Altri lavori, altri lavoratori nell’industria 4.0. Arriverà un “jobs app”?

Al Jobless Society Forum il punto sul lavoro nella società del futuro: “I robot non ruberanno i mestieri ma creeranno nuove disuguaglianze” dice Casilli del Paris Institute of Technology. Secondo il prof. Mingione “l’ansia sulla trasformazione del lavoro è quella che c’è sempre stata sul cambiamento della società”

Pubblicato il 01 Giu 2017

robot

No, i robot non ci ruberanno il lavoro. Ma è sicuramente vero che il lavoro sta cambiando e nuove disuguaglianze si affacciano alle porte della rivoluzione digitale dell’industria. “L’intelligenza informatica avrà alle spalle un’intelligenza umana”, avverte Antonio Casilli, del Telecommunication College of the Paris Institute of Technology. E però, osserva il ricercatore dal palco dell’edizione 2017, la numero due, del Jobless Society Forum di Milano, “come la globalizzazione ha creato delle disuguaglianze, così ne creerà questa rivoluzione”. Come il caso delle clickfarm, dimostra Casilli, stabilimenti dove si gestiscono centinaia di computer perché accumulino click sulle pagine di chi li ha comprato.

“C’è ansia sulla trasformazione del lavoro, che però è un’ansia che c’è sempre stata sul cambiamento della società”, osserva Enzo Mingione, del dipartimento di Sociologia dell’università Bicocca di Milano.

Gli stati generali

Jobless Society Forum è un incontro annuale in cui si dibatte di questioni legate al lavoro. E in particolare della società moderna, ormai avviata sul binario della rivoluzione digitale e quindi destinata a un lavoro più leggero e integrato con le macchine. All’incontro organizzato alla Fondazione Feltrinelli di Milano specialisti e studiosi del settore si sono confrontati su dieci temi legati all’evoluzione del lavoro, raccolti sotto il titolo: “Altri lavori, altri lavoratori”. Gli argomenti di confronto hanno spaziato da tecnologia a economia, da mestieri a competenze, da mobilità professionale a culture, da design a welfare, da rappresentanza a diritti.

I tavoli di confronto hanno prodotto una serie di spunti su cui organizzare la riflessione e le politiche occupazionali. Parola d’ordine per tutti è la formazione. Come dire: se non sappiamo cosa potrà succedere in futuro, conviene farsi trovare il più preparati possibile. La sollecitazione è a costruire un sistema di apprendimento continuo, abbattere le disuguaglianze nell’accesso alle forme di istruzione, migliorare il valore che le imprese conferiscono alle competenze. Moda e design, ad esempio, che pure sembrano meno toccati dall’impatto dell’industria 4.0, secondo i lavori del Jobless Society Forum devono indirizzarsi a un apporto più attivo da parte delle nuove tecnologie.

La questione dei diritti

Uno degli elementi più dirimenti sul dibattito del lavoro riguarda i diritti futuri. In una società in cui il lavoro si atomizza sempre più veloce, aumentando il numero degli autonomi, la questione dei diritti che possono essere riconosciuti diventa un tema urgente. Il caso emblematico è la protesta sollevata lo scorso ottobre dai fattorini di Foodora, applicazione per la consegna di cibo a domicilio, che chiedevano all’azienda il riconoscimento di un diverso trattamento economico e assicurazioni collaterali al loro mestiere.

Al forum è intervenuto Matteo Sarzana, responsabile in Italia di Deliveroo, società di food delivery. “Il business di Deliveroo non esiste senza i rider – spiega il manager -. La modalità di ingaggio è quella del lavoro autonomo. Se voglio lavorare come rider per Deliveroo, faccio domanda e do la mia disponibilità per i miei orari. Se in un momento voglio interrompere, sono libero di farlo senza ripercussioni. La sera di San Valentino il 47% di chi ci aveva detto che lavorava, non ha lavorato ma noi abbiamo dovuto far funzionare lo stesso il servizio”. “Il rider prima era gestito in modo precario e non dichiarato”, osserva Sarzana, che aggiunge: “Abbiamo lavoratori giovani, che lo fanno in modo saltuario. Chi lo fa in modo integrativo, perché magari ha un part-time. E chi lo fa da sempre di mestiere”.

Un Jobs App

Nei giorni scorsi, Francesco Rotondi, avvocato giuslavorista e cofondatore dello studio Lablaw, ha presentato alcune proposte per un contratto dei lavoratori del mercato delle app. Un Jobs app, lo ha definito, e prevede: retribuzione variabile, legata alle consegne; un minimo contrattuale per tutte le aziende del settore, con regole retributive identiche; welfare di settore e tutele, con un prelievo fisso di 30 centesimi su ogni retribuzione per finanziare un fondo assicurativo e di welfare della categoria.

Valuta la qualità di questo articolo

Z
Luca Zorloni

Cronaca ed economia mi sono sembrate per anni mondi distanti dal mio futuro. E poi mi sono ritrovato cronista economico. Prima i fatti, poi le opinioni. Collaboro con Il Giorno e Wired e, da qualche mese, con Innovation Post.

email Seguimi su

Articoli correlati

Articolo 1 di 5