Gli effetti dell’AI generativa sull’economia: Goldman Sachs prevede 300 milioni di posti di lavoro persi e un aumento del PIL di 7 trilioni di dollari

Un recente studio firmato da Joseph Briggs e Devesh Kodnani di Goldman Sachs, uno dei principali player della finanza globale, fornisce una previsione dell’impatto dell’AI generativa sulle diverse dimensioni dell’economia: occupazione, produttività del lavoro e PIL. Ne emerge un impatto potenzialmente devastante sull’occupazione, con 300 milioni di lavoratori a rischio, a fronte di un altrettanto importante effetto sul PIL globale, che potrebbe crescere del 7% l’anno.

Pubblicato il 26 Apr 2023

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L’AI generativa, proprio come hanno fatto negli ultimi 10 anni la robotica e l’automazione, sta dando non poco filo da torcere agli economisti di tutto il mondo. La sensazione diffusa, infatti, è che ci troviamo di fronte a un insieme di sviluppi tecnologici che potrebbero avere un impatto enorme sull’occupazione, in primis, ma anche sulla produttività del lavoro e sul PIL, cioè la ricchezza degli Stati.

Ma se automazione e robotica destavano preoccupazioni per l’impatto soprattutto sul settore manifatturiero e su specifici lavori routinari spesso caratterizzati da elevato carico fisico, l’AI generativa ha effetti potenzialmente molto più vasti sia considerando la varietà di attività e compiti che vengono toccati, sia le professionalità potenzialmente impattate: basti pensare al fatto che GPT 4 ha superato brillantemente (posizionandosi nel primo 10% della classifica) l’esame di abilitazione alla professione di Avvocato.

Un recente studio firmato da Joseph Briggs e Devesh Kodnani di Goldman Sachs, uno dei principali player della finanza globale (è una banca d’affari che in quanto tale sviluppa anche importanti analisi di scenario), si occupa proprio di provare a fornire una previsione dell’impatto dell’AI generativa sulle diverse dimensioni dell’economia. Il titolo del lavoro è “The Potentially Large Effects of Artificial Intelligence on Economic Growth”.

Gli effetti sull’occupazione: a rischio 300 milioni di posti di lavoro

Inutile girarci intorno: la prima preoccupazione dell’opinione pubblica, che gli economisti non possono non prendere in considerazione, è l’impatto dell’AI generativa sull’occupazione.

L’introduzione di nuove tecnologie (questo vale per tutte le innovazioni) porta con sé un duplice effetto: da un lato quello del cosiddetto “displacement”, cioè la sostituzione di un certo numero di lavoratori; dall’altro la creazione di nuovi posti di lavoro.

Quello che non è semplice determinare è sia il numero di posti persi e di quelli creati, che danno luogo a un “saldo netto” che può essere positivo oppure negativo, sia la velocità con la quale il doppio effetto si verifica. Come hanno rilevato già nel 2019 gli economisti Daren Acemoglu e Pascual Restrepo, i cambiamenti tecnologici hanno lavorato nelle due direzioni (distruzione e creazione di posti di lavoro) più o meno allo stesso ritmo nella prima metà del dopoguerra. Dagli anni ’80, invece, la velocità dell’effetto displacement è stata invece significativamente superiore al ritmo con cui esse hanno creato nuove opportunità di lavoro. Come è semplice immaginare, questo è un punto di fondamentale importanza perché determina la necessità di un intervento più o meno marcato dei Governi con politiche di welfare (sussidi di disoccupazione, incentivi all’upskilling e reskilling ecc.).

Nel lavoro di Joseph Briggs e Devesh Kodnani emerge che due professioni su tre sono esposte a vario livello all’impatto dell’AI, ma ben un quarto delle attuali mansioni lavorative potrebbe essere completamente automatizzato negli Stati Uniti. A essere particolarmente esposte alla sostituzione sono le professioni amministrative (46%) e legali (44%), mentre a rischiare meno sono le professioni ad alta intensità fisica, come l’edilizia (6%) e la manutenzione (4%). Anche in Europa le stime degli economisti giungono a conclusioni simili sia a livello aggregato che tra i vari settori.

Se si immagina che a perdere il lavoro saranno quegli operatori le cui mansioni sono sostituibili per oltre il 50% dall’AI generativa, allora il 7% dell’attuale occupazione statunitense sarebbe sostituita e il 63% “integrata” dall’AI, mentre appena il 30% delle professioni resterebbe inalterata.

“Estrapolando le nostre stime a livello globale si evince che l’AI generativa potrebbe mettere a rischio l’equivalente di 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno”, scrivono gli autori.

Inoltre gli effetti diretti dell’AI generativa sulla domanda di lavoro potrebbero essere negativi nel breve periodo, cioè la creazione di nuove opportunità potrebbe essere significativamente più lenta.

Gli effetti sull’economia

Dall’analisi tuttavia non emerge solo il dato negativo sul numero di lavoratori a rischio sostituzione. Secondo gli autori, infatti, l’adozione dell’AI generativa potrebbe aumentare il PIL globale del 7% all’anno: un valore che corrisponderebbe a circa 7 trilioni di dollari. Ma come?

In primo luogo, spiegano Briggs e Kodnani, la maggior parte dei lavoratori è impiegata in occupazioni solo parzialmente esposte all’AI. Questa parte di lavoratori che non perderà il lavoro “probabilmente applicherà almeno una parte della propria capacità liberata ad attività produttive che aumentano la produzione”, dicono. A questo si aggiunga che i lavoratori delle imprese che adottano per prime l’AI registrano una crescita della produttività del lavoro più elevata. L’AI generativa può così determinare un aumento della produttività “economicamente significativo”.

In secondo luogo, aggiungono Briggs e Kodnani, molti dei lavoratori che sono stati sostituiti saranno successivamente ricollocati in nuove occupazioni: o in nuove posizioni che emergeranno direttamente grazie all’adozione dell’AI oppure in altre occupazioni generate  dall’aumento della domanda collegato alla maggiore produttività dei lavoratori non sostituiti.

A titolo esemplificativo gli autori citano il caso delle professioni create dalla rivoluzione informatica – progettisti di pagine web, sviluppatori di software e professionisti del marketing digitale – che però hanno anche indirettamente spinto la domanda di lavoratori del settore dei servizi (assistenza sanitaria, istruzione e ristorazione ecc.).

Complessivamente lo studio stima che l’aumento della crescita della produttività statunitense potrebbe variare nell’arco di 10 anni in un intervallo compreso tra 0,3 e 2,9 punti percentuali, a seconda dei diversi scenari collegati al livello di difficoltà dei compiti che l’IA generativa è in grado di svolgere, al numero di posti di lavoro automatizzati e alla velocità di adozione.

Estendendo l’analisi ad altri Paesi, le stime degli autori indicano che l’adozione dell’IA potrebbe incrementare la crescita della produttività annua globale di 1,4 punti percentuali sempre su un periodo di 10 anni: un valore che corrisponderebbe, come indicato all’inizio, a un aumento del PIL globale del 7% cioè circa 7 trilioni di dollari.

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Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

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