Robotica e AI

Frisoli (Artes 4.0): “Ecco come l’AI sta trasformando la robotica”



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Grazie all’AI i robot possono diventare degli agenti intelligenti, capaci di percepire l’ambiente e interagire con l’uomo. Un’evoluzione che non solo migliora la produzione, ma può contribuire anche ad aumentare la sicurezza del lavoro. L’opinione di Antonio Frisoli, presidente di Artes 4.0

Pubblicato il 25 giu 2025



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l destino della robotica – anche di quella industriale – è (e sarà) sempre più legato a doppio filo agli sviluppi dell’intelligenza artificiale. Grazie all’AI i robot non sono più macchine adibite alla mera esecuzione di compiti ripetitivi, ma diventano agenti intelligenti, capaci di percepire l’ambiente e interagire con l’uomo. Questa evoluzione del robot come braccio fisico dell’AI – o, se vogliamo, dell’AI come mente del robot – discende dal paradigma della cosiddetta “AI Incarnata” (Embodied AI) e rappresenta la nuova frontiera dell’innovazione per l’industria. A delineare i contorni di questa rivoluzione è Antonio Frisoli, presidente di Artes 4.0 e professore alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, nel corso di un intervento alla tavola rotonda dei Competence Center organizzata dal MICS in occasione del Made in Italy Innovation Forum.

L’anatomia del robot intelligente

Per comprendere la portata di questa trasformazione, è utile partire dalla definizione stessa di robot che Frisoli propone, cioè una macchina dotata di tre capacità fondamentali: percepire attraverso i sensori; elaborare attraverso un’intelligenza; e agire attraverso degli attuatori. L’intelligenza artificiale sta avendo un impatto dirompente su ciascuna di queste tre componenti, elevandole a un livello di sofisticazione prima impensabile.

Il primo ambito a essere rivoluzionato è quello della percezione. La computer vision, potenziata da reti neurali convoluzionali, consente oggi ai robot non solo di “vedere”, ma di riconoscere e interpretare scene complesse, identificando oggetti con una precisione che abilita compiti di manipolazione fine, un tempo impossibili da automatizzare. La percezione, tuttavia, non si limita alla vista. L’AI permette di dare un senso alla mole di dati proveniente da sensoristiche avanzate, come le “pelli robotiche” capaci di rilevare il contatto e la pressione, rendendo l’interazione con l’uomo molto più sicura e naturale. E poi c’è il Natural Language Processing (NLP) che sta abbattendo le barriere di comunicazione, permettendo all’operatore di impartire istruzioni al robot usando il linguaggio naturale, come se si rivolgesse a un collega.

Dall’istruzione all’azione, la mediazione dell’AI

Se la percezione è il senso del robot, l’intelligenza ne è il cervello. Ed è qui che l’AI generativa sta aprendo scenari radicalmente nuovi. Questi modelli sono in grado di tradurre un’istruzione astratta o un obiettivo espresso in linguaggio umano in una sequenza concreta di azioni che il robot deve compiere. Si tratta di un passaggio epocale: non è più necessario programmare ogni singolo movimento del robot, ma è possibile addestrarlo a raggiungere un risultato.

L’apprendimento avviene sempre più spesso in ambienti simulati. Piattaforme come quelle sviluppate da Nvidia consentono di allenare un modello di AI su enormi quantità di “dati sintetici” creando un’intelligenza che il robot utilizza poi per operare nel mondo reale. È un processo di apprendimento molto simile a quello umano, basato sull’esperienza, sebbene simulata, che conferisce alla macchina una capacità di adattamento e di generalizzazione dei compiti senza precedenti. Il robot non si limita più a eseguire, ma impara e si adatta.

La sicurezza sul lavoro come campo di applicazione

L’impatto di questa evoluzione non si misura solo in termini di efficienza produttiva, ma anche di miglioramento delle condizioni di lavoro. Frisoli ha portato l’esempio concreto di un bando per l’innovazione tecnologica sviluppato da Artes 4.0 in collaborazione con l’INAIL, finalizzato proprio a migliorare la sicurezza nei luoghi di lavoro. Le tecnologie di AI e robotica si rivelano un fattore abilitante per la prevenzione.

Qualche esempio? La manutenzione predittiva, alimentata da algoritmi di AI che analizzano i dati di funzionamento dei macchinari, permette di intervenire prima che un guasto possa causare un incidente. La computer vision può monitorare costantemente l’ambiente di lavoro per rilevare situazioni di pericolo in tempo reale. Un altro fronte di grande interesse è quello degli esoscheletri intelligenti, che assistono l’operatore nella movimentazione di carichi pesanti. Grazie all’AI questi dispositivi possono comprendere le intenzioni dell’utente e fornire il giusto livello di supporto, riducendo drasticamente il rischio di infortuni e di patologie muscolo-scheletriche legate a sforzi ripetitivi. La tecnologia, in questo caso, non sostituisce l’uomo ma lo protegge e ne aumenta le capacità.

Una partita che l’Europa deve giocare

La rapidità di questa evoluzione ha attirato l’interesse dei giganti globali della tecnologia. Aziende come Google e Nvidia, assieme a colossi cinesi, stanno investendo risorse ingenti per conquistare una posizione dominante in questo mercato, in particolare nello sviluppo dei robot umanoidi.

Per l’Europa, e per l’Italia, che vantano una storica leadership nell’automazione e nella robotica industriale, questa è una sfida epocale. Il rischio, evidenziato da Frisoli, è quello di perdere terreno sulla componente “software” e sull’intelligenza, ovvero il cuore del valore aggiunto, pur mantenendo l’eccellenza nella meccanica. Per l’Europa diventa quindi fondamentale fare sistema, intercettare questi nuovi paradigmi e contribuire attivamente al loro sviluppo, per garantire che il futuro della robotica intelligente parli anche europeo.

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