Lo scienziato Metta e il filosofo Floridi su AI e robotica: “La tecnologia risolve la complessità e non ruba posti di lavoro”

Il confronto sui temi dell’intelligenza artificiale e della robotica tra Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, e Luciano Floridi, professore ordinario di filosofia ed etica dell’informazione dell’Università di Oxford e direttore del Digital Ethics Lab. L’AI risolve la complessità, ma non la difficoltà e i robot non rubano il lavoro, ma portano a ripensare il mondo del lavoro

Pubblicato il 17 Giu 2022

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Metti a confronto, sui temi dell’intelligenza artificiale, uno scienziato dell’innovazione come Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, e un filosofo “specializzato” su questi temi come Luciano Floridi, professore ordinario di filosofia ed etica dell’informazione dell’Università di Oxford e direttore del Digital Ethics Lab. È capitato in occasione dell’inaugurazione della nuova startup Rta Robotics a Pavia.

E si scopre che sulle potenzialità dell’artificial intelligence, e sull’etica che deve tracciarne la strada, hanno molti punti in comune e praticamente nessun elemento di sostanziale disaccordo.

Inizia Floridi a mettere in chiaro una cosa: “l’intelligenza artificiale, più che imitare e cercare di replicare quella umana, deve risolvere problemi, attività concrete”. Il filosofo italiano dell’Università di Oxford, che da tempo segue i temi che uniscono l’uomo e l’innovazione, fa notare che lo sviluppo dell’artificial intelligence (AI) è mosso da due distinte correnti: un filone di ricerca punta a far crescere l’intelligenza dei computer e delle macchine cercando di replicare digitalmente e il più possibile le abilità umane; un altro filone è invece per così dire più ‘pragmatico’ e applicato ad attività e operazioni concrete.

Ed è questo approccio più ingegneristico che sta prevalendo. “I maggiori sviluppi dell’AI, e le migliori sorprese che ci riserverà, almeno nel medio periodo sono quelli collegati ad applicazioni concrete, a risolverci dei problemi, a fare le cose che si facevano prima ma più facilmente, più velocemente, con soluzioni migliori”, dice Floridi.

I robot ‘umanoidi’ in tutto e per tutto, non solo nelle sembianze antropomorfe ma anche nel funzionamento del ‘cervello’, sono senza dubbio una suggestione e una sfida molto interessanti, ma sia il filosofo sia lo scienziato creatore di iCub si trovano d’accordo: “se ci diamo appuntamento qui tra trent’anni, non ci sarà un robot che si avvicinerà molto alle capacità e facoltà umane, e in grado di interagire con noi come stiamo facendo oggi. È una scommessa, ma secondo noi certe capacità umane, come l’intuito, la flessibilità di ragionamento, l’adattabilità di pensiero, e molto altro ancora, non saranno così facilmente replicabili in un cervello elettronico”.

Floridi fa un altro esempio: chiedete a un robot di allacciare un paio di scarpe e non lo saprà fare. Una cosa che sa invece fare anche un bambino delle elementari. E questo perché “l’AI risolve la complessità, ma non la difficoltà”, rimarca Floridi, “l’artificial intelligence può trovare soluzioni a qualcosa di molto complesso, e anche molto in fretta, ma se ciò non è riconducibile a un calcolo o un algoritmo, le sue potenzialità diminuiscono drasticamente. Sarà quindi compito dell’Uomo trasformare le sue difficoltà in complessità, in modo da farsi aiutare dalle macchine”.

I limiti della robotica

Su questo punto Metta rincara la dose: “il limite della robotica, anche quella industriale, è che funziona solo in ambienti ‘controllati’ e per attività che si possono tenere sotto controllo, potendo aggiungere qualche variabilità”. Ma in un ambiente ‘imprevedibile’, con troppe varianti da considerare, “un robot non funziona”.

È lo stesso motivo per cui, secondo lo scienziato e il filosofo, vanno smitizzate e ridimensionate le prospettive sulla mobilità autonoma: “ci sono già i primi veicoli autonomi in circolazione in modo sperimentale, ma un conto è fare esperimenti, un altro è mettere in circolazione migliaia di veicoli insieme a quelli non automatizzati. Per questo, un’ipotesi è quella di creare corsie e strade riservate ai veicoli autonomi, ma”, rimarca il filosofo con una battuta, “allora è come fare dei treni”.

Uno sviluppo dell’AI davvero ‘disruptive’

Dove lo sviluppo dell’intelligenza artificiale può essere davvero ‘disruptive’ rispetto al passato “è, ad esempio, in medicina, biologia, ricerca e sviluppo, analisi dei dati”, spiega il direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.

Nel mondo industriale e manifatturiero, invece, un importante contributo dall’intelligenza artificiale può venire nel “sviluppare una produzione a minore impatto ambientale”, fa notare Metta, “e ciò vale anche per l’agricoltura di precisione, sempre meno bucolica e sempre più tecnologizzata, ma anche per fare bene queste cose mancano ancora sensori e tecnologie adeguate da sviluppare”.

Una fase fondamentale, in ogni ambito di attività, è quella del “Design e progettazione”, rimarca Floridi, “perché è importante studiare e poi realizzare spazi e soluzioni ad hoc per la robotica, ma senza dimenticare che gli stessi devono andare bene anche per gli uomini. E questo va fatto in fase di progettazione. Perché se poi ci accorgiamo che ciò che è stato sviluppato in realtà non va bene, tornare indietro e rimediare è più difficile”.

Attivare un robot come accendere una lampadina

Un’altra considerazione riguarda il mondo del lavoro, e l’ormai lunga polemica che vuole la robotica portare via posti di lavoro alle persone: “è molto limitato e limitante vedere le cose in questo modo”, rileva il filosofo, “anche perché il lavoro non è una quantità finita di attività, il lavoro non è una torta, per cui togliendone via una fetta ne rimane di meno: c’è e ci sarà sempre da fare, ma in modo diverso rispetto a prima. La robotica porta a ripensare il mondo del lavoro, con nuove e diverse opportunità”.

E poi Floridi, come ogni approccio realmente innovativo, guarda avanti: “oggi parliamo di intelligenza artificiale come se fosse ancora fantascienza, tra qualche anno sarà diventata qualcosa di comune, quotidiano, banale, come per tutti noi lo è l’uso dell’elettricità”. Non ci sarà niente di strano nell’attivare un robot, come accendere una lampadina o il televisore.

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Stefano Casini

Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com

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