Dal prodotto al servizio: nuovi modelli di business, innovazione della Supply Chain, sostenibilità e ESG

La servitizzazione spinge le aziende manifatturiere a rivedere i rapporti non solo con i clienti, con cui si crea un rapporto più duraturo che non si estingue con la vendita del prodotto, ma anche con i competitor, nell’ottica di una maggiore collaborazione volta a creare innovazione a vantaggio del settore. Servizi che stanno assumendo e continueranno ad assumere un ruolo sempre più importante nel guidare le scelte relative al procurement e nella promozione della sostenibilità lungo tutta la catena di fornitura.

Pubblicato il 11 Mar 2022

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Negli ultimi anni le aziende del manifatturiero si sono trovate a lavorare in contesti di mercato sempre più complessi: da un lato, eventi improvvisi – come la crisi provocata dalla pandemia – hanno costretto le aziende a rivedere le catene di fornitura e abilitare produzioni più flessibili. Dall’altro, con la crescita dell’economia digitale e l’e-Commerce, si riducono i margini di guadagno delle aziende, che si trovano quindi davanti all’esigenza di efficientare i processi per ridurre i costi.

Un’esigenza, quella dell’efficientamento, che nasce anche per rispondere alla domanda di maggiore sostenibilità che viene, prima di tutto, dai consumatori e in secondo luogo dai vincoli normativi che si stanno moltiplicando a livello europeo per favorire il passaggio a un’economia circolare.

Temi che sono stati al centro di una sessione dell’Industry 4.0 360 Summit, l’evento digitale organizzato da Innovation Post, Industry4business e ESG360 –  tre testate del network Digital 360 – , andato in onda in diretta streaming il 10 marzo.

Come l’offerta dei servizi cambia il rapporto con clienti e competitors

In questo processo il ruolo delle tecnologie digitali è sempre più importante, poiché consentono ad aziende e produttori di macchine una maggiore visibilità sui prodotti e sui processi.

Non solo, grazie a queste tecnologie è possibile estendere l’offerta integrando nuovi servizi personalizzati alle esigenze di ciascun cliente. Opportunità che consentono ai fornitori di fidelizzare clienti esistenti e ampliare l’attività a nuovi segmenti di mercato.

“Il messaggio chiave di questo percorso, secondo noi, è proprio questo: sviluppare nuove soluzioni che vedono combinare la componente materiale (il prodotto) con quella più intangibile del servizio, dove il prodotto diventa il tramite, la piattaforma, dove sviluppare queste soluzioni che hanno un più alto valore aggiunto per l’azienda e soprattutto il cliente, spiega Federico Adrodegari (Università degli Studi di Brescia).

Per l’azienda, quindi, vuol dire differenziare l’offerta, lavorare sulla base installata e non più sui volumi di vendita, spostare l’attenzione dal prezzo di acquisto al costo totale di possesso, oltre a poter contare su un elemento stabilizzando del proprio business, in quanto il modello as-a-Sevice che caratterizza il servizio si traduce in un vantaggio economico ricorrente.

A cambiare è anche l’approccio con il cliente: il fornitore, che una volta si limitava a vendere un prodotto e che con quell’azienda magari non aveva più rapporti per anni, adesso segue il cliente lungo tutto il ciclo di vita del prodotto.

Ma cambia anche l’approccio verso le altre aziende del mercato, perché se in passato prevaleva un approccio competitivo e quindi di chiusura all’interno di quelli che erano i confini aziendali, le sfide della transizione digitale ed ecologica impongono alle aziende di guardare a nuove forme di collaborazione con altri fornitori presenti sul mercato, per creare un valore aggiunto a vantaggio dell’intero settore.

Di questo si occupa l’Industrial Innovation Hub, un laboratorio culturale che ha l’obiettivo di creare un ecosistema imprenditoriale sostenibile, rispettoso dell’ambiente e delle persone, per l’evoluzione dell’industria manifatturiera in Italia.

“Creare un ecosistema vuol dire condividere con altri attori i valori di impresa. Il primo passo riguarda quindi la cultura d’impresa interna a un’azienda, che è un aspetto più concreto di quanto sembri, poiché va ad influire su tutta una serie di aspetti che hanno ripercussioni a medio-lungo termine, come ad esempio nella sostenibilità”, spiega Giorgio Ferrandino, General Manager di SEW-Eurodrive Italia e Cofondatore di Industrial Innovation Lab.

Estendere la sostenibilità a tutta la Supply Chain: il ruolo delle tecnologie digitali

Sostenibilità che, come hanno ribadito più volte gli ospiti del Summit non si può abilitare senza passare per le tecnologie digitali e che permettono di estendere la sostenibilità al di fuori dell’azienda, lungo tutta la Supply Chain.

