Edge computing, cyber security, Blockchain, wearable: il numero di giugno 2020 di Industry 4.0 Design Magazine è dedicato alle tecnologie emergenti.
Industry 4.0 Design Magazine è una pubblicazione di Quine Business Publishers. L’editoriale del numero di Giugno 2020, firmato dal direttore tecnico Franco Canna, si intitola “L’architettura della fabbrica del futuro tra Edge e Cloud”. Ve lo riportiamo qui di seguito. In fondo potete sfogliare l’intera rivista.
Indice degli argomenti
L’architettura della fabbrica del futuro tra Edge e Cloud
Dietro l’atteggiamento di chi guarda ai nuovi paradigmi tecnologici con scetticismo c’è spesso qualche (spesso costosa) delusione tecnologica e il sospetto che le aziende fornitrici di tecnologie vadano avanti a colpi di slogan per vendere soluzioni talvolta sovradimensionate o ricche di caratteristiche poco utili. Con questo spirito è stato accolto da molte aziende manifatturiere la disponibilità di soluzioni software basate su Cloud. E con lo stesso spirito rischia di essere accolta anche la proposta di architetture basate sull’Edge o su approcci ibridi Edge + Cloud. Ma cedere a questo pregiudizio sarebbe un errore e in questo numero di Industry 4.0 Design Magazine cerchiamo di spiegarvi perché.
Da diversi anni ci stanno spiegando che il Cloud non è solo un luogo in cui conservare le fotografie dei nostri viaggi, ma anche un’infrastruttura utile sia per ospitare i nostri dati aziendali sia per analizzarli. Il che è assolutamente vero: soprattutto per chi gestisce asset distribuiti su sedi e territori geograficamente diversificati, avere un luogo su cui far confluire la parte più significativa dei dati aziendali è importantissimo perché consente di sfruttare appieno il loro potenziale informativo, mettendoli in correlazione gli uni con gli altri e rendendoli disponibili sempre e ovunque ai diversi livelli aziendali.
È vero, però, che il Cloud non è per tutti e non è per tutto.
Non è “per tutti” perché non ha sempre senso portare i dati fuori dal perimetro aziendale. Il cloud è sicuro, ma perché mai dovremmo metterci proprietà intellettuale, dati sensibili e informazioni riservate che non serve avere sempre a disposizione? E poi sì, le connessioni sono sempre più stabili, ma se per la nostra produzione la continuità operativa è fondamentale, perché dovremmo rischiare problemi nel caso in cui ci fosse un guasto ai sistemi di comunicazione?
Inoltre, dicevamo, il Cloud non è “per tutto”. Intanto perché lo spazio e la capacità di analisi su cloud si pagano (e non poco): di conseguenza, meglio portare in cloud tutti e solo i dati che realmente ha senso tenere sulla nuvola. E poi ci sono alcuni processi i cui dati – se si vuole seguire quantomeno il buonsenso – devono essere processati vicino alla loro sorgente. Perché servono elaborazioni in tempo reale o perché si tratta di processi delicati.
Per tutti questi casi c’è l’Edge computing. Che non è un’alternativa al Cloud, ma una cosa diversa, che serve ad altri scopi e non è nemmeno una novità di ultimo grido: gli edge computer altro non sono che dei PC industriali – dei mini-server – collocati “ai confini” del mondo dell’automazione. Quali siano questi confini dipende ovviamente da come sono strutturati i server aziendali: potrebbe essere una stazione per linea o una per l’intero impianto.
Ma a che serve? Semplicemente a raccogliere tutti i dati delle apparecchiature di produzione, a gestire sistemi di analisi e pre-elaborazione di questi dati e – perché no – anche a far girare qualche algoritmo di machine learning. Lo scopo? Sfruttare i “big data” industriali e tirarne fuori sia le risposte immediate che servono all’impianto (per esempio un allarme), sia delle analisi statistiche (per esempio dei valori medi) da inviare magari ai sistemi in Cloud, se si vuole utilizzare le due architetture in combinazione.
Un esempio: se un PLC legge i dati di un sensore di temperatura una volta al secondo, siamo sicuri che abbia senso mandare sul Cloud 28.800 temperature per un turno di otto ore? Forse (dipende dal processo) basta mandare un dato ogni 30 secondi e magari il valore medio della temperatura ogni minuto.
Con un approccio ibrido Edge + Cloud, insomma, si avrebbe il vantaggio di poter elaborare tutti i dati vicino alla sorgente, all’interno della fabbrica; e mandare una “summa” di quelli più significativi in cloud, dove – se serve – metterli in correlazione con i dati di altri impianti o far girare algoritmi che richiedono potenza di calcolo superiore.