Uguaglianza di genere, colmare il gender pay gap conviene all’economia

Per colmare il gender pay gap e raggiungere lo stesso tasso di occupazione tra uomini e donne dovrebbero essere impiegate 432,9 milioni di donne in più. Il risultato sarebbe un impatto economico fino al 14% del PIL del G20 più la Spagna: ben 11.200 miliardi di dollari. Nella classifica realizzata in base al Women’s Empowerment Progress Index, l’Italia si posiziona al quinto posto.

Pubblicato il 02 Set 2022

donne al lavoro


La disparità di genere è peggiorata a causa della pandemia e della guerra tra Russia e Ucraina: l’aumento del lavoro domestico non retribuito ha portato un numero di donne quattro volte superiore a quello degli uomini ad abbandonare la forza lavoro e una donna su due ha riferito di aver subito una forma di violenza (o di conoscere qualcuna che ne è stata vittima) dopo la pandemia. Si impone quindi un intervento che, sottolinea il nuovo Osservatorio permanente sull’empowerment femminile presentato da The European House – Ambrosetti, avrebbe anche un impatto favorevole per l’economia: colmare il gender pay gap e raggiungere lo stesso tasso di occupazione tra uomini e donne potrebbe infatti generare un impatto economico fino al 14% del PIL del G20 più la Spagna: ben 11.200 miliardi di dollari.

L’osservatorio, realizzato in partnership con A2A, ABB, British American Tobacco (BAT), Invesco, Gruppo Mondadori, Oracle e Gruppo Pictet e con il contributo delle Special Advisor Arancha González Laya (Rettrice della Scuola di Affari Internazionali di Parigi, Sciences Po) e Minouche Shafik (Rettrice della London School of Economics and Political Science), evidenzia come il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e l’avanzamento dell’empowerment femminile non siano solo una questione di diritti, ma anche un passo fondamentale verso il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile – sia in termini di uguaglianza sociale che di crescita economica e competitività dei Paesi.

Lo studio stima che per chiudere il gender pay gap e raggiungere lo stesso tasso di occupazione tra uomini e donne dovrebbero essere impiegate 432,9 milioni di donne in più.

Women’s Empowerment Progress Index, Italia quinta

Uno degli strumenti contenuti nell’Osservatorio è il Women’s Empowerment Progress Index (WEPI), un indice che misura, monitora e traccia i progressi dei Paesi del G20 e della Spagna in molteplici ambiti dell’empowerment femminile, con l’obiettivo di promuovere politiche efficaci. Data la natura e l’obiettivo del WEPI, l’Indice è stato sottoposto all’audit del Joint Research Centre (JRC) del Centre on Composite Indicators and Scoreboards (COIN) della Commissione europea.

I risultati finali del Women’s Empowerment Progress Index 2022 mostrano la Francia al primo posto, seguita da Australia e Spagna, con India, Indonesia e Arabia Saudita posizionate in fondo – anche se caratterizzate da un alto livello di dinamismo.

L’Italia si colloca al quinto posto con un punteggio di 90,9 su 100. Uno dei punti di forza del Belpaese è la quota di seggi occupati da donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa (pari al 38,8% contro una media del G20 più la Spagna del 25,0%), anche grazie all’attuazione della Legge Golfo-Mosca; mentre un basso tasso di partecipazione femminile alla forza lavoro (54,7% contro il 59,3% medio) e una limitata quota di donne in posizioni manageriali (27,3% contro il 30,6%) rappresentano le principali criticità.

Una questione culturale

L’Osservatorio sottolinea come l’empowerment femminile non sia solo una questione politica, ma soprattutto culturale – strettamente legata a continui cambiamenti culturali e sociali e all’eliminazione degli stereotipi di genere.

Una maggiore e migliore raccolta di dati nel campo dell’empowerment femminile è una priorità assoluta, poiché qualsiasi tipo di progresso deve essere supportato da dati affidabili e completi. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda il fenomeno della violenza di genere.

L’empowerment femminile è un fenomeno socioeconomico complesso che richiede l’adozione di una prospettiva intersettoriale per attuare politiche in grado di attivare cambiamenti sociali, economici e culturali di lungo termine nella società.

La promozione dell’empowerment femminile implica l’adozione di politiche di natura collaborativa. La comunità imprenditoriale è una preziosa fonte di conoscenza e best-practice; le politiche aziendali possono quindi integrare con successo quelle pubbliche in questo campo.

Le politiche pubbliche e aziendali che prevedono obblighi giuridicamente vincolanti e/o chiari meccanismi sanzionatori mostrano un grado di efficacia maggiore rispetto alle altre, instaurando un processo di evoluzione più rapido e virtuoso.

Le raccomandazioni

Sulla base delle evidenze emerse, l’Osservatorio ha raccolto sei suggerimenti concreti di politiche pubbliche e best-practice da condividere:

  1. Definire quote di genere legislative, con chiari obiettivi da raggiungere e sanzioni in caso di mancata compliance, per promuovere la leadership e la partecipazione femminile in politica (es. Messico).
  2. Stabilire indicazioni e linee guida per le aziende, definendo Key Performance Indicator (KPI) e obiettivi specifici e sostenendo le aziende attraverso incentivi fiscali, per aumentare la leadership femminile nel mondo aziendale (es. Italia).
  3. Concentrarsi sulla cura dei figli e sulla genitorialità (e in generale sull’equilibrio tra lavoro e vita privata), adottando una prospettiva genderless che consenta una partecipazione più equa al mercato del lavoro (es. Corea del Sud).
  4. Promuovere l’indipendenza finanziaria delle donne abbattendo gli stereotipi, regolarizzando l’accesso formale ai finanziamenti, fornendo loro competenze finanziarie e conoscenza (es. Arabia Saudita e Indonesia).
  5. Aumentare la partecipazione delle donne nel campo tecnologico e digitale concentrandosi sulle discipline STEM per rafforzare il legame tra istruzione e occupazione, stimolando le assunzioni attraverso incentivi economici per le aziende (es. Germania).
  6. Far progredire la raccolta di dati nazionali sulla violenza di genere per valutare la risposta dei servizi pubblici e monitorare le tendenze nel tempo, con l’obiettivo di sradicare il fenomeno nel lungo termine (es. Spagna).

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Redazione

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