A sottolinearlo è un rapporto di McKinsey del 2019, secondo cui il 90% dell’impatto sulla sostenibilità in azienda arriva dal procurement. Come accade spesso, le grandi aziende sono avanti rispetto alle PMI sui temi dell’ESG e della sostenibilità – anche in virtù del fatto che alcune di esse sono obbligate a presentare un rapporto di sostenibilità annuale – che si traduce sia in un maggiore apprezzamento del brand da parte dei consumatori, sia nell’innovazione che questo impegno crea lungo tutta la catena di fornitura. 

Per raggiungere obiettivi della transizione ecologica, le aziende hanno bisogno di KPI chiari e condivisi a tutta la catena di fornitura che le aiutino a valutare i fornitori sui vari aspetti della sostenibilità, quindi non solo l’impatto ambientale dei processi e delle attività dell’azienda, ma anche il lato “umano” del tema, quindi le pratiche rivolte alla forza lavoro.

Per gestire queste nuove complessità, le aziende hanno bisogno di far leva sui dati e sulle tecnologie digitali. Di questo si occupa Jaggaer, fornitore di tecnologia di automazione aziendale basata su cloud per la gestione del procurement.

“Quello che facciamo è mettere a disposizione delle aziende strumenti digitali in grado di gestire vari aspetti del procurement. Le informazioni che le aziende possono raccogliere le aiutano a navigare in uno scenario complesso e in rapido cambiamento. Informazioni che, ad esempio, l’azienda può usare per vedere chi tra i fornitori strategici fa innovazione, mentre per quanto riguarda fornitori non strategici, queste informazioni potrebbero segnalare all’azienda la disponibilità di un nuovo fornitore che opera meglio lungo la linea della sostenibilità”, spiega Roberto Spagnolo, Account Executive per Jaggaer.

Le soluzioni offerte dall’azienda, dunque, aiutano i clienti a razionalizzare i processi, raccogliere informazioni e sfruttare strumenti di automazione.

“Disporre di queste informazioni all’interno del sistema consente di poter operare delle scelte guidate e anche qui la piattaforma digitale fornisce delle funzionalità che consentono, ad esempio quando gestisco una gara, di suggerire a chi sta gestendo process di acquisto, dei fornitori che sono maggiormente rispondenti a questi processi di acquisto”, aggiunge.

Ed è proprio in questa direzione che l’azienda sta sviluppando le sue soluzioni future, puntando quindi su AI e reti neurali sempre più sviluppate a supporto del processo decisionale delle aziende clienti.

Servitizzazione e sostenibilità: vantaggi e sfide per i costruttori di macchine

Informazioni molto importanti anche per i costruttori di macchine che si trovano ad affrontare questi aspetti con ulteriori difficoltà, come spiega Stefano Butti, Ceo e co-founder di Servitly, una software house con un focus strategico sul tema della trasformazione da prodotto a servizio.

“Quella dei costruttori di macchine è una catena di fornitura piuttosto complessa, perché magari coinvolge sedi all’estero, distributori, reseller, centri di assistenza, cliente finale. Il dato e informazioni ricavate grazie alle tecnologie digitali devono essere distribuiti a tutti questi attori e in pochi secondi, quindi si rende necessaria una profilazione molto fine e graduale”. 

Le soluzioni dell’azienda, che sono rivolte proprio ai costruttori di macchine, oltre a permettere questa distribuzione del valore di cui parla Butti, si basano su altri due principi: quello della sintesi, che vuol dire “mettere a terra” l’Intelligenza Artificiale per creare quella sintesi dei dati che provengono dalle macchine e che è indispensabile per rispondere alle esigenze degli OEM.

“Vi è poi l’esigenza di soluzioni flessibili e scalabili poiché i contesti su cui operano i nostri clienti sono in continua evoluzione e non crediamo che un sistema possa vivere così com’è per più di sei mesi”, spiega Butti. 

OEM che possono ricoprire un ruolo di primo piano nell’aiutare le imprese a implementare percorsi di transizione ecologica di successo, proprio grazie alla visibilità sul parco macchine installato presso i loro clienti e sulla conoscenza che hanno del loro macchinario.

Una conoscenza che, integrata con in dati raccolti dalle macchine, aiuta i costruttori di macchine a offrire ai clienti servizi personalizzati importanti sia per la gestione dei processi in un’ottica 4.0 – come nel caso della manutenzione predittiva, giusto per citarne uno – che nell’ottica della sostenibilità (e quindi del consumo energetico).

Un prodotto connesso dà informazioni importantissime lungo tutto il suo ciclo di vita. Informazioni anche connesse a possibilità di una seconda vita, magari in mercati emergenti. Quindi chi produce il macchinario può giocare un ruolo in prima linea organizzando il processo di smaltimento“, conclude Butti. 

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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