L’intelligenza artificiale generativa rappresenta senza dubbio una delle forze di trasformazione più potenti per l’ingegneria del software, ma non è l’unica. L’analisi di Gartner sui principali trend strategici per il 2025 e oltre delinea un quadro più complesso e articolato, in cui la disciplina dello sviluppo software si arricchisce di nuove responsabilità e si orienta verso un modello di creazione di valore che va oltre la semplice scrittura di codice.
Secondo gli analisti i leader del settore devono prepararsi a una nuova ondata di cambiamenti tecnologici, adottando pratiche che avranno un impatto profondo sulle loro operation e sul valore finale consegnato al business. Emerge la figura di un ingegnere del software la cui competenza non si esaurisce nella padronanza degli algoritmi, ma si estende alla sostenibilità, alla sicurezza dell’intera filiera digitale e all’ottimizzazione dell’esperienza dei propri colleghi sviluppatori.
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L’intelligenza artificiale come copilota e componente
Il dibattito sull’intelligenza artificiale nello sviluppo software si muove su un doppio binario. Da un lato si assiste all’affermazione di strumenti che potenziano il lavoro del programmatore; dall’altro l’AI diventa essa stessa un elemento fondamentale da integrare nelle applicazioni.
L’ingegneria del software potenziata dall’AI
L’AI-Augmented Software Engineering (AIASE) definisce l’impiego di tecnologie di intelligenza artificiale per accelerare e migliorare il ciclo di vita della progettazione del software. Strumenti di AI generativa, operando come veri e propri “copiloti”, sono in grado di assistere gli sviluppatori nella generazione di codice, nella stesura di test e nella conversione di codice legacy verso architetture più moderne.
Questa simbiosi tra uomo e macchina mira a liberare il progettista da compiti ripetitivi e a basso valore aggiunto. L’obiettivo è un aumento misurabile della produttività e un miglioramento della qualità del software, consentendo ai team di concentrarsi sulla risoluzione di problemi complessi e sulla progettazione di soluzioni innovative. Gartner prevede che entro il 2028 il 75% degli ingegneri del software aziendali utilizzerà assistenti basati sull’intelligenza artificiale, un’adozione massiccia rispetto a una penetrazione inferiore al 10% registrata all’inizio del 2023.
Lo sviluppo guidato dall’AI
Si fa poi facendo strada un approccio differente, definito AI-Driven Development. In questo caso, l’intelligenza artificiale non è solo uno strumento a supporto dello sviluppatore, ma diventa una componente attiva e autonoma all’interno dell’applicazione stessa. Si tratta di progettare e implementare sistemi software che incorporano modelli di AI per eseguire compiti, prendere decisioni o adattarsi dinamicamente a nuove condizioni senza un intervento umano diretto.
È un paradigma che apre le porte ad applicazioni più sofisticate, dai veicoli a guida autonoma ai sistemi di trading algoritmico, dove l’AI non è un ausilio ma il motore principale del funzionamento. Questa tendenza richiede agli ingegneri nuove competenze, legate non solo alla programmazione ma anche alla comprensione dei modelli di machine learning, all’etica degli algoritmi e alla gestione di sistemi non deterministici.
Sostenibilità e sicurezza, i nuovi pilastri dello sviluppo
Accanto all’innovazione guidata dall’AI, emergono due ambiti di responsabilità che stanno rapidamente diventando centrali per ogni team di sviluppo: la sostenibilità ambientale e la resilienza agli attacchi informatici.
L’ingegneria del software diventa “green”
Il Green Software Engineering è un campo emergente che si concentra sulla creazione di applicazioni ottimizzate dal punto di vista energetico e a basso impatto ambientale. Questa disciplina risponde a una crescente domanda di sostenibilità che proviene non solo dai regolatori e dai consumatori, ma anche dagli stessi obiettivi aziendali di responsabilità sociale e ambientale (ESG).
Progettare software “verde” significa considerare il consumo di risorse computazionali, l’efficienza degli algoritmi e l’impronta di carbonio dell’infrastruttura sottostante, sia essa on-premise o in cloud. Gli ingegneri del software sono chiamati a misurare, analizzare e ottimizzare le proprie applicazioni per ridurne l’impatto ecologico, una competenza che sta diventando un fattore distintivo e un requisito sempre più richiesto.
La sicurezza della catena di fornitura del software
La crescente complessità delle applicazioni moderne, spesso assemblate utilizzando decine di librerie e componenti open source di terze parti, ha esposto le aziende a nuovi e significativi rischi. La sicurezza della catena di fornitura del software (Software Supply Chain Security) si occupa di proteggere l’intero processo di sviluppo, dalla scelta dei componenti esterni fino alla distribuzione finale.
Pratiche come la creazione di una “distinta base” del software (SBOM, Software Bill of Materials), l’analisi statica e dinamica del codice e il monitoraggio continuo delle vulnerabilità sono diventate pratiche standard. Non si tratta più di un’attività confinata a un team di sicurezza, ma di una responsabilità diffusa che coinvolge ogni singolo sviluppatore.
Efficienza e produttività attraverso le piattaforme
L’ultima area di tendenza individuata da Gartner riguarda l’ottimizzazione del lavoro stesso degli sviluppatori. L’obiettivo è ridurre l’attrito e il carico cognitivo, permettendo ai team di essere più veloci, efficienti e soddisfatti.
L’ascesa del platform engineering
Il Platform Engineering è la disciplina che progetta e costruisce piattaforme di sviluppo interne (IDP, Internal Developer Platform). Una IDP è, in sostanza, un insieme curato di strumenti, servizi e processi automatizzati che i team di sviluppo possono utilizzare in modalità self-service per costruire e distribuire le proprie applicazioni. Invece di dover navigare la complessità di decine di tool diversi per il testing, il deployment o il monitoraggio, gli sviluppatori hanno a disposizione un’unica “strada maestra” che semplifica e standardizza le operation. Questo approccio migliora drasticamente l’esperienza dello sviluppatore (DevEx), accelera il time-to-market e garantisce una maggiore coerenza e affidabilità tra i vari progetti.
Ambienti di sviluppo in cloud
A completare il quadro vi sono gli Ambienti di Sviluppo in Cloud (CDE, Cloud Development Environments). Questa tendenza vede l’abbandono delle macchine di sviluppo locali, spesso complesse da configurare e mantenere, in favore di ambienti di lavoro remoti ospitati nel cloud. Un CDE fornisce agli sviluppatori un accesso on-demand a un ambiente di sviluppo pre-configurato, standardizzato e scalabile. I vantaggi sono evidenti: l’onboarding di un nuovo membro del team si riduce da giorni a minuti, si elimina il problema delle “differenze di configurazione” tra le macchine dei vari sviluppatori e si ottimizza l’uso delle risorse computazionali. Questa evoluzione rappresenta il passo finale per rendere l’intero ciclo di vita del software un processo gestito interamente in cloud.