L’integrazione verticale nella logistica è diventata uno dei fenomeni strutturali più rilevanti nel panorama italiano. Le evidenze presentate da Damiano Frosi, Direttore dell’Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet”, descrivono un cambiamento profondo nei modelli operativi dei maggiori operatori del settore. Le sue analisi mostrano come i player di riferimento non stiano semplicemente ampliando la gamma dei servizi offerti, ma stiano modificando la natura stessa della propria organizzazione, assumendo direttamente una parte crescente della manodopera e riducendo il ricorso ad attività esternalizzate. Ciò che emerge è un comparto che punta a un maggiore controllo delle operazioni e a una gestione più strutturata della filiera, in risposta a dinamiche di costo, pressioni normative e maggiori aspettative dei committenti.
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I Top Player crescono per acquisizione interna di competenze e risorse
La trasformazione appare evidente analizzando il comportamento dei 43 Top Player italiani monitorati dall’Osservatorio. Frosi illustra come il numero dei lavoratori diretti impiegati da questi operatori aumenti in modo significativo: «i dipendenti diretti passano da 30.700 nel 2022 a 34.600 nel 2023». Un incremento di quasi 4.000 unità in un solo anno, che non riguarda ruoli manageriali o di staff, ma in larga misura personale operativo, con impatti profondi sulle dinamiche interne delle aziende.
Questo aumento non rappresenta un semplice ampliamento della forza lavoro, ma un cambio strutturale del modello. I Top Player della logistica italiana scelgono di presidiare direttamente fasi operative che in passato erano più frequentemente affidate all’esterno, in forma di appalto o di gestione terziarizzata. La crescita del personale diretto diventa così un indicatore concreto dell’evoluzione verso l’integrazione verticale nella logistica, un processo che consente alle imprese di incrementare il controllo sulle performance, ridurre i rischi di frammentazione e garantire maggiore coerenza nelle strategie di servizio.
Il costo del personale aumenta: un segnale della trasformazione in corso
Il secondo elemento evidenziato da Frosi riguarda il costo medio per addetto, che cresce da 46.234 a 46.451 euro. Pur non trattandosi di un incremento elevato in valore assoluto, il dato assume un significato particolare se confrontato con la composizione della forza lavoro: l’aumento dei dipendenti diretti ha riguardato in larga parte lavoratori operativi, le cui retribuzioni sono generalmente inferiori rispetto ai ruoli impiegatizi e manageriali. L’incremento del costo medio per addetto, spiega Frosi, indica che il settore sta assorbendo gli effetti dei più recenti aggiornamenti contrattuali e sta investendo in un personale sempre più stabile e professionalizzato.
Il maggiore ricorso al lavoro diretto comporta nuovi impegni economici: formazione più strutturata, responsabilità di coordinamento interno, gestione dei turni e dei picchi di attività. Allo stesso tempo, permette alle aziende di ridurre la variabilità tipica dei servizi esternalizzati, che spesso risentono di dinamiche di mercato o di contratti non pienamente allineati agli obiettivi del committente.
Meno servizi terziarizzati: un cambio di equilibrio nella filiera
Uno dei dati più significativi condivisi da Frosi riguarda la diminuzione del peso dei servizi terziarizzati sul fatturato dei Top Player: la quota scende dal 71,9% al 68,9%. La variazione, apparentemente contenuta, rappresenta invece un passaggio rilevante perché indica una tendenza chiara: le attività operative centrali sono sempre più svolte internamente.
Il calo dei servizi terziarizzati non è il risultato di un improvviso disinvestimento nelle collaborazioni esterne, ma della scelta di riportare all’interno funzioni che richiedono maggiore controllo, continuità o integrazione con sistemi digitali proprietari. È una dinamica che tocca in particolare il trasporto, il magazzino e alcune attività di handling e pianificazione, e che riflette la volontà degli operatori di garantire maggiore qualità e affidabilità del servizio.
Le aziende che adottano una maggiore integrazione verticale possono contare su flussi informativi più omogenei, processi più facilmente standardizzabili e una supervisione più diretta delle performance. Con un effetto collaterale non trascurabile: la necessità di rafforzare competenze interne e di sostenere costi che, nel breve periodo, possono risultare più elevati rispetto all’esternalizzazione.
Le ragioni della verticalizzazione: costi, rischi e qualità del servizio
Dalle parole di Frosi emerge con chiarezza che l’integrazione verticale nella logistica non è frutto di una singola causa. Il settore negli ultimi anni ha dovuto affrontare aumenti significativi dei costi della manodopera, pressioni normative crescenti, maggiore attenzione alla compliance e dinamiche di mercato caratterizzate da oscillazioni improvvise. In questo scenario, la capacità di controllare direttamente le attività operative diventa un vantaggio.
Gestire internamente una parte più ampia della filiera permette di:
- prevedere meglio l’impatto economico degli aumenti retributivi;
- ridurre la complessità amministrativa legata alla gestione degli appalti;
- mantenere una continuità operativa più stabile;
- allineare rapidamente i processi ai cambiamenti dei volumi o ai picchi stagionali;
- rispondere più velocemente alle esigenze dei committenti.
È un equilibrio delicato: verticalizzare significa assumersi una quota maggiore di responsabilità gestionale e finanziaria, ma permette anche di ridurre i rischi derivanti da prestazioni non pienamente controllabili.
Un settore che punta al controllo interno per governare cicli più instabili
La crescita del personale diretto e la riduzione dei servizi esternalizzati mostrano un settore in cui la ricerca di stabilità passa attraverso una gestione più centralizzata e controllata delle operations. Il modello della logistica conto terzi in Italia continua a basarsi sull’esternalizzazione di molte attività, ma i dati illustrati da Frosi indicano un riassetto chiaro e misurabile.
L’integrazione verticale nella logistica diventa così una risposta concreta a un contesto in cui i costi cambiano rapidamente, i volumi oscillano in modo imprevedibile e la qualità del servizio rappresenta un fattore competitivo decisivo. Un’evoluzione che non riguarda solo le strategie dei grandi operatori, ma che influenza l’intero ecosistema della logistica italiana, definendo nuove priorità, nuovi investimenti e nuovi modelli organizzativi.












