La sicurezza i tempi del Covid: le falle aperte dal lavoro agile

La pandemia ha spinto molte aziende a fare uso del lavoro agile che, da un lato, ha permesso alle imprese di mantenere la produttività anche nei momenti di lockdown, ma dall’altro ha rappresentato un’opportunità anche per i cybercriminali. Lo studio di Kaspersky

Pubblicato il 17 Set 2020

Cset 2020 genova

La cyber security al tempo del Covid-19 ma anche tutti gli altri temi legati alla sicurezza informatica, in ambiti come quelli dei trasporti, delle infrastrutture, della sicurezza sul lavoro, di quella industriale e delle nuove tecnologie. Sono stati questi i temi al centro di CSET, Cyber Security for Energy & Transport Infrastructure che, in questa sua sesta edizione, divisa tra la presenza fisica, nella sede del Palazzo della Borsa di Genova e live streaming, ha mantenuto comunque una partecipazione molto alta, con 60 esperti in sede e oltre 300 gli iscritti online.

Abbiamo cercato di capire quanto sia importante proteggere grandi e piccole imprese – spiega Paola Girdinio, organizzatrice del convegno e presidente del Competence Center Start 4.0 – e come soprattutto proprio le realtà più piccole debbano imparare ad attrezzarsi nei confronti degli attacchi informatici visto che, ormai, le grandi realtà industriali non si rivolgono più a chi non ha sensibilità verso questi temi“.

Covid-19 e cybersecurity, i rischi del lavoro agile secondo Kaspersky

Tra i temi di stretta attualità affrontati nel corso del congresso anche argomenti di stretta attualità, come quello legato all’influenza che il Covid-19 ha vuoto anche sulla sicurezza informatica. La pandemia ha, infatti, spinto molte aziende a fare uso del lavoro agile che, da un lato, ha permesso alle imprese di mantenere la produttività anche nei momenti di lockdown, ma dall’altro ha rappresentato un’opportunità anche per i cybercriminali, che si sono trovati di fronte a persone che si scambiavano dati sensibili utilizzando dispositivi  informatici personali, meno protetti e, di conseguenza, più vulnerabili.

Un tema analizzato con attenzione da Kaspersky, presente a Cset, che ha messo questi problemi al centro di una ricerca internazionale. Secondo i dati raccolti dall’azienda, che ha realizzato 6 mila interviste  a lavoratori in smart working emerge che circa due  terzi degli intervistati (il 68%) usa il proprio personal computer per lavorare da casa, e questo può mettere a rischio i dati lo le infrastrutture aziendali visto che, ad esempio, il 33% degli intervistati ha ammesso di visitare siti web per adulti con lo stesso dispositivo che usano per il lavoro.

A questo si aggiungono i rischi legati alla modalità utilizzata per connettersi con i server aziendali, o l’uso del router collegato anche con apparecchi domestici “smart”, che in alcuni casi, ha creato una vulnerabilità dei sistemi di sicurezza. Una soluzione sarebbe la connessione in tecnologia Vpn, secondo il report viene utilizzata solo dal 53% dei dipendenti.

D’Angelo, “Spostare l’attenzione da ambienti business ad ambienti ibridi”

“Abbiamo notato da diversi studi quanto il termine Covid, e tutto quello che gli gira intorno in termini di comunicazione, sia stato un mezzo attraverso il quale i cyber criminali si sono cercati di introdurre nei devoce personali sia attraverso attacchi di phishing che altre azioni”, spiega Cesare D’Angelo, head enterprise Kaspersky. “È stato, quindi, un tema di forte attenzione, sia lato attaccante che difensore, e gli studi che abbiamo portato avanti in questo periodo mostrano come questa emergenza sia stata oggetto di attenzioni particolari.  Abbiamo, quindi, spostato l’attenzione da una protezione puntuale, legata ad ambienti di lavoro o a quelli prettamente di business ad ambienti più ibridi. Di conseguenza ci siamo concentrati molto nell’utilizzare servizi e soluzioni per allargare il campo di azione anche nei confronti di clienti che non avevano ancora questa necessità e che hanno imparato con noi a guardare un orizzonte più ampio rispetto alla protezione degli endpoint o dei device mobili, come inizialmente tanti clienti intendono strutturare la loro sicurezza”.

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Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

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