Il Centro Studi Confindustria: “Il PIL va meglio del previsto, ma il PNRR è cruciale per sostenere gli investimenti”

L’Italia ha fatto registrare un buon avvio d’anno con il PIL in crescita e l’inflazione in graduale diminuzione. Tuttavia gli investimenti fissi delle imprese sono in rallentamento: per questo è fondamentale proseguire nell’implementazione del PNRR per sostenere gli investimenti, in particolare quelli in tecnologie digitali e per l’efficienza energetica, e per alzare finalmente il potenziale di crescita dell’economia italiana nei prossimi anni.

Pubblicato il 29 Apr 2023

crescita

L’Italia ha fatto registrare un buon avvio d’anno, migliore di quanto fosse possibile prevedere. Il PIL del primo trimestre infatti ha fatto segnare una crescita dello 0,5%, portando la variazione acquisita per il 2023 a +0,8%.

L’analisi del Centro Studi Confindustria rileva che a trainare la crescita sono stati i servizi e l’industria (inclusa l’edilizia). La crescita di quest’ultima inoltre è dovuta all’effetto di trascinamento generato dalla chiusura del 2022.

A incidere favorevolmente è stato il calo del prezzo del gas (43 euro/MWh in aprile) che ha alimentato la fiducia degli operatori e favorito una leggera riduzione dell’inflazione (+7,6% annuo a marzo). Il Centro Studi Confindustria però avvisa: il calo dell’inflazione sarà lento e questo avrà delle inevitabili ricadute sui consumi.

Industria, servizi e consumi

L’industria dicevamo è positiva ma solo grazie al trascinamento di fine 2022. La produzione industriale a gennaio e febbraio ha subito due flessioni (-0,5% e -0,2%). La variazione acquisita per il 1° trimestre è di poco positiva (+0,1%), grazie alla buona eredità di dicembre.

I dati qualitativi dipingono uno scenario complesso: l’indice PMI che misura la fiducia degli operatori è sceso da 52 a 51,1, mantenendosi comunque in territorio positivo (50 è il valore che sancisce il confine tra giudizi positivi e negativi). Tuttavia la fiducia delle imprese è di nuovo calata in aprile dopo qualche mese di crescita a causa della flessione degli ordini e delle attese sulla produzione.

Quanto ai servizi, il turismo corre sopra i valori del 2019 (a febbraio +8,3% in termini di spesa dei viaggiatori stranieri). L’indice PMI è a quota 55,7 e la fiducia delle imprese in aprile ha proseguito il suo recupero.

I consumi stanno pagando dazio all’inflazione. Nel 4° trimestre 2022 l’impennata dei prezzi ha eroso il reddito delle famiglie (-3,7% reale): ne è derivato un calo dei consumi (-1,6%), in particolare alimentari (-5,3%). E la domanda è rimasta fiacca a inizio 2023: le vendite al dettaglio di beni si sono ridotte a febbraio (-0,9%; -1,8% gli alimentari). L’indicatore ICC (Indicatore dei costi complessivi) a marzo conferma il “taglio” agli alimentari (-3,9% annuo), pur registrando una crescita dei consumi totali (+1,1%), coerente con la risalita della fiducia (105,5 ad aprile, da 100,9 a gennaio) e con un mercato del lavoro che resta solido (a febbraio +10mila occupati, +0,3% nel 1° bimestre).

Lo scenario internazionale

L’export italiano resta in espansione a inizio 2023 (+0,5% a febbraio; +0,6% acquisito nel 1° trimestre). Fanno da traino le vendite nei paesi extra-UE, specie Cina; deboli i mercati europei (Germania).

Tra i prodotti spicca l’espansione dei farmaceutici. Positive le prospettive, grazie a minori costi e restrizioni nelle filiere mondiali, confermate dagli ordini manifatturieri esteri. Tuttavia, gli scambi globali sono deboli: in calo a gennaio per il quarto mese, con indicazioni negative per febbraio-marzo dal PMI ordini esteri.

Intanto nell’Eurozona il primo trimestre ha visto un PIL sostanzialmente stabile: +0,1% (da +0,2%). Ciò soprattutto a causa del mancato rimbalzo tedesco (+0,0% da -0,5%). Meglio Francia (+0,2%) e soprattutto Spagna (+0,5%). La stima flash del PMI in aprile (54,4 da 53,7) rileva un miglioramento dell’attività economica nell’Area, grazie ai servizi, mentre scende in zona contrazione la manifattura, più sensibile alla stretta sui tassi. Ancora in calo l’inflazione (+6,9% a marzo) ma più difficile il credito.

Meno brillanti anche gli USA. La FED ha rivisto al ribasso le previsioni sul PIL nel 2023 (da +0,5% a +0,4%) e nel 2024 (da +1,6% a +1,2%); i dati hanno poi mostrato un rallentamento superiore alle attese nel 1° trimestre (+0,3%, da +0,6% nel 4° 2022). A marzo, però, l’industria ha registrato un miglioramento: +0,3% la produzione (zero nel trimestre, dopo il -0,6% nel 4° 2022); in aumento il PMI manifatturiero (ma ancora su valori recessivi). Viceversa, le vendite al dettaglio sono scese in modo rilevante (-1,0%).

