Blockchain: in Italia mercato a 30 milioni di euro, ma il potenziale è molto superiore

In Italia il mercato della blockchain è raddoppiato in un anno, toccando quota 30 milioni di euro. Ma è solo la punta dell’iceberg e gran parte delle opportunità offerte da questa tecnologia resta ancora tutta da sviluppare. Secondo l’analisi dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger del Politecnico di Milano solo il 37% delle grandi aziende e il 20% delle PMI italiane conoscono queste tecnologie.

Pubblicato il 17 Gen 2020

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In Italia il mercato della blockchain è raddoppiato in un anno, toccando quota 30 milioni di euro. Ma è solo la punta dell’iceberg e gran parte delle opportunità offerte da questa tecnologia resta ancora tutta da sviluppare.

La blockchain oggi è utilizzata soprattutto per la gestione dei pagamenti, la gestione documentale e della filiera operativa. Le aziende più attive sono banche, pubbliche amministrazioni e operatori dell’agro-alimentare, per la tracciabilità del sistema.

Trasparenza delle transazioni, tracciamento delle operazioni, la non modificabilità delle procedure, un’innovativa e più efficace gestione dei pagamenti, e dei fornitori, sono alcuni dei principali vantaggi offerti da questa tecnologia, sotto i riflettori in origine per essere alla base del funzionamento del Bitcoin, creato nel gennaio del 2009, e delle migliaia di criptovalute che lo hanno seguito e imitato.

Sono alcuni risultati della ricerca dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger della School of Management del Politecnico di Milano, presentata questa mattina al Campus Bovisa dell’ateneo, e che è stata distribuita ai partecipanti attraverso un token su Ethereum associato a una versione unica del rapporto. Un modo per applicare il sistema a un caso concreto.

In cerca di maturità

Nonostante il grande fermento, le tecnologie non sono ancora pienamente mature e sono ancora poche le applicazioni concrete. Il rovescio della medaglia è che ci sono ancora enormi opportunità da sfruttare: solo il 37% delle grandi aziende e il 20% delle PMI italiane conoscono queste tecnologie. Meno del 2% delle grandi e l’1% delle piccole ha avviato progetti.

E a livello internazionale la situazione non è molto diversa. Nel 2019 si contano 488 progetti blockchain e distributed ledger avviati nel mondo, in crescita del 56% rispetto al 2018, che portano a un totale di 1.045 quelli degli ultimi 4 anni. Ma di questi solo 158 sono implementativi, di cui appena 47 già operativi, il resto sono sperimentazioni o Proof of concept, mentre ben 330 sono solo annunci.

Fonte: Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger

Non ci sono ancora grandi numeri, ma importanti aziende e colossi internazionali hanno avviato progetti di innovazione; governi e istituzioni pubbliche hanno iniziato a investirci; le ‘Big tech’ stanno facendo il loro ingresso in questo mondo, ad esempio con Libra di Facebook e Ton di Telegram, ma anche con le soluzioni ‘blockchain as a service’ di Amazon, Microsoft e Alibaba.

Finora i progetti implementativi si concentrano nel settore finanziario (67), seguito da Pubbliche Amministrazioni (25), agro-alimentare (15) e logistica (11). Riguardano in particolare i pagamenti (44), la gestione documentale (42) e la Supply chain (31). Nella maggioranza dei casi (il 65%) le aziende hanno creato nuove piattaforme, piuttosto che utilizzare quelle esistenti.

Lo sviluppo nel mondo e in Italia

Nel mondo, Stati Uniti, Corea del Sud e Cina sono i Paesi più attivi, rispettivamente con 53, 31 e 29 casi censiti. Ma in Europa, appena dopo il Regno Unito con i suoi 17 progetti, arriva l’Italia con 16, che evidenzia un buon fermento. Gli investimenti in blockchain e distributed ledger nella Penisola nel 2019 hanno raggiunto 30 milioni di euro, ancora limitati ma in crescita del 100% rispetto al 2018.

Come funziona una rete blockchain distribuita

“Sono in arrivo importanti innovazioni tecnologiche come la ‘Proof of Stake’ di Ethereum 2.0. Sono entrati nuovi attori come Facebook e Telegram, si sono mosse le istituzioni pubbliche, si veda il caso dell’European Blockchain Service Infrastructure. Ma sono ancora poche le applicazioni delle aziende in tutto il mondo, perché il mercato fino a oggi si è concentrato sulla realizzazione di nuove piattaforme che richiedono mesi o anni per passare al progetto operativo, piuttosto che sullo sviluppo di applicazioni e progetti”, rimarca Valeria Portale, co-direttore dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger.

Tante aziende con poca consapevolezza

Nel nostro Paese oltre il 40% della spesa si concentra nella finanza e nelle assicurazioni, ma è molto attivo anche l’ambito Supply chain e tracciabilità di prodotto (in particolare nell’agro-alimentare che, sommando i vari settori in cui è applicato, vale il 30% degli investimenti) e la Pubblica Amministrazione.

In Italia, le imprese sono ancora lontane da una piena consapevolezza: solo il 37% delle grandi aziende e il 20% delle PMI conoscono le possibili applicazioni di blockchain e distributed ledger, appena il 12% delle grandi e il 3% delle medio-piccole pensano che impatteranno sul proprio business nei prossimi cinque anni. E nelle applicazioni concrete siamo all’inizio: meno del 2% delle grandi aziende e dell’1% delle piccole-medie ad oggi ha già avviato dei progetti.

