Dagli smartwatch agli esoscheletri, i wearable entrano in fabbrica

Pubblicato il 12 Feb 2018

Esoscheletro Comau

Sensori posizionati sul corpo, attraverso l’uso di wearable devices, come gli smartwatch, per individuare i picchi di stress psicologico e fisico, e poi occhiali smart, in grado di aiutare nelle operazioni più complesse, “esoscheletri” indossabili che possono alleviare le azioni maggiormente faticose. Ma anche un ambiente lavorativo analizzato attraverso la realtà aumentata e ridisegnato in maniera più ergonomica, con l’inserimento di sensori e telecamere che possono aiutare a limitare le situazioni di disagio.

Infine l’internet of things applicato alle macchine utensili, anche quelle delle vecchie generazioni, in grado di aiutare le aziende a migliorare la loro efficienza energetica con consistenti risparmi sui consumi aziendali, uniti a un abbattimento delle emissioni. O, ancora, le nuove frontiere della cybersecurity.

A raccontarlo, nel corso di un incontro, organizzato a Genova, nella sede del CNR, dall’associazione italiana IoTItaly, assieme a CNR di Genova e I3Vlab, alcuni tra gli attori principali di questa nuova “rivoluzione industriale” che hanno fatto il punto sullo stato dell’arte in tre panel dedicati a:

  • Efficienza e benessere sociale nell’industria 4.0
  • Efficienza energetica e ambientale
  • IoT, cybersecurity & blockchain applicati

Il benessere dei lavoratori come assioma di Industria 4.0

La rivoluzione di Industria 4.0 punta anche al benessere dei lavoratori che, grazie alla tecnologia, possono operare meglio e, di conseguenza, essere produttivi. Una scelta che nasce anche da una situazione di necessità, visto che lo scenario che si sta delineando è quello di un forte aumento dell’età media, con oltre il 25% delle persone impiegate nelle realtà industriali che superano i 65 anni e un 10% che rientrano in una fascia tra i 55 e i 64 anni.

Un benessere, quindi, che diventa anche scelta economica per le imprese visto che un dipendente che vive bene l’ambiente lavorativo migliora la produzione e abbassa la possibilità di errori. Oltre al fatto, fondamentale, che attraverso le nuove tecnologie si riesce ad abbassare l’incidenza delle malattie professionali e degli incidenti sul lavoro che, tra l’altro, rappresentano anche una forte spesa per le imprese (vale una quota attorno ai 30 mila euro l’anno per ogni dipendente che si infortuna o che contrae malattie professionali, che sono dovute, principalmente, a posture sbagliate).

Industria 4.0 e le tecnologie legate all’IoT possono essere viste come un pericolo per i lavoratori – spiega Alessandro Bassi, Presidente di IoTItaly – ma in realtà le tecnologie connesse possono aiutare le persone a compiere operazioni potenzialmente pericolose o che possono minare la salute e , quindi, cercano di aiutare il lavoratore piuttosto che di rubargli il posto di lavoro. Se il robot umanoide, quello che compierà le operazioni che fa un uomo, è molto al di là da venire, sono già possibili interventi non sostitutivi dell’attività dell’uomo, ma migliorativi. Un esempio è l’esoscheletro, sicuramente un aiuto il corpo umano per evitare infortuni”.

Tecnologie indossabili per monitorare lo stress

Stress psicologico e problematiche fisiche sono la causa delle maggiori criticità che si rilevano sul lavoro ma, grazie alle nuove tecnologie, queste problematiche possono essere monitorate, previste e risolte, prima che possano diventare problema. A spiegarlo sono, tra l’altro, gli studi messi in campo dal progetto europeo “HumanManufacturing” che, partendo dall’utilizzo di device indossabili, monitora le condizioni fisiche delle persone e, attraverso l’elaborazione fatta con algoritmi di intelligenza artificiale riesce a prevedere l’insorgenza di problematiche.

