo cresce in modo significativo. L’aggregazione, in questo senso, diventa una forma di innovazione organizzativa.

L’equity pubblico come leva di competitività

Accanto al credito agevolato e alle linee di finanziamento tradizionali, Corradini D’Arienzo ha citato la crescita degli strumenti di equity pubblico, attraverso i quali lo Stato partecipa in modo temporaneo e minoritario al capitale delle imprese.

Questo modello, diffuso in diversi Paesi europei, consente di rafforzare la struttura patrimoniale delle PMI senza appesantirle con debiti, fornendo al contempo un segnale di fiducia ai mercati e agli investitori.

L’equity pubblico non è pensato come un meccanismo di sostegno emergenziale, ma come uno strumento di partnership temporanea, in cui la partecipazione statale aiuta le aziende a raggiungere una dimensione più competitiva prima di tornare autonome.

La manager ha ricordato che «il capitale non è un fine ma un mezzo per generare valore condiviso», sottolineando come l’obiettivo non sia sostituirsi al mercato, ma abilitarlo.

Conoscenza e accompagnamento: la diplomazia economica dal basso

L’intervento di Corradini D’Arienzo ha toccato anche il tema della diplomazia economica diffusa, ossia la capacità di portare il sostegno pubblico direttamente sul territorio.

L’idea è che l’internazionalizzazione non si costruisce solo nei grandi centri o nei corridoi diplomatici, ma anche nelle province e nei distretti produttivi dove si concentra la maggior parte del tessuto manifatturiero italiano.

La collaborazione tra Simest, le Camere di Commercio, le ambasciate e gli uffici ICE serve proprio a rendere accessibili gli strumenti a chi, finora, non ne ha usufruito.

La logica è quella di un accompagnamento di prossimità: informare, formare e orientare le imprese sin dalle prime fasi del loro percorso di crescita.

Questo modello “dal basso” si ispira a un principio semplice ma spesso trascurato: non esiste competitività senza conoscenza condivisa.

La nuova dimensione della crescita internazionale

Dalle parole di Corradini D’Arienzo emerge una concezione più ampia del sostegno alle imprese: la crescita delle PMI sui mercati globali non si misura più solo in termini di fatturato, ma nella capacità di costruire relazioni solide e durature.

La competitività, in questa prospettiva, nasce dalla qualità del capitale umano e dalla cooperazione tra attori pubblici e privati.

Il modello che si sta delineando combina tre elementi chiave: fiducia, competenze e partnership.

Fiducia come condizione per accedere al credito e alle reti internazionali; competenze come infrastruttura intangibile che consente alle imprese di adattarsi ai mercati; partnership come strumento di scala e inclusione.

La crescita delle PMI sui mercati globali non è più solo una missione di export, ma una strategia di sistema che unisce finanza, formazione e diplomazia economica.

L’Italia, attraverso questo approccio, sta sperimentando una forma di internazionalizzazione che non si limita a sostenere le imprese più forti, ma punta a far crescere l’intero ecosistema produttivo, rendendo la presenza italiana all’estero più solida, più estesa e più consapevole.

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