Decarbonizzazione

Twin transition: il ruolo abilitante del digitale per la decarbonizzazione e i freni che ostacolano i progressi

Il Digitalization & Decarbonization Report 2023 del Politecnico di Milano analizza lo stato della “transizione gemella” – quella digitale e quella green – all’interno dell’UE. Fondamentale il contribuito delle tecnologie digitali per la decarbonizzazione di diversi settori, a fronte di alcuni importanti limiti da superare, soprattutto per quanto riguarda la capacità di sfruttare le energie rinnovabili.

Pubblicato il 24 Gen 2024

green_AI-800×445.jpg


Per raggiungere l’ambizioso traguardo della neutralità climatica entro il 2050, la Comunità Europea ha avviato una transizione gemella “digitale-green” tramite lo sviluppo di specifiche strutture di policy e di governance.

La digitalizzazione infatti è considerata un elemento cardine per la transizione verde, poiché permette di monitorare e massimizzare le politiche ambientali.

Tuttavia è importante notare che essa ha anche un impatto significativo sulle emissioni e richiede piani mirati per raggiungere la completa neutralità climatica delle relative infrastrutture, come i data center e le reti di telecomunicazione.

Questo include la promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia e l’aumento dell’efficienza energetica.

In questa prospettiva si colloca il Percorso verso il Decennio Digitale, un robusto quadro di governance lanciato dalla Commissione Europea a settembre per raggiungere obiettivi digitali al 2030 riguardanti competenze, trasformazione digitale delle imprese, infrastrutture digitali e digitalizzazione dei servizi pubblici.

L’Italia ha compiuto progressi significativi soprattutto in termini di infrastrutture e trasformazione dei business, superando la media UE in alcuni indicatori chiave come la copertura della rete 5G, l’intensità digitale tra le PMI e lo sviluppo del cloud.

Tuttavia, risulta al di sotto della media UE per quanto riguarda le competenze digitali della popolazione e la digitalizzazione dei servizi pubblici. Queste tematiche sono al centro del Digitalization & Decarbonization Report 2023, alla sua prima edizione, redatto dal gruppo Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano.

Decarbonizzazione, il ruolo del digitale e il contributo del PNRR

Dal punto di vista della decarbonizzazione, le tecnologie digitali possono garantire non solo un monitoraggio adeguato dei parametri operativi dei processi aziendali ed energetici, ma anche una maggiore automazione ed efficienza nell’utilizzo delle risorse.

Un livello più elevato di digitalizzazione nei processi aziendali potrebbe inoltre supportare la verifica delle emissioni di gas serra e la creazione di passaporti digitali dei prodotti, migliorando la tracciabilità di materiali e componenti e abilitando modelli di economia circolare.

In questo sforzo, il PNRR rappresenta una delle principali leve per finanziare lo sviluppo digitale in vari settori cruciali del Paese, grazie a  stanziamenti complessivi di circa 34 miliardi di euro, già assegnati per oltre il 53%.

“Alcuni esempi di investimento sono la cybersecurity, la migrazione al cloud, il potenziamento della PA e lo sviluppo di reti ultraveloci, mentre nel settore energy, che ha visto assegnati ben 4,5 miliardi di euro su 5, riguardano in particolare lo sviluppo delle smart grid, la realizzazione di sistemi di monitoraggio e la digitalizzazione delle reti di distribuzione dell’acqua, il rafforzamento delle infrastrutture elettriche”, spiega Federico Frattini, vicedirettore di E&S e responsabile dello studio.

“Gli investimenti sul digitale, soprattutto nel settore energy, mostrano dei risultati incoraggianti e le assegnazioni dei bandi conclusi o in corso segnalano un notevole fermento e un’opportunità importante per cambiare il volto tecnologico dell’Italia”, aggiunge.

È importante sottolineare la forte crescita delle installazioni e dell’uso dei data center, fondamentali per la transizione digitale, che tuttavia non ha comportato un aumento proporzionale dei consumi e delle emissioni: secondo i dati dell’IEA, il carico di lavoro globale associato è aumentato del 340% nel 2022 rispetto al 2015, mentre i consumi sono cresciuti solo del 20%-70%, sia per l’aumento dell’efficienza dei componenti IT che per una gestione efficace dell’energia di tutte le infrastrutture presenti all’interno del data center, a partire dai sistemi di raffreddamento.

