Innovazione industriale

Additive manufacturing: cos’è e come usare la produzione additiva per la sostenibilità

Modellazione a deposizione fusa, stereolitografia, sinterizzazione laser: sono solo alcune delle tecnologie dell’additive manufacturing. Come funzionano, quali vantaggi per la sostenibilità ambientale

Aggiornato il 21 Giu 2021

Distributed manufacturing


L’additive manufacturing è, letteralmente, la manifattura additiva, ovvero il processo industriale che, grazie a diverse tecnologie, fabbrica componenti, semilavorati o prodotti finiti attraverso la sovrapposizione di strati di materiale.

Cos’è l’additive manufacturing

La manifattura additiva procede per addizione: il materiale viene aggiunto strato su strato, dal perimetro esterno a quello interno con i vari riempimenti.

L’additive manufacturing è l’opposto della manifattura tradizionale, che viene detta sottrattiva perché ricava l’oggetto procedendo per sottrazione dal pieno. Ne sono esempi la fresatura e la tornitura: in queste lavorazioni, il pezzo viene ricavato attraverso l’asportazione di materiale o trucioli dal blocco iniziale.

L’additive manufacturing viene anche detta Stampa 3D, perché produce oggetti a partire da un file di progettazione digitale, che viene “stampato” in tre dimensioni. La stampa 3D si usa nella prototipazione rapida da metà anni ’80, ma solo negli ultimi anni la riduzione del costo delle macchine, la possibilità di produrre oggetti più grandi in tempi minori e con una maggiore gamma di materiali/filamenti hanno portato ad una maggiore diffusione della tecnologia.

Video – Introduzione all’additive manufacturing – Mechanosynthesis Group MIT (inglese con sottotitoli)

Ad oggi, l’additive manufacturing viene utilizzata nella prototipazione rapida, perché consente di ridurre i costi di progettazione grazie alle modifiche sul file digitale: ne è un esempio la produzione della componentistica in aeronautica. Viene utilizzata anche per ottenere piccole serie altamente personalizzate, per “immagazzinare file” anziché prodotti in un sistema just in time, per sopperire alle emergenze di mancanza di componenti per la produzione in linea, per reingegnerizzare pezzi che aumentano la produttività degli impianti. Viene quindi molto usata nell’industria automobilistica, in ambito medico, in edilizia e come sostituta dello stampaggio a iniezione.

Come funziona la produzione additiva

Il primo passo per la produzione additiva è la realizzazione di un disegno CAD – Computer Aided Design: un file grafico che progetta gli oggetti modellando blocchi di mesh, maglie poligonali con facce da triangolo o da quadrilatero. Il CAD 3D lavora su volumi, non su superfici, e ricava il disegno componendo e intersecando i diversi blocchi.

Una volta realizzato il file CAD di progettazione, questo viene inserito e/o inviato alla stampante 3D: il software all’interno della stampante decodifica il disegno e lo divide in livelli, quindi crea il percorso che la macchina dovrà seguire durante la realizzazione.

La stampa avviene secondo diverse tecnologie additive.

Quali sono le tecnologie additive

Nella modellazione a deposizione fusa (Fused Filament Fabrication o Fused Deposition Modeling), i filamenti del materiale scelto (polimeri plastici come Pla, Abs Nylon, Pet, Peek) sono raccolti in bobine e collegati ad uno o più estrusori, ugelli, punte riscaldate che fluidificano i filamenti e si muovono secondo le coordinate del software: perimetro esterno, interno, riempimento, tutti i dettagli previsti dal file al computer. Uno o più estrusori si muovono livello per livello: finito lo strato, il piano su cui poggia l’oggetto si abbassa per iniziare il successivo. Esistono diversi meccanismi per posizionare l’estrusore nel punto definito dal software: gantry, core XY, polare, delta, bracci robotici antropomorfi con un estrusore montato sulla testa.

Una volta terminato l’ultimo livello, la stampante si spegne, l’oggetto viene lasciato raffreddare e poi viene estratto, pronto per l’uso.

