Anche se tutti i paesi raggiungessero i loro Contributi Determinati a Livello Nazionale (Nationally Determined Contributions) e gli obiettivi di riduzione delle emissioni entro il 2050, si supererebbe comunque il target di 1,5°C per oltre 600 gigatonnellate: è quanto riporta un rapporto del Boston Consulting Group e del World Economic Forum.
Il rapporto, dal titolo “Bold Measures to Close the Climate Action Gap” (“Misure coraggiose per colmare il divario nell’azione per il clima”) pone in evidenzia un allarmante divario tra le politiche attuali e le azioni necessarie per evitare effetti catastrofici sul pianeta.
Inoltre, richiama governi e aziende ad agire per promuovere un cambiamento sistemico, capace di generare un impatto benefico non solo per sé, ma per il pianeta intero.
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Riscaldamento globale, un allarmante divario tra le attuali politiche e le azioni necessarie
La recente conclusione della COP28 ha segnato un passo avanti significativo verso gli obiettivi che le nazioni partecipanti si sono impegnate a perseguire: l’abbandono dei combustibili fossili, il triplicamento delle fonti di energia rinnovabile e il raddoppio dell’efficienza energetica entro il 2030.
Inoltre, è stata sottolineata la necessità di incrementare i fondi destinati alla compensazione dei danni climatici e alla mitigazione degli impatti nei paesi del Sud del mondo.
Tuttavia, la sfida più grande dell’umanità – quella di contenere l’aumento della temperatura globale entro 1,5°C – rimane ancora irrisolta.
Infatti, per colmare il divario con gli attuali obiettivi di contenimento delle emissioni, si dovrebbe arrivare a una riduzione del 7% ogni anno a livello globale fino al 2030.
“Un cambio netto dall’attuale tendenza che vede le emissioni in aumento dell’1,5% annuo,” spiega Marco Tonegutti, Managing Director e Senior Partner di BCG.
“In questo contesto l’Italia è tra i 22 Paesi più virtuosi, che rappresentano il 7% delle emissioni globali, che hanno impostato un obiettivo Net-Zero e definito delle policy di intervento”, aggiunge.
Lo studio riprende le stime pubblicate a dicembre 2023 che indicano che l’azione climatica internazionale coprirà solo il 35% delle emissioni globali al 2050 e appena il 20% al 2030.
Il rapporto sottolinea un preoccupante divario tra le politiche attuali e le azioni necessarie per evitare effetti catastrofici sul pianeta.
Emissioni, cosa dovrebbero fare le istituzioni pubbliche per recuperare il ritartdo
Lo studio, inoltre, propone una serie di misure che governi e aziende possono adottare per promuovere un cambiamento sistemico e rispondere adeguatamente alle esigenze climatiche.
- affrontare la sfida di contenere oltre 600 gigatonnellate di emissioni in eccesso, stabilendo obiettivi a breve termine più ambiziosi, incrementando il supporto finanziario e tecnico ai paesi a basso reddito e lavorando su negoziazioni globali più efficaci ed efficienti
- riconoscere e aumentare il prezzo del carbonio, quindi tracciare le emissioni e introdurre meccanismi per incentivare soluzioni a basse emissioni, innescando così effetti a catena a livello globale
- raddoppiare finanziamenti e incentivi per soluzioni di grande impatto. Aumentare gli incentivi e gli appalti pubblici verdi per rafforzare gli use case aziendali e accelerare i finanziamenti per le tecnologie in fase di sviluppo
- Rimuovere gli ostacoli alla transizione per accelerare l’azione di almeno tre volte. Accelerare le autorizzazioni per i progetti verdi, ridurre i rischi delle principali catene di approvvigionamento, migliorare la qualificazione della forza lavoro e coinvolgere le società civili
- Prepararsi a misure più drastiche in un mondo sempre più caldo. Le azioni drastiche potrebbero diventare necessarie ed economicamente giustificate, dal divieto di utilizzare tecnologie dure alla geoingegneria
Il ruolo del Green Public Procurement nella riduzione delle emissioni
Un elemento chiave, come sottolineato nelle raccomandazioni, è rappresentato dal Green Public Procurement, che potrebbe avere un impatto rapido e significativo sul clima se regolato da politiche più rigorose.
Ogni anno, infatti, circa 11.000 miliardi di dollari di spese pubbliche sono controllate dai governi di tutto il mondo, contribuendo a circa il 15% delle emissioni globali totali.
Nonostante le politiche di acquisti pubblici verdi siano presenti in quasi il 90% dei paesi Ocse, molti di questi mancano di rigore.
Il ruolo (cruciale) delle grandi aziende: cosa dovrebbero fare per avere un impatto sul sistema
Il settore privato può svolgere un ruolo fondamentale in questo contesto. Le prime mille aziende mondiali possono influenzare più di un quarto di tutte le emissioni globali decarbonizzando le proprie catene di fornitura.
Inoltre, mobilitando meno del 10% del proprio Capex per la conversione ad alternative verdi, potrebbero colmare l’intero gap di finanziamenti per il clima.
Affinché le grandi aziende possano concretizzare questo potenziale e avere un impatto significativo, dovrebbero:
- accelerare gli sforzi di decarbonizzazione della loro supply chain, attraverso il dialogo e il supporto dei fornitori
- rendere i consumatori in grado di prendere scelte più sostenibile sia migliorando la comunicazione inerente all’offerta (in termini di sostenibilità) che offrendo prodotti più sostenibili
- promuovere il cambiamento all’interno della propria industria attraverso alleanze ambiziose con altre aziende, impostando target ambizioni e creando standard di settore attraverso best practise
- creare alleanze cross-settoriali, adottando e sostenendo tecnologie a basso impatto e incentivando la domanda per prodotti più sostenibili per ridurre i rischi
- patrocinare e supportare politiche più ambiziose, aiutando a dare forma alle regolamentazioni, contribuendo a disegnare le roadmap e impegnandosi in nuove forme di partnership
“Le grandi aziende non sono solo chiamate ad avviare iniziative interne a favore del clima, ma possono fare da catalizzatori del cambiamento per dare una spinta positiva anche alle altre realtà. In Italia, ad esempio, solo il 10% delle aziende ha un piano d’azione per raggiungere gli obiettivi climatici”, spiega Tonegutti.
“Un caso virtuoso nel nostro Paese è l’Industrial Decarbonization Pact firmato nel 2019 dai settori energivori, per lavorare in sinergia e mettere a fattor comune gli impegni a favore della sostenibilità”, aggiunge.
Le aziende, sottolinea quindi il rapporto, possono avere un impatto decisivo quando si impegnano in azioni esterne.
Ad esempio, si potrebbe ottenere la riduzione del 50% delle emissioni di molti prodotti con un aumento del prezzo finale inferiore all’1%.