Nei settori della produzione di energia, della gestione degli edifici e dei trasporti ci sono ampi margini di miglioramento, sia dal punto di vista normativo che dell’integrazione delle tecnologie digitali nel sistema.

Si evidenzia infatti una generale inadeguatezza delle normative attuali, che ostacola lo sviluppo e l’implementazione delle tecnologie.

Al contrario, pratiche come lo smart working e la dematerializzazione dei documenti possono contribuire concretamente alla riduzione dell’impatto emissivo delle aziende in diversi settori.

Produzione di energia, digitalizzazione degli edifici e trasporti smart

La decarbonizzazione della produzione energetica è certamente una delle priorità a cui possono contribuire soluzioni digitali come le smart grid, il monitoraggio da remoto e l’integrazione di strumenti di manutenzione predittiva degli impianti.

Le emissioni nel 2021 hanno mostrato un trend in calo del 37% rispetto al 1990, passando da 137,6 a 86,4 MtCO2: rispetto al picco registrato nel 2006, le emissioni sono diminuite del 47%, principalmente grazie all’aumento della produzione da fonti rinnovabili, le cui installazioni hanno raggiunto nel 2022 i 63,6 GW.

Tuttavia, gli operatori del settore evidenziano una bassa adeguatezza normativa. Il settore degli edifici è molto complesso da decarbonizzare, poiché alla predisposizione digitale ex novo degli stabili in costruzione vanno affiancati interventi profondi ed estesi su un parco edilizio particolarmente vetusto.

Le emissioni degli edifici in Italia, infatti, anziché diminuire sono in aumento: +9% nel 2021 rispetto al 1990, da 69,19 a 75,5 MtCO2, per il 67% a causa del settore residenziale e per il 33% del terziario.

Tuttavia, rispetto al picco del 2010 c’è stato un calo del 14,3% grazie all’aumentata efficienza energetica degli edifici.

Il contesto emissivo per il settore degli edifici in Italia (Fonte: EEA).
I trasporti rappresentano, per il loro alto potenziale di decarbonizzazione, uno dei settori in più rapida evoluzione di tutte le tecnologie considerate, suscitando grande interesse tra gli operatori.

Tuttavia, è necessario sviluppare normative specifiche per integrare al meglio queste tecnologie e ridurre rapidamente le emissioni di un settore che fatica a fare progressi significativi: dal 1990 al 2021 i gas serra derivati dai trasporti (per il 60% dovuti a veicoli privati) sono aumentati dell’1%, da 102,2 a 103,3 MtCO2 (nonostante rispetto al picco del 2004 ci sia stato un calo del 20,5%).

L’integrazione nel sistema di alcune tecnologie come la guida autonoma o l’ottimizzazione delle rotte richiederà sforzi particolari sia da parte dell’industria che dei decisori politici, ma non possono essere ignorate.

Lo smart working può contribuire a evitare, per ogni lavoratore, una percorrenza fino a 42,6 km giornalieri e l’emissione di circa 7,2 kgCO2, nonostante questo possa portare a un aumento energetico nel comparto residenziale fino anche al 30%.

Il contesto emissivo per il settore dei trasporti in Italia (Fonte: EEA).

Digitale nelle aziende: numerose le iniziative ma scarsa la rendicontazione dei benefici ambientali

L’analisi dei bilanci di sostenibilità delle aziende dell’indice MIB ESG evidenzia la pervasività della leva digitale in tutti i settori considerati e in tutti i processi aziendali, dalle operations alla gestione delle risorse umane (dove è efficiente sia la raccolta e l’uso delle informazioni che il monitoraggio delle performance).

Tuttavia, lo studio sottolinea che nel 2022 la rendicontazione degli impatti in termini di carbon footprint risulta molto limitata, anche a causa della difficoltà a quantificare adeguatamente i benefici: su un totale di 731 iniziative mappate, infatti, si registra un tasso di quantificazione dei risultati conseguiti pari solo al 4,2%.

In concreto, però, l’intensità emissiva complessiva è stata ridotta del 13,8% rispetto al 2021, dato ancor più rilevante se si considera che è stato ottenuto con un aumento del fatturato del 27,3%.

Le rendicontazioni risultano frammentate, poiché quelle analizzate fanno riferimento allo standard GRI ma con importanti divergenze legate alla denominazione e alla struttura della documentazione prodotta: la maggior parte realizza un documento dedicato alle performance di sostenibilità, mentre il 25% le include in documenti nati con altre finalità, spesso di natura finanziaria.

