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Machine Learning e customer service: il salto di qualità per le aziende del manufacturing



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Nel manufacturing, l’adozione di machine learning e customer service ridisegna il ruolo del supporto tecnico. Anticipare i problemi, ottimizzare l’assistenza e orchestrare gli insight diventa possibile solo partendo da dati affidabili e processi ben strutturati. Stefano Dindo, Var Group: “Ogni modello predittivo efficace parte da dati concreti e da una visione sistemica”

Pubblicato il 22 ott 2025


VAR Group Point of View

Machine learning e customer service

Il binomio machine learning e customer service indica l’applicazione di modelli predittivi basati su algoritmi di apprendimento automatico ai processi di assistenza clienti, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza operativa, la tempestività delle risposte e la qualità complessiva del servizio. 

«Il machine learning è solo una delle componenti dell’intelligenza artificiale, ma gioca un ruolo strategico nel customer service – spiega Stefano Dindo, Head of Software Development di Var Group -. Se l’AI generativa è utile per assistere operatori e clienti nella ricerca di risposte, il machine learning permette invece di azionare le leve di un’intelligenza predittiva capace di prevenire i problemi, andando ad analizzare in tempo reale il comportamento delle macchine o i dati operativi di un servizio. È uno strumento potente per trasformare la gestione del supporto: non si aspetta più che il cliente segnali un guasto, ma si interviene prima, sulla base di insight affidabili».

Manufacturing: il valore del customer service predittivo

Nel manufacturing, dove il ciclo di vita del prodotto si intreccia con quello dei servizi, l’applicazione del machine learning al customer service consente di anticipare guasti, ridurre i tempi di inattività e migliorare la pianificazione degli interventi. Grazie a una sensoristica avanzata e a piattaforme evolute di controllo è possibile azionare un ecosistema di digital twin a livello di prodotti, componenti, impianti e persino processi e servizi di pre e post vendita. Questi ambienti virtuali, equivalenti digitali dell’omologo fisico, consentono di attivare simulazioni a capacità infinita, offrendo agli operatori modalità di supporto predittivo rilevanti e pertinenti. Dall’ottimizzazione delle scorte alla configurazione dei ricambi, ogni punto di contatto tra sistemi di monitoraggio e addetti all’assistenza diventa così un nodo intelligente. È qui che si attiva una nuova capacità: interpretare il contesto in tempo reale per rispondere in modo mirato, prima ancora che l’interruzione si verifichi.

«Nel mondo della produzione la convergenza tra mondo fisico e mondo digitale è già realtà – fa notare Dindo -. Le aziende più evolute stanno costruendo veri e propri ambienti in cui digital twin e modelli predittivi lavorano insieme: raccolgono i dati dai macchinari, simulano scenari operativi e consentono di anticipare criticità ben prima che si trasformino in un fermo impianto. Questo approccio consente non solo di intervenire prima che il problema si manifesti ma anche di pianificare i tempi di intervento e le risorse necessarie. In più, integrare questi insight con la supply chain, in un’ottica di Product Lifecycle Management permette di sapere in anticipo se un componente critico sta andando incontro a usura, se è disponibile in magazzino o non c’è e va riordinato in un tempo utile. Significa trasformare il customer service in un hub decisionale, che collega manutenzione, Operations e logistica in un unico flusso sincronizzato e coordinato. IN questo scenario, l’analisi predittiva alimenta anche R&D, produzione e qualità, perché simulazioni e insight generati nei digital twin orientano la progettazione dei prodotti, la pianificazione dei cicli produttivi e il controllo qualità».

Machine learning e customer service: dalla logica a consuntivo alle risposte contestuali

Il valore di un Customer Service augmented, ovvero potenziato dall’AI, sta nella capacità della tecnologia di scansionare tutto lo storico informativo, ricostruire il contesto situazionale. In questo modo l’operatore riesce non solo a rispondere velocemente ma anche a personalizzare l’intervento in funzione del problema specifico. Dal punto di vista tecnico, il machine learning nel customer service consente di analizzare grandi volumi di dati, strutturati e non, provenienti da fonti eterogenee: ticket di assistenza, log di sistema, sensori IoT, feedback utente, cronologia interventi, interazioni multicanale. I modelli, addestrati su questi dataset, sono in grado di rilevare pattern ricorrenti, stimare probabilità di guasto o disservizio, classificare in tempo reale le richieste, generare raccomandazioni o attivare azioni automatiche coerenti con il contesto rilevato.

«La tecnologia aumenta la qualità del supporto aggiungendo un livello di predittività strategico – precisa Dindo -. In questo modo il ruolo dell’operatore cambia radicalmente: non si limita più a reagire a un problema già manifestato, ma può pianificare interventi e manutenzioni prima che il guasto si verifichi, sulla base di insight predittivi e simulazioni digitali. L’AI potenzia le sue capacità decisionali, dandogli tutte le informazioni utili a capire quando, dove e come intervenire, in base alla singola macchina, alla sua storia d’uso e alla disponibilità effettiva delle risorse. L’AI lavora in sinergia con l’intelligenza delle persone e con una governance chiara dei dati. Chi chiama il Customer Service non percepisce un rapporto impersonale con una macchina, ma la competenza di professionisti che usano l’AI per lavorare meglio, più velocemente e in modo affidabile».

