I lavoratori italiani temono robot e intelligenza artificiale: i numeri della paura nel Rapporto Censis-Eudaimon

Secondo il rapporto Censis-Eudaimon un operaio su due si sente minacciato da robot e intelligenza artificiale. La maggior parte dei lavoratori pensa che in futuro avrà meno soldi e minori tutele. Al contrario, le aziende confidano nell’aiuto della tecnologia per migliorare produttività, efficienza e competitività. E chi lavora nei settori tecnologici guadagna il doppio degli altri.

Pubblicato il 06 Feb 2020

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L’avvento delle nuove tecnologie e della digitalizzazione sarà foriero di stipendi più bassi, meno tutele, minore qualità della vita in azienda e, ciliegina sulla torta, del rischio di perdere il posto di lavoro. È l’amara conclusione a cui si giunge leggendo il terzo Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale. Che rileva inoltre come “la tecno-paura dei lavoratori si contrappone al tecno-entusiasmo delle aziende, i cui vertici sono in larghissima maggioranza convinti che la incombente rivoluzione tecnologica finirà per migliorare la qualità della vita e del lavoro per tutti”.

I numeri della paura

Il 42% dei lavoratori italiani ha paura di perdere il posto a causa dell’innovazione tecnologica. Una cifra che sale al 48,8% – quasi uno su due – se si considerano solo gli operai. E più si scende nella piramide aziendale, più crescono le paure che, secondo l’analisi, “sono fortemente correlate al tipo di lavoro svolto e al ruolo ricoperto in azienda, con gli operai molto più convinti che avranno un peggioramento della qualità del proprio lavoro e addirittura uno su due che sente a rischio il proprio posto di lavoro”. Sono dati, questi, in profonda contrapposizione con quanto era emerso a fine 2018 da un’indagine della Doxa, che aveva mostrato che la paura di robot e intelligenza artificiale, oltre a essere minore nelle aziende che utilizzano queste tecnologie, era minore tra gli operai rispetto ai quadri.

Ben l’85% dei lavoratori esprime una qualche paura o preoccupazione per l’impatto atteso della rivoluzione tecnologica e digitale (il dato supera l’89% tra gli operai). Per il 50% si imporranno ritmi di lavoro più intensi, per il 43% si dilateranno gli orari di lavoro, per il 33% (il 43% tra gli operai) si lavorerà peggio di oggi, per il 28% (il 33% tra gli operai) la sicurezza non migliorerà.

E poi ci sono i salari: per il 58,3% dei lavoratori italiani in futuro si guadagnerà meno di ora e il 50,1% pensa che in futuro si avranno meno tutele, garanzie e protezioni.

I timori principali: salari più bassi e meno tutele

Il 70% dei lavoratori (il 74% degli operai) teme la riduzione di redditi e tutele sociali. Per il 58% (il 63% tra gli operai) in futuro si guadagnerà meno di oggi. E per il 50% si avranno minori tutele, garanzie e protezioni. In questo caso le percentuali restano elevate tra dirigenti e quadri (54%), operai (52%) e impiegati (49%).

Forte è anche il timore di nuovi conflitti in azienda: per il 52% dei lavoratori (il 58% degli operai) sarà più difficile trovare obiettivi comuni tra imprenditori, manager e lavoratori.

Il tecnoentusiasmo delle aziende

Alle tecnopaure dei dipendenti fanno da contraltare le tecnosperanze delle imprese. Per l’86,1% delle 165 aziende interpellate l’impatto di nuove tecnologie, digitale, intelligenza artificiale nel prossimo futuro sarà molto o abbastanza elevato ed è l’88,5% a valutarlo come molto positivo.

Cambiamento tecnologico, digitale e intelligenza artificiale per il 97,6% delle aziende porteranno un plus di produttività, efficienza e competitività grazie all’arrivo delle nuove tecnologie.

Per il 97% delle aziende ci sarà anche un miglioramento delle condizioni di lavoro e della qualità della vita in azienda, per l’85,5% si lavorerà in smart-working, per l’88,5% migliorerà la fruizione dei servizi e delle prestazioni di welfare aziendale, per l’83% migliorerà la comunicazione, ci sarà più scambio di informazioni all’interno dell’azienda, per il 77,6% non ci sarà una sostituzione di lavoratori in molte mansioni, né una perdita di posti di lavoro.

Nelle aziende hi-tech si guadagna di più

Il rapporto evidenzia anche un altro dato: i salari sono sempre più “tecno-polarizzati”: fatto 100 lo stipendio medio italiano, nei settori tecnologici il valore sale a 184,1, mentre negli altri comparti scende a 93,5.

Le aziende inoltre, come rilevato dal recente rapporto Excelsior, ricercano sempre più profili ad elevata competenza tecnica e specializzazione, ossia quelli che richiedono il possesso di competenze in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico, matematico: profili che faticano a reperire sul mercato. Le previsioni di fabbisogno delle imprese nel periodo 2019-2023 mostrano infatti che, su un fabbisogno occupazionale complessivo di 2,9 milioni di lavoratori, il 47,7% (pari a 1,4 milioni di unità) riguarderà le professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione, professioni tecniche, operai specializzati.

L’importanza del welfare aziendale

Il rapporto, che è dedicato al welfare aziendale, si sofferma naturalmente anche su questo aspetto, sottolineando come per due lavoratori su tre che già ne beneficiano (il 66%) il welfare aziendale sta migliorando la loro qualità della vita. Le percentuali sono elevate tra dirigenti e quadri (89%), lavoratori intermedi (60%), operai (79%).

Guardando al futuro, il 54% dei lavoratori è convinto che gli strumenti di welfare aziendale potranno migliorare il benessere in azienda. E in vista dell’arrivo di robot e intelligenza artificiale, il welfare aziendale viene annoverato tra le cose positive che si possono ottenere in un futuro immaginato con meno lavoro, meno reddito e minori tutele.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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