LA RIVOLUZIONE DELL’AI

La Volpe (IBM): “Il 2026 sarà l’anno dell’AI agentica e del Quantum: ecco come colmare il divario tra innovazione e profitti”



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Alessandro La Volpe, AD di IBM Italia, parla del gap tra l’adozione dell’AI e il – per ora scarso – ritorno sugli investimenti riscontrato dalle aziende. L’AI agentica nutrita dai dati aziendali sarà la chiave per passare ai profitti, già nel 2026, come ha fatto IBM stessa al proprio interno ottenendo risparmi per 4,5 miliardi di dollari. E a proposito di 2026, sarà anche l’anno del Quantum Advantage…

Pubblicato il 11 dic 2025



Alessandro La Volpe IBM



“Quando fu inventata la lampadina, le prime applicazioni servivano a illuminare le strade; ma la vera svolta arrivò solo quando l’elettricità entrò nelle fabbriche, cambiando per sempre i processi produttivi. Con l’AI oggi siamo nella fase dell’invenzione della lampadina”. Con questa metafora Alessandro La Volpe, amministratore delegato di IBM Italia, fotografa lo stato dell’arte dell’Intelligenza Artificiale alla vigilia del 2026.

Oggi, spiega La Volpe, ci troviamo esattamente in quel punto: utilizziamo l’AI prevalentemente per accedere alla conoscenza – come una luce che ci permette di vedere meglio – ma non l’abbiamo ancora integrata nella “catena di montaggio” per trasformare radicalmente il modo in cui lavoriamo.

Questo disallineamento tra potenziale tecnologico e applicazione industriale spiega in buona parte i numeri “deludenti” che emergono da diverse analisi di mercato: secondo McKinsey, l’80% delle aziende che hanno implementato l’AI nell’ultimo anno non ha registrato benefici reali sulla bottom line. Anche in Italia, nonostante il 56% delle imprese dichiari progetti attivi, solo il 13% sta riscontrando un impatto positivo sui bilanci.

Per colmare questo gap la tecnologia deve evolvere da strumento di consultazione a strumento di azione. È qui che entra in gioco l’AI agentica: secondo le stime IBM, entro i prossimi tre anni verranno sviluppate un miliardo di nuove applicazioni capaci di interagire tra loro in autonomia, alzando il livello di complessità – che le aziende dovranno imparare a governare – ma sbloccando finalmente l’automazione dei processi.

Il valore nascosto dei dati

Il vero ostacolo alla profittabilità dell’intelligenza artificiale risiede nella materia prima utilizzata per addestrarla. Meno dell’1% dei dati usati per il training degli algoritmi proviene da fonti aziendali; il restante 99% è costituito da dati pubblici, adatti al mondo consumer ma inefficaci per risolvere problemi di business specifici.

“Per avere un vantaggio competitivo servono i dati aziendali”, sottolinea La Volpe. La strategia di IBM punta quindi su un approccio hybrid cloud, che permette di sfruttare la potenza del cloud pubblico mantenendo i dati sensibili e proprietari in un ambiente privato e controllato. La governance del dato diventa l’asset principale: solo se le informazioni sono pulite, organizzate e protette possono trasformarsi in decisioni strategiche automatizzate.

La strategia “Client Zero” e i 4,5 miliardi di risparmio

Per dimostrare la validità di questo approccio IBM ha scelto di essere il primo cliente di se stessa. L’azienda ha applicato internamente le proprie soluzioni di AI generativa ai processi HR, Finance, Procurement e allo sviluppo software. I risultati presentati sono tangibili: un impatto sulla produttività quantificato in ben 4,5 miliardi di dollari di risparmi.

Sul fronte dello sviluppo spicca il “Project Bob”, realizzato in partnership strategica con Anthropic. Coinvolgendo 6.000 sviluppatori interni nell’utilizzo dell’assistente Claude integrato nei processi aziendali, IBM ha registrato un aumento della produttività nel coding tra il 40% e il 45%. Per le altre funzioni piattaforme interne come “Ask HR” e “Ask IT” sono evolute da semplici chatbot a veri agenti capaci di risolvere problematiche dei dipendenti in autonomia.