Fatica, distrazione, stress e problemi ergonomici dello spazio di lavoro – spiega Eva Coscia, responsabile ricerca e innovazione di Holonix, spin off del Politecnico di Milano – sono causa principale di molti errori nell’attività quotidiana. Il nostro obiettivo non è tanto quello di capire le cause ma di monitorare le condizioni fisiche di una persona nell’ambito dell’attività lavorativa e quindi, attraverso algoritmi di intelligenza artificiale, identificare se sta insorgendo una situazione di stress e di identificarla quanto prima per suggerire degli interventi all’operatore che vadano a supportare quella problematica fisica o cognitiva che è stata rilevata”.

Tra questi, ad esempio, c’è l’utilizzo di un esoscheletro, che è stato messo a punto da Comau, che allevia la difficoltà di operazioni ripetitive, oppure supporti cognitivi come le Hololens di Microsoft che, attraverso la realtà aumentata, possono dare istruzioni e facilitare l’esecuzione di task particolarmente complessi. “Siamo aperti anche ad altri tipi di attività o supporti più a lungo termine – continua Coscia – per cui, se si scopre che la problematica è ripetuta, possiamo ripensare l’organizzazione dello spazio di lavoro, l’organizzazione dei turni o cambiare la relazione tra l’uomo e la macchina e nel momento in cui livello di automazione non è più in simbiosi con con la parte umana”.

Wearable ed etica: “Ma non è il braccialetto elettronico”

Il futuro presentato da questi progetti fa subito pensare alla possibile insorgenza di problematiche di livello “etico” nell’utilizzo di strumenti che possono controllare il lavoratore non solo per fini di benessere. La prima cosa che viene da pensare è quella del progetto Amazon, nel quale si parla di un ipotetico “braccialetto elettronico” che può trasmettere ordini ai magazzinieri e rendere più veloci le consegne.

“C’è sicuramente da fare un distinguo – spiega Coscia – anche perché sul tema del braccialetto elettronico di Amazon è stata fatta parecchia disinformazione e, in ogni caso, non raccoglie dati fisiologici. Nel nostro caso, comunque, c’è un tema legato al fatto che vengono raccolti dati sensibili, ma questo si inquadra nello spiegare al lavoratore che vengono essenzialmente utilizzati per ridurre il livello di stress. Poi sta al lavoratore decidere se utilizzare questo supporto o meno. Ovviamente, garantendo requisiti di privacy e di security – conclude – non dovrebbero esserci problematiche nell’accettare questo supporto”.

L’uomo diventa “cyborg”: un esoscheletro “light” per alleviare la fatica

L’incontro che si è tenuto al Cnr, di Genova, e che ha avuto focus di grande interesse dedicati al rapporto tra IoT ed efficienza energetica e ambientale, ma anche alle tematiche della cybersecurity, è stata anche l’occasione per presentare un progetto concreto di esoscheletro, frutto delle competenze avanzate e trasversali di IUVO, spin-off della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, su cui hanno investito Comau ed Össur, nato all’interno dello HUMANufacturing Innovation Center Comau di Pontedera.

Jacopo Baldoni, Product Development di Comau, ha, infatti, presentato il progetto di esoscheletro di arto superiore che, a breve, sarà disponibile sul mercato. “Nella fabbrica del futuro i lavoratori avranno bisogno di avere sempre più sostegno per lavorare – ha spiegato Baldoni – e l’esoscheletro è un dispositivo indossabile che lavora con la persona e non al posto del lavoratore. Un esoscheletro per il lavoro – quindi, riesce a dare supporto e a diminuire la fatica nel task quotidiano permettendo, tra l’altro, di diminuire i problemi ergonomici.

Il target utilizzato in questo progetto è stato quello dei lavoratori che operano per lungo tempo con le mani alzate e compiono gesti ripetitivi, come quelli dell’automotive che lavorano sul sottoscocca, nelle operazioni che vanno dalla sigillatura all’assemblaggio. “Abbiamo elaborato un esoscheletro passivo per gli arti superiori che permette di generare una coppia massima in altezza ma adattabile e che lascia liberi gli arti. Per adesso stiamo ancora effettuando test in clinica, per avere dati medici, e stiamo operando per ottenere le certificazioni adeguate ma pensiamo di poter arrivare presto al lancio del prodotto”.

Valuta la qualità di questo articolo

C
Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 4