In Italia i big data si usano poco, ma più che in Europa

Pubblicato il 17 Dic 2016

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Secondo il Rapporto “Il digitale nelle abitudini dei cittadini-consumatori e nel business delle imprese”, lanciato dall’Istituto per la Competitività (I-Com) e curato dal direttore area digital Silvia Compagnucci e dal presidente Stefano da Empoli, il 7,2% delle imprese italiane utilizza intensamente i Big Data: un valore apparentemente basso, ma in realtà superiore alla media Ue (6,3%) e destinato, secondo lo studio, a crescere e addirittura a raddoppiare entro il 2020.

Lo studio ha interessato un campione di 40 aziende italiane, operanti nei principali mercati di massa e nei settori economici più cruciali, tra i quali: energia, Tlc e media, trasporti e agenzie di assicurazioni.

Dal sondaggio è risultato che il 53% delle imprese intervistate prevede un aumento, almeno del 50%, dell’investimento di risorse finanziarie e umane in Big Data nei prossimi tre anni (con quasi 1 su 3, il 29%, che pronostica almeno un raddoppio). Le aziende più ottimiste sullo sviluppo delle attività legate ai Big Data sono quelle appartenenti ai settori Ict e Internet e quelle legate alle assicurazioni.

Per incentivare i propri clienti a fornire maggiori dati, il 43% del campione ricorre ai servizi aggiuntivi rispetto all’offerta base, soprattutto nel settore energia, Tlc e media. Seguono, a pari merito, la fidelity card (35%) e l’applicazione di sconti (35%).

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Redazione

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