Outlook OCSE, cala il tasso di crescita del PIL, si rischia la stagnazione

Il PIL mondiale al punto più basso dalla crisi finanziaria: l’outlook dell’OCSE stima una crescita tra il 2,9% e il 3% tra il 2019 e il 2021

Pubblicato il 22 Nov 2019

Economic outlook OCSE

La crescita del PIL mondiale tocca il punto più basso dalla crisi finanziaria, con una stima del 2,9% quest’anno che arriverà al massimo al 3,0% nel 2020 e 2021, mentre, nel 2018, era cresciuto del 3,5%. Una situazione le cui motivazioni vanno ricercate in un quadro internazionale molto complesso, che vede conflitti commerciali, debolezza degli investimenti delle imprese e una persistente incertezza politica.

A tracciare il quadro di un’economia mondiale in cui aumenta il rischio di stagnazione a lungo termine, è l’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, che rappresenta 36 stati e ha, come obiettivo, la promozione, a livello globale, di politiche che migliorino il benessere economico e sociale dei cittadini. I dati, aggiornati a novembre 2019, emergono dall’Economic Outlook, il documento presentato nelle ultime ore dal Chief Economist dell’OCSE, Laurence Boone

Un rallentamento globale, ecco i numeri dell’OCSE

Il rallentamento stimato dall’organizzazione riguarda sia le economie avanzate che quelle emergenti, anche se la sua gravità varia a seconda dell’importanza del commercio nei singoli paesi. La crescita negli Stati Uniti, infatti, dovrebbe rallentare al 2% nel 2020 e nel 2021. Nell’area dell’euro e in Giappone, la crescita è prevista intorno all’1%, mentre la decelerazione dell’espansione della Cina dovrebbe raggiungere il 5,5% nel 2021, rispetto al 6,6% dello scorso anno.

La crescita aggregata degli investimenti nei paesi del G20, esclusa la Cina, è rallentata dal tasso annuo del 5% all’inizio del 2018 a solo l’1% nella prima metà del 2019, come mostra l’Outlook. Si stima che la crescita del volume globale degli scambi di beni e servizi sia rallentata all’1% quest’anno – il tasso più basso dal 2009. Anche se si prevede una modesta ripresa, si prevede che rimarrà debole.

Guerra delle tariffe, cambiamenti climatici e digitalizzazione, le cause della stagnazione

Due anni di conflitto crescente sulle tariffe, principalmente tra Stati Uniti e Cina, ha colpito il commercio, sta minando gli investimenti delle imprese e mette a rischio l’occupazione. Nonostante la tenuta della spesa delle famiglie, stanno emergendo segnali di indebolimento. Nell’ultimo anno le vendite di automobili hanno subito un netto calo.

La fragilità dell’economia mondiale può essere imputata in gran parte a decisioni politiche deliberate, ma riflette anche cambiamenti strutturali più profondi, afferma l’Outlook. La digitalizzazione sta trasformando i modelli di business, mentre i cambiamenti climatici e demografici stanno già sconvolgendo i modelli di attività esistenti. La Cina, nel frattempo, sta riequilibrandosi dalla dipendenza dalle esportazioni e dall’industria manifatturiera verso i consumi e i servizi.

L’Outlook avverte che un’ulteriore escalation del conflitto commerciale perturberebbe le reti di approvvigionamento e peserebbe sulla fiducia, sull’occupazione e sui redditi. L’incertezza circa le future relazioni commerciali tra l’UE e il Regno Unito costituisce un ulteriore rischio per la crescita, così come l’attuale elevato livello di indebitamento delle imprese.

Energia green e digitalizzazione, la ricetta dell’OCSE per tornare a crescere

Per l’OCSE è fondamentale rafforzare la cooperazione internazionale, in particolare la necessità di concordare norme fiscali e commerciali internazionali trasparenti ed eque. L’OCSE sta inoltre esaminando in che modo i fondi di investimento pubblico dedicati possono essere orientati per contribuire al raggiungimento di obiettivi a lungo termine, come garantire che la società tragga pieno vantaggio dai progressi della tecnologia digitale o facilitare la transizione verso un futuro a basse emissioni di carbonio.

È necessaria un’azione audace per affrontare sia gli elevati livelli di incertezza delle imprese sia i cambiamenti fondamentali in atto nell’economia globale. L’elaborazione delle politiche deve condurre alla transizione verso un’energia più pulita e verso un mondo sempre più digitale. I governi devono collaborare con urgenza per stimolare gli investimenti e stabilire norme internazionali eque in materia di tassazione e commercio.

L’allarme di Boone: “si tratta di cambiamenti strutturali”

Presentando lo Outlook a Parigi, ha dichiarato Laurence Boone, Chief Economist dell’OCSE: “Sarebbe un errore considerare questi cambiamenti come fattori temporanei che possono essere affrontati con la politica monetaria o fiscale: sono strutturali. Senza un coordinamento per il commercio e la tassazione globale, senza orientamenti politici chiari per la transizione energetica, l’incertezza continuerà a farsi sentire e a danneggiare le prospettive di crescita”.

Sulla stessa lunghezza d’onda il segretario generale dell’OCSE Angel Gurría che, parlando a Pechino, dove ha incontrato il premier cinese Li Keqiang e altri capi di organizzazioni internazionali, ha dichiarato: “I campanelli d’allarme suonano forti e chiari. A meno che i governi non intraprendano azioni decisive per contribuire a stimolare gli investimenti, adattare le loro economie alle sfide del nostro tempo e costruire un sistema commerciale aperto, equo e basato su regole, ci stiamo dirigendo verso un futuro a lungo termine di bassa crescita e di un tenore di vita in declino”.

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Fabrizio Cerignale

Giornalista professionista, con in tasca un vecchio diploma da perito elettronico. Free lance e mobile journalist per vocazione, collabora da oltre trent’anni con agenzie di stampa e quotidiani, televisioni e siti web, realizzando, articoli, video, reportage fotografici. Giornalista generalista ma con una grande passione per la tecnologia a 360 gradi, da quella quotidiana, che aiuta a vivere meglio, alla robotica all’automazione.

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