Digitalizzazione e società: ecco il lavoro che serve

Il libro presentato ieri a Milano: le autrici Magone e Mazali hanno intervistato 131 persone in 11 regioni italiane, per un totale di novantanove ore

Pubblicato il 10 Nov 2018

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Come cambia il lavoro nell’industria 4.0 e quali sono le sfide sociali che la digitalizzazione delle imprese porta con sé? A fotografare la situazione Annalisa Magone e Tatiana Mazali nel loro nuovo libro Il lavoro che serve – Persone nell’industria 4.0, edito da Guerini e associati. Al volume è stato dedicato un incontro organizzato alla sede di Nctm studio legale a Milano.

Nctm insieme a Lee Hecht Harrison Italia ha sostenuto la ricerca che ha costituito la base del libro, che è stata realizzata dal centro Torino Nord Ovest, guidato proprio dalla presidente Magone, in collaborazione con il Politecnico di Torino. Alla ricognizione dei casi d’impresa trattati ha collaborato la Fim Cisl Nazionale.

Il libro di Magone e Mazali

Per scrivere il libro sono state intervistate 131 persone in 11 regioni italiane, per un totale di novantanove ore, percorrendo in lungo e in largo il paese in 26.000 chilometri di viaggi. Ne è emerso un orizzonte variegato e ancora incerto esposto ad aggiustamenti e interpretazioni, anche contraddittorie.

Il volume è organizzato in cinque capitoli. Il capitolo Persone è il disegno di dieci fabbriche raccontate attraverso le persone che vi lavorano. La via italiana è un breve capitolo che inquadra il lavoro di ricerca illustrando le scelte e le ipotesi che sorreggono la rilevazione sul campo. Il capitolo Grammatica del digitale entra nel vivo dell’analisi, guardando all’industria 4.0 da una prospettiva al momento rara nelle ricerche in questo settore: la cultura digitale e dei media di comunicazione come strumenti chiave dell’organizzazione nelle fabbriche che si fanno intelligenti. Il capitolo Grammatica del lavoro considera il modo in cui cambiano la composizione del lavoro, i suoi contenuti, le gerarchie, le aspettative di imprese e lavoratori. Da ultimo il capitolo Voci, un’opera collettanea che raccoglie punti di vista di operatori settoriali (esperti di formazione, giuslavoristi, esperti di innovazione in Francia e in Cina) che aiutano a leggere questa realtà, tutta italiana.

L’analisi: per Bentivogli il futuro è il decentramento

All’evento di presentazione hanno partecipato Marco Bentivogli di FIM Cisl, Massimo Bottelli di Assolombarda, Josef Nierling di Porsche Consulting, Guido Saracco del Politecnico di Torino, Daniele Vaccarino di CNA e Rete Imprese Italia, oltre a Paolo Citterio di Gidp/Hrda, Michele Bignami di Nctm Studio Legale, Giovanni Pedone di Lee Hecht Harrison e l’autrice Annalisa Magone che ha moderato l’incontro.

Marco Bentivogli, Segretario Generale Fim Cisl, ha dichiarato: “Ci saranno due grandi fasi della contrattazione per industria 4.0. Nella prima dovremo gestire la trasformazione; qui il sindacato svolgerà un ruolo di accompagnamento della transizione, dovrà saper parlare in modo nuovo non solo di disoccupazione tecnologica, ma anche di organizzazione del lavoro, formazione, orari, inquadramento, uso della tecnologia per la conciliazione vita-lavoro. Nella seconda fase, la parola d’ordine sarà decentramento: il contratto nazionale fornirà una cornice di garanzia ma la contrattazione utile sarà quella di prossimità, in azienda e nella rete. A questo punto, il lavoratore non potrà essere semplicemente coinvolto, dovrà partecipare alle strategie, essere ascoltato: se il lavoratore è sempre meno un numero, allora dovrà avere un peso. La FIM è stato il primo sindacato italiano a scommettere sull’industria 4.0 nel 2014. Questo progetto di ricerca, entrando nel merito del lavoro che serve all’impresa, prova a dare l’immagine di un cambiamento che ormai nessuno mette più in discussione”.

Michele Bignami, Partner Nctm Studio Legale, Responsabile del Dipartimento di Diritto del Lavoro e delle Relazioni Industriali ha dichiarato: “La digitalizzazione delle imprese è un processo iniziato tempo fa e che deve ancora produrre i suoi effetti dirompenti. Richiede, innanzi tutto, una rivoluzione culturale degli operatori del mercato del lavoro; imprese, manager, lavoratori e sindacati. Lo studio di Magone e Mazali, al quale siamo orgogliosi di avere contribuito con alcune considerazioni relative all’impianto normativo in cui si sta sviluppando, evidenzia alcune verità non evidenti. Innanzi tutto, che Industria 4.0 non è solo o non è tanto l’introduzione di sistemi intelligenti e supersofisticati che sostituiranno a breve l’uomo ma è uno strumento che consente al lavoratore di svolgere un nuovo ruolo nell’organizzazione del lavoro: a patto che egli sia disposto ad apprendere nuove tecniche e saperi e ad aggiornarli di continuo. Da altra prospettiva, esso smentisce che la digitalizzazione sia appannaggio delle sole grandi industrie ma attesta che essa è anche un fattore di mantenimento della competitività della piccola e media impresa, che costituisce il tessuto produttivo del nostro paese”.

Giovanni Pedone Lauriel, Country Manager, Lee Hecht Harrison ha dichiarato: “Le nuove tecnologie stanno cambiando il mondo e chi lavora è chiamato ad adattarsi velocemente a queste rapide trasformazioni. LHH ha scelto di promuovere questa interessante ricerca per continuare ad indagare gli impatti delle trasformazioni in atto e per evincere i migliori contenuti formativi utili ad accrescere ancor di più l’impiegabilità delle persone di cui si occupa”.

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Nicoletta Pisanu

Giornalista, collabora da anni con testate nazionali e locali. Laureata in Linguaggi dei Media e in Scienze sociali applicate all'Università Cattolica di Milano, è specializzata in cronaca.

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