Fonte: Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger

“A partire dal prossimo primo marzo il sistema blockchain creato per collegare il sistema bancario italiano sarà operativo per le prime venti banche”, anticipa Francisco Spadafora, Head of Blockchain service line di Ntt Data, “e dopo l’estate tutto il sistema bancario nazionale farà parte dello stesso ecosistema”. Per un totale di oltre 200 istituti di credito, che generano e devono gestire un’enorme quantità di transazioni finanziarie.

Barriere da affrontare, benefici da cogliere

Il basso numero di progetti operativi in Italia non è da imputare solamente a una mancanza di fiducia nelle tecnologie, ma anche alle scarse conoscenze, competenze e limitate risorse dedicate per la gestione di progetti che richiedono alta complessità.

Da un’indagine dell’Osservatorio del Politecnico milanese, su 75 grandi aziende italiane con qualche esperienza su queste tecnologie, emerge che il 52% ha sviluppato una visione strategica, conoscendo la tecnologia e comprendendo la portata rivoluzionaria, ma solo il 9% ha già definito persone e risorse economiche. Il 45% ha attivato sperimentazioni o progetti operativi, mentre il 55% non ha ancora realizzato nulla. Le principali barriere all’adozione sono le difficoltà a individuare i benefici, sviluppare delle competenze e allocare risorse.

Viceversa, i principali benefici riscontrati dalle grandi aziende che hanno già progetti (34) sono il migliore rapporto con partner e fornitori per condividere informazioni (nel 35% dei casi), la riduzione di frodi e manipolazione dati (29%), e una migliore riconciliazione di dati e pagamenti (29%). Poi vengono la maggiore fiducia verso partner e fornitori (26%), una maggiore fiducia da parte dei clienti (26%) e l’automatizzazione dei processi (26%).

Libra di Facebook e Ton di Telegram

In questi anni sono proliferate le piattaforme, che per diventare più facilmente utilizzabili e migliorare alcuni punti di debolezza si stanno evolvendo. Nello stesso tempo però si sono affacciate nuove realtà che possono rendere più semplice l’adozione delle criptovalute e delle soluzioni basate su blockchain e distributed ledger (‘registro distribuito’) tra il grande pubblico, per l’alto numero di utenti potenziali che possono coinvolgere, e la facile User experience che si propongono di offrire.

“Nel 2020 verrà lanciata in grande stile Libra di Facebook, moneta globale che punta a raggiungere gli ‘unbanked’ e tutti i 2,4 miliardi di utenti del social network”, fanno notare i ricercatori del Politecnico di Milano. Ed è in fase di finalizzazione il Telegram open network (Ton) di Telegram, attraverso cui i 240 milioni utenti dell’App di messaggistica potranno scambiarsi valore. Su Libra e Ton sarà possibile realizzare Smart contract e dApp (applicazioni non centralizzate ma distribuite sulla rete Blockchan), abilitando l’utilizzo di token.

La European Blockchain Service Infrastructure

Tra le attività in questo campo delle istituzioni pubbliche, la principale a livello continentale è l’European Blockchain Service Infrastructure (Ebsi), un’infrastruttura portata avanti da tutti e 28 i Paesi Ue per supportare molte applicazioni nella notarizzazione, nella gestione dei titoli di studio, nella ‘Self Sovereign Identity‘ (per creare e controllare la propria identità in modo più flessibile, autonomo e interoperabile), e nella condivisione affidabile di dati.

La possibilità di utilizzare un’infrastruttura a livello europeo con standard ben definiti potrà accelerare la diffusione di tecnologie blockchain e distributed ledger, favorendo la nascita di ulteriori progetti e casi d’uso da poter implementare.

Una grande blockchain pubblica

“La blockchain del futuro sarà una blockchain pubblica”, prevede Giuseppe Perrone, Blockchain Hub Mediterranean leader di EY, “e sarà una grande piattaforma per la condivisione dei dati e delle infrastrutture”. Dal canto suo, il Ministero dello Sviluppo economico (Mise) “ha stanziato oltre 4 milioni di euro per finanziare 6 progetti, che utilizzano la blockchain insieme ad altre tecnologie innovative ed emergenti, come le reti 5G”, spiega Marco Bellezza, consulente tecnologico del Mise.

Ma, per il pieno sviluppo delle tecnologie blockchain, in modo che possano davvero sbloccare l”Internet of Value’, nel prossimo futuro “è necessario innanzitutto chiarire il contesto regolamentale tra i vari Paesi, che attualmente è frammentato e non uniforme”, rileva Francesco Bruschi, co-direttore dell’Osservatorio Blockchain e Distributed Ledger.

E, guardando al futuro, “bisogna creare nuove applicazioni, focalizzandosi su quelle in grado di creare benefici concreti e reali”, sottolinea Bruschi: “nel 2020 ci attendiamo un ulteriore sviluppo in particolare nell’ambito della ‘finanza decentralizzata‘, con prodotti finanziari realizzati tramite protocolli sicuri e trasparenti senza intermediari, nella ‘Self Sovereign Identity’, che consente di dare singoli individui strumenti di controllo dell’identità digitale, e di nuovi sistemi monetari, per cui forse potremo assistere alle prime valute digitali emesse da banche centrali”.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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