Le aziende logistiche italiane mostrano segnali sempre più chiari di una trasformazione strutturale che riguarda la composizione del tessuto imprenditoriale, il numero degli operatori attivi e la natura dei servizi erogati. Le dinamiche descritte da Damiano Frosi, Direttore dell’Osservatorio Contract Logistics “Gino Marchet”, mettono in luce un settore che non cresce più lungo le direttrici tradizionali, ma attraverso un riequilibrio interno, fatto di integrazione verticale, razionalizzazione delle attività e una ridefinizione del ruolo degli operatori. L’analisi si concentra sulle imprese che compongono la filiera della logistica conto terzi e offre una lettura dettagliata delle tendenze che stanno ridisegnando il mercato.
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Le aziende logistiche italiane tra stabilizzazione e consolidamento
Uno dei segnali più rilevanti riguarda il numero complessivo di operatori attivi. Frosi evidenzia che negli ultimi anni la filiera ha «sostanzialmente smesso di diminuire» dopo un periodo prolungato di contrazioni, raggiungendo una fase di stabilizzazione attorno alle 79.000 imprese. Questo dato rappresenta un punto di svolta, perché segnala che il settore non sta più attraversando una dinamica di riduzione continua degli operatori, ma sta entrando in una fase in cui i player presenti tendono a strutturarsi e a specializzarsi.
La stabilizzazione, però, non è uniforme. L’intervento chiarisce che la composizione interna della filiera si sta modificando: alcuni comparti crescono, altri si contraggono, restituendo un’immagine di trasformazione più qualitativa che quantitativa. A emergere sono soprattutto gli operatori della logistica integrata, gli autotrasportatori strutturati e i gestori di magazzino con maggiore livello di servizio e presidio tecnologico.
Il ruolo degli autotrasportatori strutturati e la riduzione dei padroncini
Uno dei cambiamenti più netti riguarda la categoria degli autotrasportatori. Frosi evidenzia come la componente costituita dai padroncini continui a diminuire, mentre cresce il numero di operatori di trasporto con forma societaria strutturata. Questa trasformazione indica che le aziende logistiche italiane stanno progressivamente spostandosi da un modello basato su piccoli operatori a una configurazione più organizzata, in cui il presidio industriale del servizio diventa centrale.
La crescita degli autotrasportatori in forma di società di capitali rispecchia l’aumento degli investimenti necessari per rimanere competitivi: veicoli più efficienti, sistemi telematici avanzati, adempimenti normativi più complessi e maggiore attenzione alla sostenibilità. Elementi che richiedono una solidità organizzativa non sempre compatibile con operatori di piccole dimensioni.
I gestori di magazzino tornano a crescere: un segnale dopo anni di contrazioni
Tra le evidenze più significative c’è la ripresa dei gestori di magazzino. Dopo anni in cui questa categoria aveva registrato una diminuzione costante, Frosi sottolinea che ora «i gestori tornano a crescere». La tendenza è interessante perché arriva in un contesto in cui i costi di affitto degli immobili logistici aumentano e in cui la domanda di spazi continua a essere orientata verso strutture di qualità superiore.
Il dato suggerisce che le aziende logistiche italiane stanno concentrando gli investimenti in asset e infrastrutture capaci di sostenere livelli di servizio più complessi, spesso richiesti dai committenti in settori come food, fashion, pharma ed eCommerce. In parallelo, cresce la domanda di competenze specializzate nella gestione di magazzini automatizzati e nella pianificazione di attività ad alto tasso di variabilità.
La terziarizzazione si riduce: un segnale che cambia la struttura della filiera
Un altro elemento rilevante illustrato da Frosi è la riduzione della terziarizzazione a valore. Il dato non è imputabile a un cambio di strategia generalizzato da parte delle imprese committenti, ma principalmente alla diminuzione dei costi del trasporto internazionale, settore che aveva storicamente un’altissima incidenza di attività esternalizzate.
Tuttavia la riduzione della terziarizzazione lascia emergere un segnale diverso e più strutturale: una parte delle aziende logistiche italiane sta riportando internamente alcune attività per aumentare il controllo sui processi critici. In alcuni casi, si tratta di filiere caratterizzate da forte volatilità; in altri, di comparti in cui la qualità del servizio richiede un’integrazione più stretta tra produzione, distribuzione e operations.
Il dato non indica una inversione del modello: la logistica italiana resta altamente terziarizzata. Ma mostra come le scelte dei committenti siano oggi più sofisticate e più legate alla natura del servizio che al semplice fattore costo.
La crescita della manodopera interna: un effetto dell’integrazione verticale
Il processo di consolidamento emerge con ancora maggiore forza osservando il comportamento dei Top Player del settore. Frosi presenta un dato particolarmente significativo: i 43 operatori maggiori passano da 30.700 dipendenti diretti nel 2022 a 34.600 nel 2023, segnando un aumento superiore alle 3.800 unità.
L’incremento riguarda principalmente lavoratori operativi, con salari contrattuali più bassi rispetto al personale impiegatizio e manageriale, ma incide comunque sul costo medio per addetto, che cresce da 46.234 a 46.451 euro. Aumenta anche l’incidenza del personale diretto sul fatturato, dal 13,6% al 16%, mentre il costo dei servizi esterni si riduce dal 71,9% al 68,9%.
Questi numeri mettono in luce una trasformazione profonda: le aziende logistiche italiane integrano più attività al proprio interno, controllano più fasi del processo e riducono la dipendenza da fornitori esterni nelle aree strategiche. È un modello che richiede maggiore capacità gestionale, ma offre anche una migliore previsione dei costi e un controllo più forte sulla qualità operativa.
Un settore che si riorganizza per affrontare una nuova fase
L’insieme delle evidenze descritte da Frosi suggerisce che le aziende logistiche italiane stanno attraversando una fase di riassetto più che di espansione. Non cresce il numero degli operatori, cresce il livello di strutturazione. Non aumenta la massa dei servizi terziarizzati, ma si rafforza il presidio interno. Non è in espansione la quantità dei magazzini, ma la loro qualità strategica.
È una trasformazione che non nasce da un singolo driver, ma da una combinazione di elementi: l’aumento dei costi, la volatilità dei mercati, le pressioni normative, l’evoluzione tecnologica e le nuove esigenze dei committenti. Tutti segnali che raccontano un settore impegnato a costruire un equilibrio più robusto, in cui la dimensione, la competenza e la capacità di evolvere definiscono il vantaggio competitivo più della semplice presenza sul mercato.











