La pandemia spinge il mercato dell’ICT oltre quota 34 miliardi

Secondo una ricerca realizzata da Assintel (l’associazione che rappresenta le Imprese ICT e Digitali), il mercato dell’ICT chiuderà il 2021 con una spesa pari a 34,4 miliardi di euro, in crescita del 4,1% rispetto al 2020. La crescita si consoliderà nei prossimi due anni, fino ad arrivare a 36,4 miliardi di euro nel 2023, con una crescita media annua del +3,3%. Ma soltanto il 28% delle aziende ritiene di avere una buona cultura dell’innovazione e sufficienti competenze digitali.

Pubblicato il 26 Ott 2021

Il mercato dell’Information & Communications Technology (ICT) chiuderà il 2021 con una spesa pari a 34,4 miliardi di euro, in crescita del 4,1% rispetto al 2020: è quanto emerge dalla ricerca realizzata da Assintel – Associazione Nazionale delle Imprese ICT e Digitali – insieme alla società di ricerca indipendente IDC Italia, con la sponsorship di Confcommercio, Grenke e Intesa Sanpaolo.

Secondo il rapporto, la crescita della spesa in ICT si consoliderà nel 2022, superando i 35 miliardi di euro, per poi arrivare a 36,4 miliardi di euro nel 2023, con una crescita media annua del +3,3%.

Gli investimenti stimolati dalla pandemia

La ricerca ha sottolineato quanto le aziende siano state colte impreparate dalla pandemia: due aziende su tre, in Europa, non erano infatti attrezzate con framework di continuità/resilienza per affrontare la crisi.

Una situazione che ha indirizzato gli investimenti delle aziende nell’ICT, in particolare sui servizi e sulle tecnologie strategiche per migliorare la connessione dell’azienda, per consentire il lavoro e le vendite da remoto e per gestire i processi mission critical.

Nel 42% delle imprese la spesa ICT complessiva è rimasta invariata, ma è stata indirizzata su progetti specifici a sostegno delle attività durante la crisi, mentre il 9% delle imprese ha aumentato la spesa per sviluppare progetti innovativi e un altro 3%, pur riducendo la spesa totale, ha continuato a investire su progetti innovativi.

Tuttavia, resta un significativo 32% di aziende che non è riuscita ad attivare il cambiamento, riducendo o rimandando gli investimenti.

Dal rapporto emergono differenze negli investimenti legate sia all’ara geografica di riferimento che alle dimensioni delle aziende.

La Lombardia è la regione in cui la spesa è risultata maggiore, seguita da Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Piemonte, mentre Umbria, Valle d’Aosta e Basilicata sono le regioni d’Italia dove si è speso di meno.

Le grandi aziende (oltre 250 addetti) sono quelle che hanno investito maggiormente (46% del totale), seguite dalle PMI (con meno di 10 dipendenti) a cui si riconduce il 26% della spesa totale. più della metà degli investimenti (il 51%) si è concentrato nelle imprese dei servizi, seguite dalle aziende manifatturiere (24%), PA, sanità e istruzione (13%) e dalle imprese nella distribuzione (12%).

Le previsioni di spesa per i prossimi mesi

Nei prossimi mesi la spesa delle aziende sarà indirizzata principalmente alla ricerca di nuovi modelli di interazione con i clienti, alla creazione di servizi a valore aggiunto ai prodotti e all’internazionalizzazione delle attività.

Per tutte le aree analizzate dalla ricerca, la spesa è maggiore nelle aziende con 50 o più addetti, mentre è più contenuta nelle imprese più piccole.

Interessante il dato relativo alla spesa per modelli di business improntati alla sostenibilità, dove la spesa prevista dalle piccole imprese è circa la metà di quella prevista dalle aziende con 50 dipendenti e oltre.

Delle aziende intervistate, soltanto il 28% ritiene di avere una buona cultura dell’innovazione e sufficienti competenze digitali, mentre il 34% ritiene di avere una cultura dell’innovazione adeguata ma di non possedere le competenze digitali necessarie, il 22% afferma di dover migliorare in entrambi gli ambiti e solo il 16% ritiene di avere le giuste competenze digitali, ma una cultura dell’innovazione non sufficiente.

L’impatto del PNRR sulla spesa in ICT

Il 51% delle imprese italiane analizzate ritiene positivo l’effetto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per il proprio sviluppo e per la ripresa economica del Paese. Questo perché il principale ostacolo all’innovazione – per il 45% delle imprese analizzate – è proprio una generale carenza di risorse economiche e finanziarie da allocare ai progetti di digitalizzazione.

Resta forte anche l’incognita culturale: il 39% delle aziende analizzate rileva una perdurante mancanza di interesse e di cultura dell’innovazione del top management o della proprietà aziendale, diventando specchio di una fetta di PMI che ha bisogno di un cambio di visione.

“Non ci capiterà un’altra opportunità come questa, unica nel suo genere. Assintel è pronta a fare ALL-IN, investendo tutte le proprie risorse per contribuire alla Digitalizzazione e Innovazione del sistema economico del Paese”, commenta Paola Generali, Presidente Assintel.

In occasione della presentazione del rapporto, Assintel ha lanciato anche tre proposte concrete, rivolte al governo, per massimizzare gli effetti del PNRR sulla crescita digitale. La prima riguarda la creazione delle condizioni normative per la partecipazione del Made in Italy digitale al processo di trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione Centrale e Locale.

La seconda proposta è quella di favorire la trasformazione digitale delle micro, piccole e medie imprese attraverso bandi, incentivi fiscali e nuove regole che agevolino ex ante gli investimenti. Infine, sottolinea l’associazione, bisogna sostenere la ricerca e sviluppo nelle aziende ICT e Digitali e dell’Offerta, che sono esse stesse costituite per la stragrande maggioranza da micro, piccole e medie imprese.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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