Materie prime, l’allarme di Acimac, Amaplast e Ucima: “Stop alla produzione rischio sempre più reale”

Acimac, Amaplast e Ucima si uniscono all’allarme lanciato da altre associazioni di rappresentanza del mondo industriale sul possibile stop alla produzione causato dal rialzo dei prezzi delle materie prime e dalla difficoltà di approvvigionamento. Oltre a misure urgenti serve una politica industriale “continentale” che consenta alla manifattura nazionale ed europea di ridurre la sua dipendenza da materie prime e semilavorati provenienti da altre regioni

Pubblicato il 29 Mar 2022

packaging machine

Senza un intervento urgente per far fronte all’incremento dei costi di produzione e lo shortage di materie prime e componentistica le aziende rischiano presto uno stop alla produzione: è l’allarme lanciato da Acimac (Associazione Costruttori Italiani Macchine e Attrezzature per Ceramica), Amaplast (Associazione Nazionale Costruttori di Macchine e Stampi per Materie Plastiche e Gomma) e Ucima (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio).

I presidenti delle tre associazioni, unendosi al simile avvertimento lanciato già da altri settori (qui gli allarmi di Ucimu e quello di Anima), avvertono che ci si sta avvicinando a un punto di non ritorno e, senza un intervento da parte del Governo, le aziende che rappresentano saranno presto forzate a fermare la produzione.

Le difficoltà di approvvigionamento che già avevano frenato la ripresa del 2021 – che, nonostante le difficoltà, è stato comunque un anno positivo per i tre settori, con un fatturato aggregato di oltre 15 miliardi di euro, in aumento del 13,2% rispetto al 2020 – si sono infatti aggravate con il conflitto in corso tra Ucraina e Russia.

“Se già alla fine dello scorso anno il rincaro dei costi di produzione e delle materie prime, i ritardi di consegna della componentistica, gli incrementi delle tariffe per i trasporti e la crescita smisurata dei costi energetici erano elementi che ci facevano stare in allerta, adesso il Paese è vicino a fermarsi“, spiega Matteo Gentili, Presidente di Ucima.

Rischio di blocco per intere filiere

“Siamo nel mezzo di una situazione paradossale: le nostre aziende hanno un corposo portafoglio ordini che non riescono ad evadere. Il rischio che si sta facendo via via più reale è quello dello stop produttivo”, sottolinea Paolo Mongardi, Presidente di Acimac.

L’incontrollato aumento dei costi energetici e l’indisponibilità dei materiali, con conseguente incremento dei prezzi per l’acquisto, rischia di mettere in serio pericolo la produzione e di conseguenza di bloccare intere filiere, minando da un lato la forte ripresa in atto e dall’altro indebolendo la competitività internazionale della meccanica avanzata made in Italy.

I comparti delle macchine e delle attrezzature per la ceramica, la plastica, la gomma e l’imballaggio avevano già denunciato negli scorsi mesi tale situazione critica che in questi giorni sta assumendo sempre più i toni dell’emergenza: nel giro di pochi giorni infatti, i costi energetici sono schizzati alle stelle e si stanno drasticamente riducendo le disponibilità di alcune materie prime essenziali per la produzione delle complesse macchine automatiche, ad iniziare dagli acciai e dai metalli di cui le aree interessate dal conflitto sono grandi produttori.

A questo si aggiunge la difficoltà di reperire, se non con notevolissimi ritardi e a prezzi salatissimi, componentistica industriale, materie plastiche e argille. Un ulteriore colpo alla tenuta dei tre settori è dato dal blocco degli ordini degli impianti diretti in quelle zone e in quelle limitrofe.

“Servono subito proposte mirate per calmierare non solo il costo di gas ed elettricità ma anche quello delle materie prime necessarie per la produzione dei nostri macchinari e quello delle materie plastiche usate dai trasformatori nostri clienti”, prosegue Dario Previero, Presidente di Amaplast.

La proposta per un Industrial New Deal europeo

I vertici delle tre associazioni chiedono a gran voce che Unione Europea e Governo nazionale si adoperino per scongiurare in futuro una situazione come quella attuale.

Gli ultimi due anni, infatti, hanno mostrato tutte le fragilità dei sistemi di approvvigionamento globali. “Per questo è necessaria una seria politica industriale continentale che consenta alla manifattura nazionale ed europea di ridurre la sua dipendenza da materie prime e semilavorati provenienti da altre regioni” avvertono i tre Presidenti.

“Chiediamo che istituzioni e mondo industriale si mettano al lavoro al più presto per un nuovo Industrial New Deal europeo che tuteli la manifattura continentale con misure di breve periodo che supportino le aziende in questo difficile momento, ma soprattutto che ne salvaguardino il futuro”, aggiungono.

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Michelle Crisantemi

Giornalista bilingue laureata presso la Kingston University di Londra. Da sempre appassionata di politica internazionale, ho vissuto, lavorato e studiato in Spagna, Regno Unito e Belgio, dove ho avuto diverse esperienze nella gestione di redazioni multimediali e nella correzione di contenuti per il Web. Nel 2018 ho lavorato come addetta stampa presso il Parlamento europeo, occupandomi di diritti umani e affari esteri. Rientrata in Italia nel 2019, ora scrivo prevalentemente di tecnologia e innovazione.

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