Oltre la reattività: verso un’infrastruttura intelligente e coordinata

Il customer service potenziato dall’intelligenza artificiale in tutte le sue forme, non si limita a migliorare la qualità operativa. Cambia il modo stesso in cui le aziende manifatturiere si prendono cura dei propri asset, dei propri prodotti e dei propri clienti. In questo modo, il servizio assistenza evolve in un’infrastruttura capace non solo di reagire ai problemi, ma di prevederli e – in molti casi – di prevenirli, attivando strategie di intervento anticipato basate su modelli predittivi.

«Un progetto di customer service augmented è molto sfidante – prosegue Dindo -: bisogna aiutare le aziende a costruire un’infrastruttura coerente, dove i dati siano accessibili a chi ne ha davvero bisogno, ovvero chi progetta, chi produce, chi fa assistenza. Il machine learning è abilitante ma senza una governance chiara del dato, senza sapere dove stanno le informazioni e chi deve usarle, diventa inefficace. Il customer service deve essere messo in condizione di ricevere input precisi, rilevanti, verificati. Solo così può diventare un vero nodo decisionale, capace di orchestrare non solo le risposte ai clienti, ma anche le azioni delle altre funzioni aziendali».

Dal centro di costo all’hub strategico della servitizzazione intelligente

Nell’era della servitizzazione intelligente, il prodotto fisico è sempre più accompagnato da una componente digitale e relazionale. Per questo il servizio post-vendita diventa parte integrante della customer experience, di una differenziazione competitiva che trasforma la soddisfazione in fidelizzazione.

«Quando accompagniamo un’azienda su progetti di machine learning per il customer service partiamo sempre da una fotografia dell’as-is a livello di persone, processi, piattaforme – aggiunge Dindo -. Capita spesso che quello che l’organizzazione immagina non coincida con quello che succede davvero sul campo. C’è una discontinuità tra ciò che si crede di sapere e ciò che realmente accade nei flussi operativi. Per questo è fondamentale capire dove nascono i dati, come si muovono e chi li usa davvero: senza una governance chiara dell’informazione – dati raccolti in modo uniforme e condivisi tra chi progetta, produce e fa assistenza – non si addestra nessun modello in modo affidabile».

Machine learning e customer service: il metodo Var Group tra discovery, sperimentazione e iterazione

Integrare il machine learning nel customer service non è mai una semplice implementazione tecnologica. È il risultato di un processo di analisi e di progettazione su misura. Il percorso di trasformazione richiede un approccio ingegneristico, iterativo e misurabile. È qui che entra in gioco il framework metodologico messo a punto da Var Group per accompagnare le aziende dalla fase esplorativa alla messa in produzione.

«Lavoriamo per step: si inizia con la fase di Discovery, per comprendere come nascono i dati, come vengono usati e da chi – puntualizza il manager -. Poi attiviamo gli AI Lab per testare velocemente se la tecnologia è adatta al problema, con quali KPI e in che misura può migliorare i processi. Solo dopo si passa alla produzione vera e propria. Non è una scienza certa: si prova, si sbaglia, si ritarano dati e flussi. In più di un progetto ci siamo dovuti fermare per sistemare manuali, raccogliere in modo più coerente le informazioni o addirittura registrare e analizzare le conversazioni tra gli esperti tecnici. Perché è lì che spesso si nascondono pattern comportamentali preziosi che i dati strutturati non raccontano. Ma è proprio questo lavoro a monte che consente all’AI di funzionare davvero. Portare questi saperi nel modello non è banale, ma è essenziale: perché l’AI possa restituire insight rilevanti, deve essere addestrata con dati coerenti, ben contestualizzati e aggiornati».

L’orchestrazione dell’intelligenza agentica: una nuova regia per il service

Nel nuovo scenario della customer experience potenziata dall’AI, l’intelligenza agentica rappresenta un altro driver evolutivo he richiede un livello superiore di coordinamento e visione sistemica.

«Lavoriamo molto sul concetto di orchestrazione delle AI agentiche – conclude Mozzato Dindo -. Costruiamo architetture in cui un agente principale agisce come orchestratore, coordinando altri agenti specializzati che risolvono task specifici: dall’analisi dei log al suggerimento di configurazioni ottimali, fino alla pianificazione automatica degli interventi. In questo modo, creiamo un flusso continuo in cui l’output di un agente diventa l’input di quello successivo. Ma tutto questo ha senso solo se si parte da una visione sistemica: bisogna prima mettere a posto i processi, digitalizzare le informazioni in modo coerente, mappare con precisione cosa accade realmente sul campo. In molti casi, il nostro primo consiglio al cliente è proprio quello di dimenticarsi per un attimo dell’AI, e concentrarsi su come strutturare meglio il processo».

Tutto questo si traduce in una riduzione concreta dei costi operativi, un incremento della disponibilità e della durata di prodotti e impianti e una gestione più fluida e pianificabile delle risorse tecniche.

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