La disparità di genere è peggiorata a causa della pandemia e della guerra tra Russia e Ucraina: l’aumento del lavoro domestico non retribuito ha portato un numero di donne quattro volte superiore a quello degli uomini ad abbandonare la forza lavoro e una donna su due ha riferito di aver subito una forma di violenza (o di conoscere qualcuna che ne è stata vittima) dopo la pandemia. Si impone quindi un intervento che, sottolinea il nuovo Osservatorio permanente sull’empowerment femminile presentato da The European House – Ambrosetti, avrebbe anche un impatto favorevole per l’economia: colmare il gender pay gap e raggiungere lo stesso tasso di occupazione tra uomini e donne potrebbe infatti generare un impatto economico fino al 14% del PIL del G20 più la Spagna: ben 11.200 miliardi di dollari.
L’osservatorio, realizzato in partnership con A2A, ABB, British American Tobacco (BAT), Invesco, Gruppo Mondadori, Oracle e Gruppo Pictet e con il contributo delle Special Advisor Arancha González Laya (Rettrice della Scuola di Affari Internazionali di Parigi, Sciences Po) e Minouche Shafik (Rettrice della London School of Economics and Political Science), evidenzia come il raggiungimento dell’uguaglianza di genere e l’avanzamento dell’empowerment femminile non siano solo una questione di diritti, ma anche un passo fondamentale verso il raggiungimento di uno sviluppo sostenibile – sia in termini di uguaglianza sociale che di crescita economica e competitività dei Paesi.
Lo studio stima che per chiudere il gender pay gap e raggiungere lo stesso tasso di occupazione tra uomini e donne dovrebbero essere impiegate 432,9 milioni di donne in più.
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Women’s Empowerment Progress Index, Italia quinta
Uno degli strumenti contenuti nell’Osservatorio è il Women’s Empowerment Progress Index (WEPI), un indice che misura, monitora e traccia i progressi dei Paesi del G20 e della Spagna in molteplici ambiti dell’empowerment femminile, con l’obiettivo di promuovere politiche efficaci. Data la natura e l’obiettivo del WEPI, l’Indice è stato sottoposto all’audit del Joint Research Centre (JRC) del Centre on Composite Indicators and Scoreboards (COIN) della Commissione europea.
I risultati finali del Women’s Empowerment Progress Index 2022 mostrano la Francia al primo posto, seguita da Australia e Spagna, con India, Indonesia e Arabia Saudita posizionate in fondo – anche se caratterizzate da un alto livello di dinamismo.
L’Italia si colloca al quinto posto con un punteggio di 90,9 su 100. Uno dei punti di forza del Belpaese è la quota di seggi occupati da donne nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa (pari al 38,8% contro una media del G20 più la Spagna del 25,0%), anche grazie all’attuazione della Legge Golfo-Mosca; mentre un basso tasso di partecipazione femminile alla forza lavoro (54,7% contro il 59,3% medio) e una limitata quota di donne in posizioni manageriali (27,3% contro il 30,6%) rappresentano le principali criticità.
Una questione culturale
L’Osservatorio sottolinea come l’empowerment femminile non sia solo una questione politica, ma soprattutto culturale – strettamente legata a continui cambiamenti culturali e sociali e all’eliminazione degli stereotipi di genere.
Una maggiore e migliore raccolta di dati nel campo dell’empowerment femminile è una priorità assoluta, poiché qualsiasi tipo di progresso deve essere supportato da dati affidabili e completi. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda il fenomeno della violenza di genere.
L’empowerment femminile è un fenomeno socioeconomico complesso che richiede l’adozione di una prospettiva intersettoriale per attuare politiche in grado di attivare cambiamenti sociali, economici e culturali di lungo termine nella società.
La promozione dell’empowerment femminile implica l’adozione di politiche di natura collaborativa. La comunità imprenditoriale è una preziosa fonte di conoscenza e best-practice; le politiche aziendali possono quindi integrare con successo quelle pubbliche in questo campo.
Le politiche pubbliche e aziendali che prevedono obblighi giuridicamente vincolanti e/o chiari meccanismi sanzionatori mostrano un grado di efficacia maggiore rispetto alle altre, instaurando un processo di evoluzione più rapido e virtuoso.
Le raccomandazioni
Sulla base delle evidenze emerse, l’Osservatorio ha raccolto sei suggerimenti concreti di politiche pubbliche e best-practice da condividere:
- Definire quote di genere legislative, con chiari obiettivi da raggiungere e sanzioni in caso di mancata compliance, per promuovere la leadership e la partecipazione femminile in politica (es. Messico).
- Stabilire indicazioni e linee guida per le aziende, definendo Key Performance Indicator (KPI) e obiettivi specifici e sostenendo le aziende attraverso incentivi fiscali, per aumentare la leadership femminile nel mondo aziendale (es. Italia).
- Concentrarsi sulla cura dei figli e sulla genitorialità (e in generale sull’equilibrio tra lavoro e vita privata), adottando una prospettiva genderless che consenta una partecipazione più equa al mercato del lavoro (es. Corea del Sud).
- Promuovere l’indipendenza finanziaria delle donne abbattendo gli stereotipi, regolarizzando l’accesso formale ai finanziamenti, fornendo loro competenze finanziarie e conoscenza (es. Arabia Saudita e Indonesia).
- Aumentare la partecipazione delle donne nel campo tecnologico e digitale concentrandosi sulle discipline STEM per rafforzare il legame tra istruzione e occupazione, stimolando le assunzioni attraverso incentivi economici per le aziende (es. Germania).
- Far progredire la raccolta di dati nazionali sulla violenza di genere per valutare la risposta dei servizi pubblici e monitorare le tendenze nel tempo, con l’obiettivo di sradicare il fenomeno nel lungo termine (es. Spagna).