Le aziende italiane e l’intelligenza artificiale: si muovono i primi passi, ma si deve fare molto di più

Il white paper intitolato ‘Intelligenza artificiale. Tecnologie e applicazioni industriali’, realizzato dal Gruppo software industriale di Anie Automazione in collaborazione con gli Osservatori Artificial Intelligence e Industria 4.0 del Politecnico di Milano, descrive un’adozione piuttosto blanda dell’AI da parte delle aziende italiane. Ecco i numeri e il report da scaricare

Pubblicato il 16 Nov 2020

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I numeri, come sempre, descrivono bene lo stato di un fenomeno. E quelli raccolti da Anie Automazione e dall’Osservatorio Artificial intelligence del Politecnico di Milano sull’intelligenza artificiale (AI) nelle aziende italiane indicano che si stanno muovendo i primi passi, ma anche che si può (e si deve) fare molto di più.

Ecco subito qualche esempio: il 16% delle imprese non sta ancora facendo nulla, il 18% per il momento dichiara solo di avere intenzione di fare qualcosa in futuro. Tradotto: un’azienda su tre (34% aggregato) è ancora ferma nei progetti per l’intelligenza artificiale. L’11% del totale censito ha almeno in mente un’idea allo stato progettuale; e poi si entra nell’area di chi sta già facendo qualcosa, di chi si sta ‘sporcando le mani’ con l’AI: il 24% delle imprese, quindi una su quattro, ha almeno un progetto in fase di sperimentazione; nel 15% dei casi si è già oltre la sperimentazione, si sta facendo implementazione. Solo il 16% delle imprese italiane a oggi ha un progetto e un’applicazione di artificial intelligence a regime, e quindi pienamente operativo.

“Guardando queste cifre, che fotografano lo stato dell’arte, francamente ci si poteva aspettare qualcosa di più”, rileva Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio Artificial intelligence del Politecnico di Milano.

Ma questa diffusione ancora rallentata e limitata dell’intelligenza artificiale nelle aziende non è certo una condizione solo italiana: sempre secondo i dati di Anie Automazione e del Politecnico milanese, anche a livello internazionale lo stato di avanzamento è ancora molto frenato: tra tutti i progetti principali di cui si ha notizia nelle maggiori imprese (oltre 150), meno del 40% è in fase di implementazione, e solo il 16% è operativo. Una percentuale che coincide con il dato italiano.

Quindi, di artificial intelligence per ora se ne fa un gran parlare – e ciò è senz’altro positivo perché aumenta la consapevolezza di questa tecnologia nel mondo delle imprese –, ma per ora si muovono solo i primi passi. Compiuti, come sempre, dalle realtà più dinamiche e pronte a cavalcare il cambiamento, le cosiddette ‘lepri’ dell’innovazione. Mentre la grande massa delle imprese si adatta o segue il cambiamento con lentezza, con diffidenza, spesso a fatica.

Il report

I dati sono contenuti in un white paper intitolato ‘Intelligenza artificiale. Tecnologie e applicazioni industriali’, realizzato dal Gruppo software industriale di Anie Automazione, in collaborazione con gli Osservatori Artificial Intelligence e Industria 4.0 del Politecnico di Milano (e scaricabile gratuitamente dal sito di Anie Automazione). Un rapporto che da un lato approfondisce i vari temi dell’artificial intelligence, per renderli ancora più chiari a imprenditori, manager e operatori sul campo, e dall’altro ne illustra lo sviluppo al momento, che è appunto ancora molto parziale.

L’intelligenza artificiale “è un processo in continua evoluzione, che evolve all’aumentare della capacità computazionale, di calcolo ed elaborazione degli algoritmi, che negli ultimi anni ha avuto e avrà sempre di più una forte accelerazione”, fa notare il direttore dell’Osservatorio Artificial intelligence del Politecnico di Milano.

E sottolinea: “finora, a fare la parte del leone nello sviluppo e nell’applicazione di soluzioni AI è essenzialmente la fabbrica, la manifattura, protagonista della cosiddetta Industria 4.0. Gran parte delle applicazioni avviate finora riguardano ad esempio l’intelligence data processing, l’utilizzo dei dati attraverso l’internet of things. C’è poi una certa diffusione di applicazioni di computer vision e robotica autonoma, supportata anche dagli chatbot, gli assistenti virtuali”. Miragliotta – e il white paper di Anie Automazione – spiega anche che “ciò che spinge di più le imprese a sviluppare un progetto di AI è ad esempio il livello di conoscenza interna, la necessità di rispondere alle esigenze dei clienti, la volontà di stare al passo con la concorrenza”.

Far accettare l’intelligenza artificiale da quella umana

Ma, per arrivare a tutto ciò, c’è da superare innanzitutto la difficoltà nel trovare le giuste competenze – meglio se interne (costa meno e ci sono già), oppure esterne –, nel trovare i budget necessari, sviluppare le relative tutele di cybersecurity, e, non ultimo, far accettare l’intelligenza artificiale da parte dell’intelligenza umana dei dipendenti e addetti ai lavori.

