La crisi della Germania traina al ribasso la manifattura dell’eurozona

In Germania, e in tutta l’Eurozona, la produzione industriale fa registrare una significativa contrazione. A tenere a galla il comparto manifatturiero, sia per il fatturato che per l’occupazione, sono i servizi. Ecco che cosa dicono i dati di luglio dell’indice PMI di IHS Markit

Pubblicato il 25 Lug 2019

locomotiva

La produzione industriale sta diventando una zavorra per l’economia europea, soprattutto in Germania, la locomotiva d’Europa. A sostenere il comparto manifatturiero, per il momento, sono i servizi.

A luglio l’indice Flash PMI Composito della Produzione dell’Eurozona (PMI) elaborato da IHS Markit, che riflette la capacità di un’area economica di acquistare beni e servizi tenendo conto di nuovi ordini, produzione, occupazione, consegne e scorte nel settore manifatturiero, è sceso a 51,5. Un dato che resta comunque positivo, superiore cioè alla soglia dei 50 punti che fa da spartiacque tra una prospettiva di crescita e una di contrazione, ma che nasconde due verità: da una parte i servizi, che hanno continuato a registrare una crescita robusta, anche se poco più debole di giugno; dall’altro la manifattura, che ha registrato il calo più importante della produzione da aprile 2013.

A destare particolare preoccupazione è il fatto che la crescita generale dei nuovi ordini è rallentata fin quasi a fermarsi, facendo segnare il valore più basso in cinque mesi. Le aziende manifatturiere hanno riportato la seconda più forte contrazione dei nuovi ordini dal 2012 mentre il flusso delle commesse destinate ai servizi sono scivolate al secondo valore più basso in cinque mesi.

Complessivamente il tasso di crescita del PIL dell’Eurozona “sembra destinato ad indebolirsi dallo 0,2% registrato nel secondo trimestre, avvicinandosi ad uno 0,1% nel terzo trimestre”, ha commentato Chris Williamson, Chief Business Economist di IHS Markit. “La Germania in particolare è stata colpita duramente dalle contrazioni manifatturiere e del settore automobilistico, e rischia una marginale contrazione del PIL durante il terzo trimestre. La Francia pare più solida, anche se la crescita del terzo trimestre probabilmente diminuirà leggermente dallo 0,3% allo 0,25%”.

La locomotiva tedesca fa retromarcia

È la Germania a destare particolare preoccupazione: a luglio l’indice PMI composito per la Germania è stato pari a 51,4 punti, in diminuzione dai 52,6 di giugno: è il punto più basso negli ultimi sei anni. L’indice relativo alle sole attività manifatturiere è invece crollato a 43,1 (a giugno era 45), il minimo assoluto negli ultimi sette anni a significativamente inferiore alla soglia neutra dei 50 punti.

I principali fattori di rallentamento sono stati il portafoglio ordini di produzione, che da aprile è sceso con una velocità molto elevata in un contesto caratterizzato da minori esportazioni (in particolare verso la Cina) e dalla debolezza nel settore automobilistico. Il calo delle esportazioni di luglio è stato il più forte degli ultimi dieci anni.

“A luglio la salute dell’industria manifatturiera tedesca è andata di male in peggio”, ha detto Phil Smith, Principal Economist di IHS Markit. C’è il concreto rischio “che il più grande stato membro dell’area dell’euro entri in una lieve recessione tecnica”.

Una crescita ancora solida nel settore dei servizi “significa che l’economia tedesca sta per il momento mantenendo la testa sopra l’acqua, ma anche qui ci sono segnali di crescenti preoccupazioni tra le aziende, dato che l’ottimismo ha toccato il minimo storico dei tre anni e mezzo”.

Ulteriore segnale del rallentamento sono i dati sull’occupazione, che a luglio nel complesso è cresciuta al ritmo più lento da oltre quattro anni e che, nel settore manifatturiero, ha fatto registrate un’accelerazione della riduzione di posti di lavoro.

Export e fiducia in calo

Tornando ai numeri dell’Eurozona, la causa principale di questo momento di debolezza continua ad essere il commercio con l’estero, compreso quello all’interno dell’eurozona. Le esportazioni hanno infatti registrato il calo più marcato da quando i dati relativi a beni e servizi sono disponibili, cioè da fine 2014.

Le commesse estere per la manifattura hanno fatto registrare un vero e proprio crollo (il più forte dal novembre 2011), mentre per i servizi la contrazione è stata più contenuta.

Stessa dinamica per il “fattore” fiducia. Al piccolo aumento registrato nel terziario, si è contrapposto un forte calo dell’ottimismo del manifatturiero, sceso al valore più basso da dicembre 2012.

L’indagine ha mostrato preoccupazioni crescenti per le guerre commerciali e le prospettive d’indebolimento della crescita economica sia nazionali che globali, ma anche per le tensioni geopolitiche sempre più accentuate, soprattutto sulla Brexit.

L’occupazione tiene grazie ai servizi

Anche l’andamento dell’occupazione ha una doppia faccia: nell’insieme le assunzioni hanno registrato il minor aumento negli ultimi tre anni (34 mesi).

Le aziende del Terziario hanno indicato un aumento occupazionale, anche se il dato è il più basso degli ultimi quattro mesi. Il settore manifatturiero invece ha riportato il terzo calo mensile consecutivo dei livelli occupazionali, con il maggior tasso di contrazione degli impieghi da giugno 2013.

Valuta la qualità di questo articolo

Franco Canna
Franco Canna

Fondatore e direttore responsabile di Innovation Post. Grande appassionato di tecnologia, laureato in Economia, collabora dal 2001 con diverse testate B2B nel settore industriale scrivendo di automazione, elettronica, strumentazione, meccanica, ma anche economia e food & beverage, oltre che con organizzatori di eventi, fiere e aziende.

email Seguimi su

Canali

Articoli correlati

Articolo 1 di 5