Beni strumentali, Federmacchine prevede un calo del fatturato del 27% nel 2020

Federmacchine stima che nel 2020 l’industria italiana dei costruttori di beni strumentali rischia di veder scendere il suo fatturato del 27% rispetto allo scorso anno. “Se andiamo avanti così il 2020 sarà davvero, anche in termini economici, l’annus horribilis”, dichiara il presidente Giuseppe Lesce.

Pubblicato il 22 Apr 2020

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Il Gruppo Statistiche di Federmacchine, la Federazione che rappresenta i costruttori italiani di beni strumentali, ha stimato che nel 2020 l’industria italiana del machinery rischia di veder scendere il suo fatturato del 27% rispetto allo scorso anno.

“Se andiamo avanti così il 2020 sarà davvero, anche in termini economici, l’annus horribilis”, dichiara Giuseppe Lesce, Presidente di Fedemacchine.

I dati

La crisi economica connessa all’emergenza Covid-19 ha colpito in particolare modo il comparto dei costruttori di macchine utensili, robot e automazione, per i quali si stima una perdita di fatturato ancora maggiore nell’anno in corso: -36%. Un dato causato anche dal coinvolgimento delle aziende appartenenti a questo settore nel lockdown deciso dal Governo per le attività produttive non essenziali. Come rilevato da Ucimu – Sistemi per produrre, infatti, nel primo trimestre del 2020 gli ordini di macchinari sono calati dell’11% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

“Mentre nei primi due mesi dell’anno si registravano gli stessi ritmi sugli ordini del 2019, nell’ultimo mese si è bloccato tutto, quindi alla fine di marzo gli ordini si sono portati a meno della metà di quelli ricevuti nello stesso periodo dell’anno scorso”, ricorda nell’intervista di Innovation Post (disponibile quiAlfredo Mariotti, Segretario Generale di Federmacchine e Direttore Generale di Ucimu. “Il rischio legato al contagio nel nostro settore è basso. Non siamo ancora riusciti a comprendere perché un settore come il nostro (quello dei costruttori di macchine utensili, ndr), che è inserito nelle filiere dei settori anche essenziali, non sia stato poi catalogato tra quelli che potevano ricominciare a lavorare”.

Prospettive migliori, seppur sempre negative, per i costruttori di macchine per il packaging, il confezionamento e l’imballaggio che, in quanto inseriti nella filiera essenziale dell’alimentare, non si sono praticamente mai fermati. Per loro si stima un calo di fatturato del 15% nel 2020.

“Quelle fabbriche, nel pieno rispetto della regolamentazione per la sicurezza, hanno lavorato; certo la domanda è stata evidentemente rallentata ma il lockdown del manifatturiero, come evidenzia il dato delle macchine utensili, pesa più del doppio sulla riduzione del fatturato”, continua Lesce.

Lesce (Federmacchine): “Ripartire in sicurezza e subito”

Il Presidente di Federmacchine chiede che si autorizzi “la ripartenza del manifatturiero, a salvaguardia non solo del singolo settore ma delle filiere”, ponendo una domanda: “davvero le autorità di Governo pensano che, tenendo chiuse le aziende per due mesi e soltanto con qualche garanzia finanziaria in più, potremo reggere e rimanere competitivi sul mercato internazionale dove competiamo con sistemi produttivi che non si sono mai fermati, come quello tedesco?”.

Ripartire in sicurezza e subito. È questo l’appello rivolto a Confindustria e al Governo da Lesce, rappresentante di una Federazione che rappresenta oltre 5.100 aziende sul territorio nazionale, per un fatturato di 50 miliardi di euro (proveniente per il 70% dall’export) e un’occupazione di quasi 200.000 addetti.

“Molte nostre aziende sono in difficoltà, i competitor internazionali ci stanno sottraendo, ora dopo ora, quote di mercato e l’occupazione è a rischio”, spiega Lesce. “La politica non ci infligga il colpo di grazia continuando con questo atteggiamento attendista senza prendere decisioni. Le parti sociali hanno sottoscritto già da metà marzo un protocollo sui sistemi che mettono in sicurezza i luoghi di lavoro. Bene, applichiamoli a tutte le imprese, non si perda altro tempo”.

Il blocco delle attività produttive infatti rischia di avvantaggiare le aziende estere dello stesso settore, in grado di rispondere alle richieste dei clienti, a differenza delle imprese italiane coinvolte nel lockdown. “A complicare le cose è poi il fatto che molti Paesi, in primis la Germania, principale concorrente dei settori che rappresento, stanno continuando o hanno già ripreso l’attività produttiva”, continua Lesce. “Questo significa per noi una oggettiva erosione di quote di mercato faticosamente costruite nel tempo. E in un sistema come il nostro, fatto da una miriade di piccole e medie imprese profondamente connesse tra loro, è un terribile pericolo la chiusura di aziende del bene strumentale poiché esse hanno un ruolo centrale e strategico per tutto il sistema industriale del Paese, detenendo il know-how tecnologico di gran parte dei settori industriali del Made in Italy, know how che poi viene distribuito a tutta la filiera”.

La riapertura in sicurezza non sarebbe un problema per i costruttori di beni strumentali. “Siamo pronti ad assicurare la completa sicurezza dei lavoratori nel pieno rispetto delle norme sanitarie e dei protocolli di prevenzione ormai universalmente riconosciuti”, conclude Lesce. “Chi è in grado di assicurare gli standard di sicurezza richiesti, deve essere autorizzato a ripartire subito”.

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Francesco Bruno

Giornalista professionista, laureato in Lettere all'Università Cattolica di Milano, dove ha completato gli studi con un master in giornalismo. Appassionato di sport e tecnologia, compie i primi passi presso AdnKronos e Mediaset. Oggi collabora con Dazn e Innovation Post.

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