Convinta che, per essere efficace, la trasformazione non possa limitarsi a seguire solo logiche top-down, IBM ha poi deciso di coinvolgere capillarmente la forza lavoro. Un esempio potente di questo cambio di paradigma è la Watsonx Challenge, una competizione interna che ha mobilitato ben 178.000 dipendenti in tutto il mondo. Chiamati a sviluppare prototipi e assistenti AI per migliorare il proprio lavoro quotidiano, i lavoratori sono diventati protagonisti attivi dell’innovazione bottom-up, validando sul campo la scalabilità e l’utilità reale delle soluzioni.

Casi d’uso aziendali: da Unipol a Campari

L’applicazione di queste tecnologie sta già ridisegnando le operations di grandi realtà italiane. Unipol ha adottato un’infrastruttura di cloud ibrido integrando la piattaforma Watson X: una parte sul cloud pubblico e l’inferenza locale vicino ai dati, migliorando l’efficienza della propria control room.

Nel settore delle telecomunicazioni Sparkle utilizza l’AI per ottimizzare le operazioni di rete, mentre nel manifatturiero e nel branding Campari, con il supporto di IBM Consulting, ha lavorato sul riposizionamento digitale del marchio Cynar, unendo il valore della tradizione all’analisi dati moderna.

A supporto della capacità di agire in tempo reale, La Volpe ha citato l’operazione da 11 miliardi per l’acquisizione di Confluent, una piattaforma specializzata nello streaming di grandi volumi di dati (nata da ex ingegneri di LinkedIn), tassello fondamentale per permettere all’AI di prendere decisioni istantanee basate su flussi di informazioni continui.

I 5 trend per il 2026 e il “vantaggio quantistico”

Guardando al futuro prossimo un recente studio dell’IBM Institute for Business Value ha identificato le cinque tendenze chiave che definiranno il panorama industriale del 2026:

  • L’incertezza come opportunità: gli agenti AI permettono decisioni migliori e più rapide anche in contesti instabili;
  • Più AI nel lavoro: le persone cercano attivamente l’AI per liberare tempo da dedicare ad attività ad alto valore;
  • Trasparenza e fiducia: l’AI responsabile diventa un requisito minimo, poiché i consumatori perdonano gli errori ma non l’opacità;
  • Sicurezza locale: la resilienza richiede reti di sicurezza locali basate su governance dei dati e sovranità digitale;
  • Vantaggio Quantistico: il 2026 segnerà il raggiungimento della supremazia quantistica per specifici problemi di calcolo.

L’incertezza geopolitica ed economica viene così riletta come un’opportunità per chi saprà sfruttare la velocità decisionale garantita dagli agenti AI. Una trasformazione spinta anche dal basso, con i lavoratori che non temono la tecnologia ma la richiedono per sgravarsi dai compiti ripetitivi. Tuttavia, per costruire ecosistemi resilienti, la fiducia diventa la valuta principale: la trasparenza degli algoritmi e la sovranità digitale – intesa come controllo locale delle infrastrutture e dei dati – sono prerequisiti non negoziabili.

La vera data cerchiata in rosso sul calendario è proprio il 2026, anno in cui IBM prevede il raggiungimento del Vantaggio Quantistico. Non più teoria, ma capacità di calcolo superiore ai computer classici. L’approccio Quantum Network di IBM mira a creare ecosistemi collaborativi pronti a integrare bit, neuroni e qubit entro il 2029, anno previsto per la tolleranza agli errori (fault tolerance) dei sistemi quantistici. La sfida per i leader industriali sarà farsi trovare pronti con infrastrutture resilienti e competenze già formate, perché la velocità dell’innovazione non aspetterà i tempi di adeguamento dei modelli di business tradizionali.

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