L’entrata in vigore della Corporate Sustainability Reporting Directive, che porta il totale delle imprese chiamate a rendicontare le performance non finanziarie in UE a circa 50.000 rispetto alle attuali 11.600, potrà rappresentare un punto di svolta con l’introduzione dei formati unici digitali.

Nel 2022 le aziende con almeno una iniziativa di digitalizzazione riportata nel bilancio di sostenibilità superano il 75% in tutti gli ambiti analizzati tranne la logistica (45%), in particolare nelle risorse umane e nelle operations.

Nel primo caso, il digitale viene adottato nella formazione del personale (57%), nello smart working e in altri strumenti di lavoro ibrido (14%) e nell’automazione di attività ripetitive (13%); nel secondo, viene visto come una leva competitiva per aumentare l’efficienza, dunque per ottimizzare i processi produttivi (44%), ma anche per intervenire sugli asset aziendali e sulle reti distributive (35%) e per la manutenzione predittiva (7%).

Due ambiti di particolare interesse: le «Operations» e l’«Human Resources».

Data center in forte ascesa, ma i consumi energetici e le emissioni crescono in maniera più contenuta

Nonostante la forte crescita delle installazioni e dell’uso dei data center in Italia, consumi ed emissioni sono inferiori alle attese: secondo i dati dell’IEA, infatti, il workload globale associato è aumentato del 340% nel 2022 rispetto al 2015, mentre i consumi sono cresciuti solo tra il 20% e il 70%, sia per l’aumento dell’efficienza dei componenti IT che per una gestione efficace dell’energia di tutte le infrastrutture presenti all’interno del data center, a partire dai sistemi di raffreddamento.

Inoltre, sebbene il consumo energetico associato ai data center costituisca nel 2022 l’1% del totale, le emissioni di CO2 derivanti sono solo lo 0,5%, testimoniando le tendenze degli operatori di dotarsi di un mix energetico meno carbon intensive.

Workload, consumi ed emissioni associati ai data center a livello globale.
Tuttavia, per realizzare gli obiettivi legati alla transizione gemella è necessario raggiungere la piena decarbonizzazione di queste infrastrutture.

Le opzioni sono numerose e classificabili lungo quattro ambiti: approvvigionamento di energia elettrica rinnovabile, decarbonizzazione della generazione di backup, iniziative a supporto della rete e ottimizzazione dei sistemi di raffreddamento.

In particolare, si osserva come l’adozione del free cooling, in combinazione con l’aumento delle temperature all’interno delle sale server, sia oramai diventato uno standard tra gli operatori grazie anche a tempi di ritorno dell’investimento estremamente bassi.

Il riutilizzo del calore di scarto invece, soprattutto nel contesto italiano, è limitato dalla ridotta diffusione delle reti di teleriscaldamento.

L’approvvigionamento di energia da fonti rinnovabili rimane di estremo interesse per gli operatori, ma, viste le difficoltà di installare rinnovabili in loco, al momento vengono utilizzati maggiormente strumenti quali le garanzie di origine e i contratti PPA per compensare le emissioni a livello annuale.

Solo gli operatori più avanzati hanno come obiettivo la compensazione su base oraria dei consumi, tramite l’adozione di una strategia carbon free 24/7.

I data center presentano poi un ottimo potenziale, attualmente poco sfruttato, nell’adeguare la propria richiesta di energia alla disponibilità di quella rinnovabile e nel fornire supporto alla rete in casi di instabilità.

Come già riscontrato nelle rinnovabili, anche per i data center mancano percorsi ad hoc per velocizzare le procedure di autorizzazione, chiesto dagli operatori insieme all’introduzione di un codice ATECO specifico.

Quanto all’allacciamento alla rete elettrica, l’analisi di città europee come Amsterdam, Dublino e Londra mostra come questa sia troppo satura per permettere a nuovi data center di connettersi, mentre in Italia non ci sono sostanziali criticità: fino a maggio 2023 sono state ricevute circa 4,2 GW di richieste di connessione per installare data center soprattutto al Nord.

Distribuzione delle richieste di connessione dei data center alla rete elettrica a livello nazionale (Fonte: Terna).

Valuta la qualità di questo articolo

C
Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 2