“C’è un silenzio impressionante durante la giornata, sia perché i nostri lavoratori non sono qua, sia perché non si sente più il rumore delle macchine sul ponte, e questo colpisce perché questo silenzio ci dà il senso della tragedia”. Le parole che non ti aspetti arrivano da Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia, azienda leader nella produzione di turbine, che dallo scalone della palazzina direzionale, rimasta fuori dalla “zona rossa” dello stabilimento, guarda sconsolato ponte Morandi.
Quella struttura con cui l’azienda ha dovuto fare i conti dagli anni ‘60, quando è stato costruito, proprio a ridosso della storica fabbrica genovese. Il ponte che costringeva i tecnici a trovare vie alternative per l’uscita delle grandi turbine, ma anche quello stesso ponte sotto il quale ci si riparava dalla pioggia, facendo due chiacchiere, appena finito il turno.
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Niente cassa integrazione in Ansaldo: “piuttosto al lavoro per la città”
Lo spazio per l’emozione, e per il ricordo ancora fortissimo di quelle 43 vittime, le cui vite si sono spezzate alla vigilia di ferragosto, si unisce, quasi per esorcizzarlo, alla grande voglia di rimboccarsi le maniche, con una concretezza tutta ligure. “Non ci sarà cassa integrazione ma utilizzeremo al meglio tutta la forza lavoro: piuttosto la metteremo a disposizione della città e delle altre aziende” dice Giuseppe Zampini, durante l’incontro con il presidente di Cassa Depositi Prestiti, Fabrizio Palermo, e con l’Ad di Fincantieri, Giuseppe Bono.
Lo ripete più volte come a voler ricordare a tutti che, ancora una volta, Genova si rialzerà grazie al lavoro. Un messaggio che, dal punto di vista simbolico, era già partito nei giorni scorsi quando, a pochi giorni dalla caduta di ponte Morandi, dall’azienda era partito un trasporto eccezionale, diretto verso il porto. “Abbiamo fatto partire, venerdì scorso, un convoglio da 75 m del peso di 470 tonnellate totali, 300 il nostro componente, e domenica partirà un’altra turbina, di peso inferiore, che sarà movimentata via strada”.
Zampini: “Non chiediamo soldi ma una soluzione rapida”
Certo la situazione è particolarmente complessa con una parte dello stabilimento in “zona rossa” e, quindi, inagibile. “Non credo che ci sarà un allargamento maggiore degli spazi interdetti – spiega Zampini – ma quello che preoccupa è la durata. Io speravo, in tre settimane, di poterla liberare ma, se si abbatte il ponte, ci vorranno mesi. Non ci lamentiamo, non chiediamo soldi, chiediamo solamente rapidità per arrivare a una soluzione”.
“Per ora noi procediamo, e non rallentiamo – continua Zampini – con un senso di continuità e una forte volontà di ripresa. Il problema, però, resta l’interdizione delle aree, l’impossibilità di utilizzarle, che ci porta a un riassetto organizzativo, interno, della logistica”. Una riorganizzazione che ha, ovviamente, dei costi che fanno innalzare la “conta” dei danni.
La fabbrica in “zona rossa” costa almeno 20 mila euro in più al giorno
“Solo per fare un esempio – spiega – una delle nostre mense, che ospita circa 1000 persone al giorno, non si può utilizzare e noi dobbiamo usarne una che è a nord. Per i lavoratori sono 15 minuti in più di tempo che non possiamo certo togliere dal loro stipendio. Solo questo ci costa 20 mila euro aggiuntivi al giorno”
Zampini, per un momento, lascia i panni di Amministratore Delegato di Ansaldo Energia per indossare quelli di Presidente di Confindustria Liguria, e tenta di fare un conto totale dei danni per le aziende del territorio. “Abbiamo fatto un raffronto con i nostri costi – spiega – prendendo Ansaldo, che ha 2 mila persone, come campione. A noi questa emergenza costa 20 mila euro al giorno che moltiplicati per le aziende presenti, fanno circa 330 mila euro. Il totale è di 10 milioni al mese – conclude – ma spero che sia per eccesso”.