Quanto alla Cina, la manifattura è in stallo (PMI a 50), dopo la ripartenza di febbraio (51,6); nonostante la buona domanda, le imprese restano caute, pure nel ricostituire scorte.

L’India invece accelera (56,4 da 55,3), grazie alla domanda rivolta soprattutto a imprese domestiche.

Il nodo degli investimenti

Gli investimenti fissi in Italia restano su un sentiero di espansione, dopo l’eccezionale +9,4% nel 2022, di cui +2,0% registrato nel 4° trimestre. Ma sono indeboliti: la variazione già acquisita per l’anno in corso è del +1,8%, cui va aggiunto un profilo trimestrale che però sarà fiacco, soprattutto nella prima metà. E per il 2024 si prevede solo una limitata accelerazione, non tale da rilanciare con forza il PIL.

Gli indicatori qualitativi diffusi a inizio 2023 forniscono segnali un po’ più confortanti rispetto alla fine del 2022, ma le imprese continuano a valutare negativamente lo scenario per gli investimenti. Dall’indagine Banca d’Italia sul 1° trimestre emerge che i giudizi sulle condizioni per investire sono divenuti meno negativi, sia per industria e servizi (-17,6% il saldo delle risposte, -45,0% in media nel 2022), che per le costruzioni (-26,4% da -46,3%). Ma la quota di imprese che si aspetta di accrescere gli investimenti nei prossimi sei mesi è in calo (industria e servizi 14,7%, da 21,1%; costruzioni 18,1% da 23,1%), sebbene resti storicamente alta (8,3% e 2,9% nel 2019).

Ricordiamo che gli investimenti fissi, in Italia come nelle altre economie avanzate, sono realizzati soprattutto dalle imprese: il 67,6%, includendo il settore finanziario e le imprese individuali; a prezzi correnti, nel 2022, si tratta di 266 miliardi su un totale di 416. Ma sono investimenti fissi anche le spese delle famiglie in abitazioni (19,6% del totale) e le spese in conto capitale realizzate dal settore pubblico (12,8%). L’espansione degli investimenti nel 2022 è stata ottenuta soprattutto con i +37 miliardi delle imprese, ma anche grazie ai +14 miliardi di spese strutturali in abitazioni sostenute dalle famiglie.

Quali sono quindi i motivi della frenata degli investimenti? Secondo il Centro Studi Confindustria diversi fattori contribuiscono al ridimensionamento della crescita degli investimenti nel 2023-24, insieme all’indebolimento della domanda domestica e internazionale soprattutto quest’anno:

  • la graduale riduzione delle agevolazioni per l’edilizia, che attenuerà quest’anno il contributo delle costruzioni rispetto al 2021-22, in particolare nell’ambito degli investimenti in abitazioni delle famiglie;
  • i margini operativi delle imprese italiane che sono stati messi sotto pressione nell’ultimo biennio dai rincari di commodity ed energia. Nella manifattura, in media, il MOL si è ridotto nel 2022 di 1,8 punti di fatturato dal 2019, con flessioni in quasi tutti i settori industriali (stime CSC). Ciò riduce la capacità di autofinanziamento;
  • il maggior onere per interessi a carico delle imprese che, ai valori attuali dei tassi (che potrebbero però salire ancora), crescerà di quasi 7 miliardi in un anno, pesando sui margini operativi già compressi;
  • le condizioni di offerta più stringenti per il credito che, insieme al minor fabbisogno a breve per le bollette energetiche e al freno che i maggiori tassi pongono alla stessa domanda, hanno bruscamente fermato da fine 2022 i prestiti bancari erogati alle imprese, portandoli poi in negativo (-0,5% annuo a febbraio 2023);
  • i depositi bancari delle imprese, cresciuti molto nel 2020-21, hanno subito di recente un brusco ridimensionamento, pari al -12,9% a febbraio 2023 rispetto a luglio scorso (-56 miliardi). Tale calo è ancor più preoccupante se si considera che le disponibilità liquide delle imprese sono storicamente correlate alla crescita economica e quindi normalmente hanno un trend crescente, simile a quello del PIL nominale.

Cruciale risulta quindi – conclude l’analisi del Centro Studi Confindustria – l’implementazione del PNRR, dal momento che non vi sono nei bilanci delle imprese italiane risorse facilmente utilizzabili per finanziare nuovi investimenti fissi.

In positivo può però agire la crescita attesa per gli investimenti in fabbricati non residenziali e in macchinari e attrezzature legata alla spesa delle risorse previste dal PNRR e dagli altri fondi europei. Ciò richiede di implementare bene tale Piano per sostenere gli investimenti, in particolare quelli in tecnologie digitali e per l’efficienza energetica, e per alzare finalmente il potenziale di crescita dell’economia italiana nei prossimi anni.

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Redazione

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