Al via il “Lighthouse Plant Club” dove le fabbriche intelligenti fanno rete

Pubblicato il 21 Apr 2018

Lighthouse plant club Ansaldo Energia

I Lighthouse Plant italiani, le fabbriche faro per l’innovazione del sistema industriale, fanno sistema e danno vita a un “Club degli innovatori 4.0” che servirà a trainare tutto il sistema produttivo verso i modelli di fabbrica intelligente. Una proposta che parte da Genova, dalla prima Lighthouse Italiana, quella di Ansaldo Energia, che ha ospitato l’Assemblea Generale del Cluster Tecnologico Nazionale Fabbrica Intelligente all’interno della quale è stato siglato l’accordo per il Lighthouse Plant Club di cui Ansaldo Energia è primo socio.

“Oggi abbiamo dato vita a un club – ha spiegato il Presidente Gianluigi Viscardi – che ha l’obiettivo di far collaborare tutti i Lighthouse plant su questo percorso di trasformazione verso la fabbrica digitale coinvolgendo anche le Pmi e le università. Noi dovevamo fare qualcosa per la trasformazione sia di fabbriche esistenti che di impianti nuovi. Aziende produttive che devono essere trasformate in fabbriche digitali e in un nuovo modo di fare impresa per rispondere alle richieste del mercato”.

“Questo, oltre ad essere un onore – ha spiegato il Presidente di Ansaldo Energia, Giuseppe Zampini – vuole dire aver capito il valore di questa iniziativa e le modalità con le quali possiamo trascinare anche le piccole e medie imprese. Mi fa piacere che la nostra sia un’azienda all’avanguardia anche nella possibilità di trainare l’economia”.

I Lighthouse Plant, riferimento per aziende italiane ed esempio per l’estero

A spiegare la mission del Cluster Fabbrica Intelligente e le opportunità offerete dalla creazione dei Lighthouse plant Tullio Tolio, presidente comitato tecnico scientifico del cluster, che ha ricordato come l’idea è fare rete tra i 4 impianti industriali innovativi che sono, oltre ad Ansaldo Energia, Hitachi Rail, Tenova-Ori Martin, Abb.

“Pensiamo a una rete di impianti produttivi – ha spiegato – che introducono le migliori tecnologie di industria 4.0 e che possono essere punto di riferimento sia per le piccole medie imprese, per quelle startup che vogliono percorrere la via del miglioramento, ma anche per presentare l’Italia all’estero, con la forza che merita un paese così grande dal punto di vista manifatturiero”.

Per questo motivo, quindi i Lighthouse plant devono avere alcune particolari caratteristiche e un forte contenuto innovativo già in fase di partenza. “Possono essere o impianti nuovi o stabilimenti profondamente rivisitati – spiega Tolio – dove l’investimento iniziale deve essere nell’ordine di almeno 8 milioni. Il secondo aspetto che su questi impianti deve essere previsto un progetto di ricerca e innovazione che deve avere una dimensione di almeno 5 milioni. Infine l’impianto per essere un Lighthouse deve essere aperto, ospitare ricerca, per esempio dottorandi, ma anche aprirsi a delegazioni nazionali internazionali, e dare la possibilità a piccole medie imprese, o anche ad altre grandi aziende, di vedere concretamente un impianto produttivo con le tecnologie più avanzate all’opera”.

La ricetta di Ansaldo Energia per il Lighthouse Plant

Ansaldo Energia, primo Lighthouse Plant del Piano industria 4.0 – sottolinea Luca Manuelli, Chief Digital Officier -, prevede un grande investimento, circa 14 milioni di euro, per mettere in campo tutte le tecnologie dell’Industria 4.0 a supporto del potenziamento delle capacità delle fabbriche di Ansaldo di Genova, quella storica di Campi e la nuova, di Cornigliano. Ma il fatto di essere riusciti a diventare Lighthouse rappresenta anche un buon viatico per dare un supporto a tutte le altre aziende del territorio, per sviluppare la capacità di utilizzare al meglio le nuove tecnologie”.

“I processi di fabbrica intelligente – prosegue Manuelli – si baseranno sempre di più sull’utilizzo della tecnologia digitale e dei big data per guidare tutte le scelte legate alla realizzazione del prodotto in tutte le sue fasi. Questo è un elemento non solo tecnologico ma anche culturale e di competenze. Tutto l’aspetto legato al miglioramento dell’integrazione e delle capacità delle nostre risorse, quindi, è un’altra delle leve fondamentali che andremo a perseguire con il Lighthouse Plant”.