Il ‘viaggio’ dall’azienda tradizionale a quella con intelligenza artificiale

Sviluppare sistemi di AI significa anche che “le imprese devono rivedere e aggiornare la propria cultura aziendale”, sottolinea Fabio Marchetti, presidente del gruppo Software Industriale di Anie Automazione, “in più, il progetto di artificial intelligence va non solo pensato, progettato, avviato, ma va poi portato avanti nel corso del tempo”. Si possono poi verificare errori – anche l’intelligenza artificiale può sbagliare –, errori da cui imparare, l’importante è non fermarsi alle prime difficoltà o ai primi imprevisti.

L’intreccio con gli altri mega-trend digitali

Al giorno d’oggi, i sistemi che utilizzano principi di intelligenza artificiale sono largamente impiegati nelle applicazioni informatiche e ingegneristiche e se ne immagina un forte sviluppo per il prossimo futuro. In particolare, nel settore industriale l’AI sta introducendo elementi innovativi in molti ambiti della gestione della produzione e della conduzione aziendale, sottraendo progressivamente all’operatore umano l’onere di decisioni sempre più complesse e critiche che possono essere invece prese in autonomia, velocemente e in maniera affidabile da una macchina ben addestrata. “Ma l’uomo e il contributo umano restano al centro dell’evoluzione”, tiene a precisare Marchetti, “l’AI ha funzioni operative, il controllo, la visione, gli obiettivi finali sono e restano di pertinenza di uomini, imprenditori, manager”.

L’artificial Intelligence rappresenta una trasformazione digitale pervasiva, che si intreccia con altri mega-trend digitali, come la Cloud transformation e l’Internet of Things: da un lato il Cloud mette a disposizione un ecosistema che abilita e accelera l’analisi massiva di dati, dall’altro l’IoT offre una varietà di dispositivi e sensori connessi che possono essere utilizzati non solo come strumenti di raccolta dati, ma anche come canali per veicolare servizi basati sull’artificial intelligence. In settori molto diversi e per applicazioni trasversali: dalla manifattura all’Automotive, Salute e ricerca scientifica, agricoltura e alimentazione, logistica e trasporti.

In fabbrica finora il maggiore numero di casi applicativi

Guardando alle aree di implementazione, è l’area Factory a concentrare il maggior numero di casi applicativi, trainata principalmente dalle applicazioni per l’ambiente produttivo (come pianificazione delle attività, monitoraggio delle prestazioni, e via dicendo). Anche i processi non operativi sono al centro del processo di trasformazione, in particolare con applicazioni nell’ambito del marketing (per esempio dynamic advertising) e dell’assistenza al cliente (chatbot). Seguono poi le aree Product life cycle, trainata dai progetti nei settori chimici e farmaceutici, e supply chain per fornitura e logistica.

La diffusione dell’intelligenza artificiale per area di applicazione

In questo nuovo panorama di integrazione funzionale, le nuove tecnologie permettono di costruire quella che viene definita data driven enterprise. “Nella data driven enterprise, cade l’organizzazione per silos, cedendo il passo a un modello organizzativo collaborativo e interconnesso, dove tutte le aree che vanno dall’innovazione di prodotto, al procurement, alla produzione, vendite e logistica sono in costante dialogo”, osserva Riccardo Borsatti, Digital enterprise consultant di Siemens. Un modello di impresa dove la capacità di saper leggere le informazioni funzionali al business diventa l’elemento chiave per la competitività. Insieme alle capacità dell’uomo di fornire un apporto fondamentale, grazie alle sue prerogative, oggi supportate da una tecnologia capace di essere veramente un utile compagno di lavoro. E l’intelligenza artificiale rappresenta l’elemento chiave in questa nuova visione.

Usare il dato per conoscere: chi non conosce, non migliora

Una recente ricerca (di BCG e Mit Sloan management review) rileva che l’84% delle aziende hanno dichiarato che l’intelligenza artificiale rappresenterà il primo fattore competitivo nei prossimi anni. Altre autorevoli fonti (Idc, Gartner, Deloitte) riportano come la spesa in sistemi AI arriverà nel 2023 a circa 98 miliardi di dollari, che già nel 2020 circa l’80% delle applicazioni cloud enterprise faranno uso di AI e che l’AI contribuirà all’economia mondiale per più di 10 miliardi di dollari entro il 2030.

“È chiaro come per poter sfruttare al meglio le potenzialità dell’AI in un simile contesto, il dato rappresenta il punto di partenza su cui porre attenzione”, rileva Marco Gamba, EcoStruxure for industry manager di Schneider Electric. E fa notare: “oggi le aziende spendono più tempo a collezionare dati che nelle attività legate all’analisi degli stessi. Nella maggior parte dei casi è molto complesso estrarre dati che spesso risiedono in sistemi legacy”. E, non ultimo, la capacità di integrare dati che provengono da e riguardano diversi processi risulta ancora appannaggio di pochi. Siamo solo ai primi passi. La strada per arrivare a un’intelligenza artificiale davvero sviluppata nelle imprese è appena iniziata.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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