Video – Come funziona la FDM – Stratasys Direct Manufacturing (inglese con sottotitoli)

Nella stereolitografia invece, più costosa, il file viene stampato usando laser o sorgenti luminose.

In particolare, nella stereolitografia laser, i “livelli” dell’oggetto vengono realizzati attraverso una piastra forata inserita sul fondo di una vasca riempita con una speciale resina liquida: un raggio laser viene proiettato e modulato per ricostruire l’immagine del primo livello della sezione dell’oggetto, la piastra si abbassa e così per ogni successiva scansione. Al termine, l’oggetto stampato viene inserito in un forno a luce ultravioletta. Data la leggera tossicità delle resine liquide, è sconsigliato posizionare le macchine in ambiente non ventilato.

Nella stereolitografia DLP – Digital Light Processing, anziché il raggio laser viene utilizzata una sorgente luminosa proiettata a distanza minima dalla resina per una maggiore risoluzione: a contatto con la luce, il polimero si indurisce, strato su strato.

Nella stereolitografia LCD – Liquid Crystal Display si utilizzano schermi a cristalli liquidi retroilluminati da sorgenti ultraviolette.

Video – Come funziona la stereolitografia – ARRK Europe

La sinterizzazione laser o SLS – Selective Laser Sintering realizza l’oggetto solidificando (sinterizzando) strati di polveri attraverso il laser. Al termine, il pezzo è liberato dalla polvere in eccesso e posto in forno secondo necessità.

Video – Come funziona la SLS – Stratasys Direct Manufacturing (inglese con sottotitoli)

Un’altra tecnologia utilizzata nell’additive manufacturing per oggetti sotto i 100 nm è la microfabbricazione 3D della fotopolimerizzazione a due fotoni. Un laser concentrato punta e si sposta su un blocco di gel, che in quei punti solidifica: il gel rimanente viene rimosso e resta l’oggetto realizzato.

I vantaggi dell’additive manufacturing per la sostenibilità ambientale

L’additive manufacturing è particolarmente indicato per la produzione di piccole serie ad alta personalizzazione: permette di realizzare componenti dal peso ridotto, riducendo il consumo di materiali, e ottimizzate al dettaglio, secondo le indicazioni inserite nel file progettuale.

Produce in una sola fase: abbatte i costi della prototipazione, riduce quasi a zero quelli di progettazione delle varianti e consente di sperimentare materiali diversi da quelli già in uso.

La manifattura additiva abilita la realizzazione di pezzi con meno parti e più funzioni integrate, multicomponente, che comportano assemblaggi più semplici e riducono processi, materiali, impiego di risorse umane e ambientali.

L’additive manufacturing può essere inoltre impiegata per processi di riparazione delle componenti, che estendono il ciclo vitale del prodotto (o dell’impianto) e ne riducono l’impatto ambientale.

La maggior parte dei polimeri usata per l’additive manufacturing può essere riciclata, nel caso dei filamenti, o riutilizzata, nel caso delle polveri. Possono essere utilizzati anche filamenti provenienti da plastica riciclata.

Riduzione degli inventari

L’additive manufacturing riduce gli inventari di pezzi di ricambio, con riduzioni di flussi di materie, minori costi di sovrapproduzione e di trasporto: immagazzinare modelli 3D anziché oggetti ha immediato impatto ambientale, e consente di ottimizzare la produzione just in time, con serie di alta qualità realizzate senza sprechi di tempo e di risorse.

La manifattura additiva consente di rimodellare la filiera, rendendola più flessibile rispetto alla domanda e ai luoghi di produzione, che possono essere decentralizzati e avvicinàti al mercato di riferimento: con l’additive manufacturing è possibile produrre localmente anziché trasportare da grande distanza semilavorati, con evidenti vantaggi nella filiera di approvvigionamento e nell’impatto ambientale, e risparmi di energia, di materiali di imballo, di riduzione delle emissioni inquinanti.

Articolo originariamente pubblicato il 21 Giu 2021

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Josephine Condemi

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