Abb, il lighthouse plant per la fabbrica diffusa

“Il Lighthouse Plant di Abb è una è una fabbrica diffusa su tre stabilimenti – spiega Fabio Golinelli, responsabile della Advanced processors & Technologies -: Dalmine,  dove produciamo gli interruttori di media tensione, Frosinone dove produciamo quelli di bassa tensione e Santa Palomba dove produciamo gli interruttori piccolini i differenziali. L’obiettivo è quello di creare un dimostratore reale, di vera produzione, dove applichiamo le soluzioni Digital di Abb, ma anche di aiutare la crescita della cultura di impresa italiana verso la digitalizzazione. Il terzo obiettivo è quello di mantenere il ruolo di leadership all’interno del gruppo come incubatore di innovazione che negli anni ci ha sempre permesso di beneficiare delle logiche della multinazionale che ha trasferito le produzioni da altri paesi verso l’Italia”.

“Le aree tematiche su cui andiamo a sviluppare il progetto – prosegue Golinelli – riguardano il tema della Digital Factory quindi il Digital twin e i flussi autonomi.  A fine mese riceveremo i primi due AGV, a guidà autonoma, che verranno installati nel sito di Dalmine. A questo si aggiunge il tema dei robot collaborativi. Noi abbiamo pronto YuMi, un cobot a due braccia che abbiamo anche dotato di una testa di intelligenza artificiale. Sviluppiamo la big data analitycs sia per la manutenzione che per la qualità predittiva, e abbiamo il tema della della sicurezza. Infine puntiamo sulla digital supply chain sulla quale stiamo costruendo un progetto”.

Tenova e Ori Martin lighthouse plant per l’acciaio 4.0 

“Il lighthouse plant di Tenova si colloca nel cluster di fabbrica intelligente – sottolinea Antonio Catalano, responsabile digital trasformation – con l’obiettivo di proporre assieme una fabbrica innovativa per la produzione di acciaio. Questo vuol dire tutti i macchinari connessi ma anche la connessione con gli stakeholder, con l’obiettivo di avere una fabbrica che produce oggetti di altissima qualità con una flessibilità che fino a oggi non era pensabile”.

“Noi vogliamo proprio produrre acciaio 4.0 – spiega Maurizio Zanforlin responsabile r&d Gruppo Ori Martin – e la scommessa sinergica tra Tenova e noi è proprio quella di avere tecnologie abilitanti e digitali in un ambiente pesante come quello siderurgico. Noi riforniamo l’industria automobilistica europea, dobbiamo portare qualità e dobbiamo puntare ad avere zero errori sui prodotti che forniamo. La tracciabilità e la conoscenza di ogni fase di produttiva è, quindi, fondamentale. A questo si aggiunge la funzionalità di tutti gli impianti che porta a una riduzione di costi con il massimo rendimento. Infine, sul tema della safety, stiamo mettendo a punto robot che vanno a sostituire e implementare il lavoro degli uomini mettendo il personale in sicurezza”.

Hitachi Rail la “fabbrica faro” studia i treni del futuro

“La nostra strategia nel definre un percorso Lighthouse Plant – sottolinea Fulvio Rinaldi Responsabile Industrializzazione Hitachi Rail Italy – punta sull’innovazione di prodotti e processi aziendali con l’obiettivo di produrre treni del futuro che possano soddisfare le nuove esigenze di mercato. Un percorso attraverso e varie tecnologie abilitanti, oggi disponibili, e con una trasformazione digitale del nostro processo produttivo e dei nostri prodotti”.

“Dal punto di vista pratico – prosegue Rinaldi – stiamo analizzando le esigenze di trasformazione di prodotto, e di processo, mettendo in atto iniziative, sia di produzione che di progettazione. Tra gli esempi concreti l’individuare nuovi metodi di produzione, o nuovi materiali, al fine di migliorare l’efficenza, la qualità e la sicurezza dei treni. Questo implica l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili. Se pensiamo che la saldatura delle nostre strutture si può eseguire con metodi ripetitivi che garantiscono la qualità del processo finale, questo significa andare verso nuovi materiali e processi di produzione che consentono strutture più leggere e sicure”.

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Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

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