Politica, export, lavoro: come può il Made in Italy sopravvivere alla rivoluzione industriale 4.0?

Il nuovo numero di BellaFactory Focus è dedicato a “Industria 2019: che fare? Otto analisi per rilanciare il Made in Italy”

Pubblicato il 10 Dic 2018

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Modificare la cultura industriale, per rendere l’Italia vincente nei confronti dei cambiamenti sociali e tecnologici che investono le imprese. Questo in generale il consiglio che aleggia negli articoli del nuovo numero del periodico BellaFactory Focus, realizzato dal centro studi della Fondazione Ergo.

Il volume “Industria 2019: che fare? Otto analisi per rilanciare il Made in Italy” cerca di chiarire come i diversi attori del settore manifatturiero possono comportarsi per far fronte alla rivoluzione di Industria 4.0.

La politica deve supportare l’industria

In primis, focus sulle policy dedicate all’industria con Sandro Trento che firma “La centralità dell’industria è la chiave della politica economica”. Lo studioso rileva come sia “importante che il mondo della politica acquisisca consapevolezza del ruolo che l’industria ricopre nel nostro paese: sono le imprese le vere attrici del cambiamento tecnologico, del lavoro e del capitale umano”.

A questo proposito, Diodato Pirone porta all’attenzione un case study attuale nel testo “L’anti-industrialismo e la Panda: un’amara storia italiana”, in cui si parla della volontà di introdurre norme fiscali su incentivi e disincentivi sulla CO2 “a pochi giorni dal via libera a 5miliardi di investimenti in Italia da parte di FCA proprio sull’elettrificazione della gamma” e di come ciò possa essere nocivo per l’industria automotive nostrana. A Fiat, o meglio a Sergio Marchionne, è dedicato anche un testo extra, a conclusione del volume, firmato da Rachele Sessa e intitolato “Al centro della filosofia di Marchionne: la progettazione di linee di lavoro a zero fatica”.

La trasformazione del lavoro

La rivoluzione del lavoro sotto ogni punto di vista è al centro di un’ampia sezione che comprende i capitoli 3, 4, 5 e 6 del volume. Paolo Gubitta firma il testo “Se la fabbrica mescola il lavoro di manager, capi e operai”, sottolineando come il lavoro stia diventando sempre più ibrido: “A un numero crescente di lavoratori sarà richiesto di combinare e integrare le competenze tecniche e professionali che definiscono e danno identità alla specifica occupazione, con livelli più o meno elevati di competenze informatiche e digitali, di abilità per interagire e comunicare con altre persone attraverso la mediazione o l’uso di tecnologie digitali, di orientamenti per svolgere in modo efficace la propria attività in spazi di lavoro del tutto inediti. Accompagnare i lavoratori in questo percorso è una delle priorità più sfidanti del presente”, scrive l’autore nell’articolo.

Non sono esenti da approfondimenti oggettivi la gestione del personale. In “E Uber svegliò quelli delle risorse umane”, Osvaldo Danzi puntualizza le trasformazioni che ha subito e sta subendo anche la gestione del personale, includendo anche la situazione delle associazioni di categoria. Ne “Il team forgia la buona organizzazione del lavoro”, Luciano Pero sottolinea l’importanza della squadra e del coinvolgimento dei lavoratori, evidenziando come in ambienti innovativi si richieda “un lavoro molto più responsabilizzato, in grado di risolvere problemi complessi, di dialogare coi clienti con le nuove tecnologie e di assicurare livelli di qualità molto elevati. Tutto ciò richiede un livello elevato di coinvolgimento dei lavoratori”. La forza lavoro è anche al centro de “L’innovazione è vincente se inizia dal posto di lavoro” di Gabriele Caragnano, che sottolinea l’esigenza delle PMI di attuare cambiamenti dei modelli organizzativi come conseguenza dell’avvento di Industria 4.0.

“Sindacato, togliamo la muffa dalla cassetta degli attrezzi” è il consiglio di Alberto Cipriani. Con la trasformazione dell’azienda e del lavoro, anche il sindacato deve adattarsi alle novità e modificare il proprio approccio. “Con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e l’implementazione delle varie tecnologie abilitanti 4.0, serviranno lavoratori particolarmente abili e proattivi, che forse accetteranno di essere rappresentati solo da un sindacato intelligente, capace di giocare in anticipo e all’altezza di partnership evolute”, spiega lo studioso nel suo articolo.

L’export, croce e delizia

L’export è l’argomento principe degli ultimi due testi dedicati al Made in Italy. “Vuoi aumentare l’export? Serve costanza, non solo competitività” di Mariasole Bannò analizza il comportamento delle aziende che vogliono esportare i propri prodotti, evidenziando punti di forza e punti deboli. Un esempio è dedicato alle piccole aziende: “Molte imprese manifatturiere di piccole dimensioni abbandonano presto la strada intrapresa mentre solo un numero limitato persiste nella propria scelta per arrivare a stabilizzare la posizione di mercato solo dopo cinque anni”, scrive l’autrice.

Anche Guido Corbetta nel suo testo tratta di piccole imprese, in particolare quelle familiari, ed export, evidenziando le difficoltà per le aziende familiari nell’approcciare le esportazioni. Citando i dati dell’Osservatorio AUB sulle imprese familiari italiane con ricavi superiori a 20 milioni di euro, dimostra “che le operazioni di costituzione di Investimenti Diretti all’Estero sono più frequenti in aziende in cui esista una leadership non familiare o fa- miliare accompagnata da un CdA aperto ad almeno un componente non familiare”.

Il numero di BellaFactory Focus è disponibile online. Buona lettura!

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Nicoletta Pisanu

Giornalista, collabora da anni con testate nazionali e locali. Laureata in Linguaggi dei Media e in Scienze sociali applicate all'Università Cattolica di Milano, è specializzata in cronaca.

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